La visione di Roubini poggia su una serie di elementi convergenti: da un lato l'innovazione tecnologica che si sta manifestando con intensità crescente, dall'altro la presenza di criticità.
Un tempo conosciuto come Dr Doom, Roubini ha costruito la sua reputazione grazie alla previsione della crisi finanziaria del 2008, anticipando di anni la rottura del modello creditizio globale. Oggi si presenta con una visione radicalmente mutata: egli intravede un futuro caratterizzato da una crescita strutturale robusta, sostenuta da innovazioni di portata epocale. Trasformato in un Dr Boom, l'economista afferma che la vera fonte di prosperità non deriva dalla stabilità politica o dal ciclo economico tradizionale, bensì da un nuovo ordine tecnologico che può imprimere un'accelerazione irreversibile alla produttività globale.
Il fondamento del suo ottimismo risiede nella constatazione che gli Stati Uniti - e in misura crescente altre economie avanzate - occupano la leadership in settori come l'intelligenza artificiale, la robotica, l'energia nucleare di nuova generazione e la mobilità elettrica autonoma. Egli argomenta che questi fattori genereranno una esplosione di crescita che non sarà transitoria, ma durerà nel tempo, trasformando ciò che fino a poco fa era stimato come stagnazione secolare in un vero e proprio boom secolare. In una analisi afferma che la crescita potenziale degli Usa potrebbe passare da un livello attorno al 2 % fino al 4 % entro la fine del decennio.
Da queste premesse discende che i mercati azionari globali potrebbero beneficiare di un contesto macroeconomico favorevole, in cui utili aziendali, innovazione e cambiamento infrastrutturale convergono per dare sostegno a valutazioni elevate e crescita sostenuta. Se la tecnologia riesce a tradursi in reale aumento della produttività, riduzione dei costi e creazione di nuovi mercati, allora l'investitore a lungo termine potrà sfruttare un ciclo che supera la logica strettamente congiunturale. Tuttavia, Roubini non nasconde i rischi e ricorda che la volatilità, l'instabilità geopolitica e il debito pubblico rimangono fattori di fragilità.
La visione di Roubini poggia su una serie di elementi convergenti: da un lato l'innovazione tecnologica che si sta manifestando con intensità crescente, dall'altro la presenza di criticità strutturali che premono da anni - come l'invecchiamento demografico, la stagnazione della produttività e la elevata leva finanziaria pubblica e privata. In questo scenario, la tecnologia assume il ruolo di motore capace di invertire la tendenza e dare vita a un nuovo paradigma di crescita. Da questo punto di vista, egli considera che l'unica certezza in un mondo instabile è proprio il cambiamento tecnologico stesso.
Il ragionamento è il seguente: quando le aziende investono massa-siccartamente in infrastrutture digitali, intelligenza artificiale, automazione avanzata e mobilità del futuro, il risultato manifesta-si sotto forma di aumento della produttività, riduzione dei costi marginali, creazione di nuovi prodotti e servizi, ed espansione dei margini. Questo si traduce in utili aziendali maggiori, che spesso sono premiati dal mercato azionario con valutazioni più elevate e possibilità di crescita oltre quelle normali. Ne consegue che i rendimenti azionari a lungo termine possono trarre beneficio da questa fase di trasformazione strutturale, non semplicemente da un recupero ciclico.
Nonostante la cornice favorevole, la visione richiede che vengano soddisfatte alcune condizioni: l'adozione diffusa delle tecnologie, la buona governance, l'equilibrio macro-finanziario e un ambiente politico che non soffochi l'innovazione. Esistono rischi evidenti tra cui la possibilità che le attese siano troppo elevate, che si generi una bolla tecnologica, o che l'economia reale non assorba pienamente i guadagni attesi dalla tecnologia. Roubini riconosce che, in un contesto di elevata instabilità geopolitica e fragilità finanziaria, una crescita inferiore alle attese resta un esito possibile.
Per l'investitore che guarda al lungo periodo l'invito implicito è quello di privilegiare settori coerenti con il nuovo ordine tecnologico: intelligenza artificiale, semiconduttori, infrastrutture digitali, mobilità elettrica e autonoma, energia avanzata, robotica applicata. In tale contesto, il mercato azionario globale può diventare il beneficiario di un ciclo di crescita che va oltre il semplice rimbalzo.
Un rialzo secolare implica che l'orizzonte d'investimento diventi ancora più lungo e la strategia più orientata alla durata che al timing. Nonostante ciò, occorre riconoscere che le valutazioni attuali possono essere già elevate, e che i margini di upside rispetto a cicli passati potrebbero essere più compressi. L'investitore deve quindi calibrare le proprie aspettative, riconoscendo che sebbene la tecnologia possa aprire percorsi di crescita straordinari, il percorso sarà probabilmente irregolare e non privo di momenti di correzione o riorganizzazione.
Dato lo scenario è consigliabile che l'investitore mantenga una visione diversificata, includendo esposizione alla tecnologia ma anche elementi difensivi e geograficamente distribuiti. La gestione del rischio assume una rilevanza ancora maggiore: la tecnologia può essere motore di crescita, ma anche fonte di eccesso e volatilità se le aspettative superano i risultati. Il ciclo tecnologico può generare innovazioni dirompenti, ma lo fa spesso seguendo traiettorie non lineari. Chi intende cavalcarlo deve essere preparato a sostenere fasi di turbolenza.
Non va mai sottovalutato che un'esplosione di entusiasmo per le tecnologie avanzate può generare una bolla speculativa, laddove le attese superino di gran lunga l'effettiva capacità di realizzazione nell'economia reale. Se l'adozione resta limitata o il salto produttivo atteso non si concretizza, l'investitore può ritrovarsi ad aver già pagato troppo per un futuro non ancora pienamente arrivato.
È plausibile anche uno scenario in cui, nonostante i progressi tecnologici, la crescita economica resti modesta a causa di freni strutturali come debito elevato, produttività stagnante, disuguaglianza crescente, geopolitica instabile. In tale contesto la visione di boom secolare si affievolisce o viene rimandata, con conseguente delusione per i mercati azionari. Roubini stesso aveva più volte avvertito del pericolo di stagnazione prolungata.
Perfino in un scenario favorevole la qualità dell'entrata e la tempistica restano cruciali. Le valutazioni attuali possono già incorporare una parte consistente delle aspettative future, riducendo il margine di premio per l'investitore. Perciò la strategia non può basarsi solo sull'aspettativa di crescita, ma deve includere disciplina e realistiche prospettive: il rialzo secolare non significa assenza di draw-down, né lineare progressione.