Il nuovo scenario di bassa inflazione ridisegna le regole degli investimenti: quali strumenti privilegiare tra liquidità, obbligazioni e azioni? Esperti a confronto su rischi, opportunità e strategie.
In Italia, a ottobre, il tasso annuo di inflazione si è avvicinato ai livelli pre-crisi. Dopo anni caratterizzati da incrementi sopra il 10% durante la crisi energetica, questa discesa è una novità significativa per la gestione del portafoglio. La domanda più rilevante oggi riguarda come investirli i soldi mentre l'inflazione rallenta: il nuovo contesto macroeconomico porta vantaggi e rischi che incidono profondamente sulle scelte finanziarie.
Una dinamica dei prezzi meno vivace modifica radicalmente lo scenario, favorendo la rivalutazione di classi di attivo che negli ultimi tempi avevano perso appeal a causa della corsa dei prezzi. Ma le apparenze possono ingannare: se da un lato l'inflazione contenuta mitiga l'erosione del potere d'acquisto, dall'altro pochi colgono le implicazioni che un simile scenario può avere su occupazione, crescita e rendimenti attesi. Procedendo con una prospettiva esperta e dati alla mano, si analizzeranno le opzioni disponibili per chi si chiede oggi come orientare le strategie di investimento.
Mentre la discesa dell'indice dei prezzi al consumo sembra rassicurante, non sempre una bassa inflazione corrisponde a un quadro economico favorevole. Esistono motivazioni strutturali dietro la moderazione dei prezzi che, se non accompagnate da crescita, possono incidere negativamente sull'economia reale. Nello scenario attuale, il rallentamento è dovuto al calo dei costi energetici e alimentari freschi, elementi che riflettono una domanda indebolita e una produzione stagnante. Secondo diversi studi e analisi macroeconomiche, un'inflazione troppo bassa segnala spesso un rallentamento della domanda interna, una debolezza nei consumi e nell'investimento privato.
Ulteriori dati ISTAT e BCE mostrano come la crescita dei consumi sia frenata da un clima di sfiducia e da salari rimasti pressoché invariati negli ultimi decenni. Le oscillazioni dell'inflazione sono un sintomo, non una causa del malessere economico. Tra i principali rischi associati a una prolungata bassa inflazione figurano:
Un contesto di inflazione debole obbliga ad abbandonare l'approccio emergenziale adottato durante le fasi di forte incremento dei prezzi. Oggi, le priorità nel come investirli i soldi mentre l'inflazione rallenta mutano profondamente: le strategie difensive si affiancano a nuove valutazioni su rendimento e rischio. Nei periodi di alta inflazione, proteggere il capitale significava minimizzare l'esposizione alla liquidità e puntare su asset capaci di difendere il valore reale nel tempo; al contrario, l'attuale scenario favorisce il ritorno di strumenti a basso rischio, con ritorni netti positivi dopo anni di rendimenti compressi.
Le opportunità sono:
Nel quadro attuale, la scelta tra le principali categorie di investimento va affrontata valutando rendimento reale, solidità dell'emittente, orizzonte temporale e propensione al rischio. Le tendenze emerse dall'analisi dei dati degli ultimi 25 anni vengono qui riassunte tramite una tabella che confronta i principali asset:
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Asset |
Vantaggi |
Svantaggi |
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Liquidità/Conti deposito |
Protezione capitale, rendimento reale positivo su brevi periodi, accessibilità immediata |
Guadagno limitato sul medio-lungo termine, erosione potere d'acquisto se l'inflazione risale |
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Obbligazioni governative |
Potenziale rivalutazione in caso di tagli BCE, sicurezza in scenari recessivi, reddito fisso |
Rischio tasso e volatilità su lunghe scadenze, rendimento contenuto |
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Obbligazioni corporate IG |
Profili di rischio-rendimento interessanti, sensibilità favorevole ai tassi |
Minore protezione rispetto ai titoli di stato, possibili downgrade in recessione |
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Obbligazioni High Yield |
Rendimento superiore in assenza di crisi, diversificazione |
Maggiore rischio di default e sensibilità a shock macro |
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Azioni (growth, quality, momentum) |
Beneficio da tassi bassi, rivalutazione futura, selezione settoriale |
Vulnerabilità a stagnazione e utili bassi, alta volatilità |
I risparmiatori devono porre l'attenzione sulle motivazioni dietro al calo dell'inflazione: una normalizzazione guidata dalla crescita offre terreno fertile agli asset rischiosi, una disinflazione dovuta alla debolezza dei consumi spinge invece verso un maggior peso a strumenti conservativi. In entrambi gli scenari, la diversificazione resta centrale nella gestione delle risorse.
Fino a poco tempo fa, lasciare la liquidità ferma sui conti era sinonimo di perdita secca dovuta all'erosione inflattiva. Con l'inflazione annuale vicina all'1,2%, la situazione si è capovolta: oggi, i migliori conti deposito a 12 mesi offrono tassi lordi che raggiungono il 3%. Dedotte le tasse, si ottiene un rendimento netto superiore al tasso di inflazione attuale, generando così un ritorno reale positivo.
Il vantaggio di questa soluzione risiede nell'elevata sicurezza, nell'accessibilità immediata e nell'assenza di volatilità di mercato. Tuttavia, si tratta di un'opportunità soprattutto di breve periodo: nel caso di una nuova risalita dei prezzi, il rendimento reale potrebbe rapidamente tornare negativo. Va considerato anche che la liquidità offre una preziosa opportunità d'intervento per cogliere nuove occasioni di acquisto nel caso di ribassi sui mercati. In altri termini, parcheggiare parte dei risparmi su conti remunerati può avere senso in una pianificazione strategica, pur senza rinunciare alla diversificazione.
Nella fase attuale, i titoli di Stato si confermano come i destinatari dell'interesse di chi ricerca sicurezza e rivalutazione potenziale. La discesa dell'inflazione e l'attesa di politiche monetarie meno restrittive giocano a loro favore: in caso di taglio dei tassi da parte della BCE, i bond governativi registrerebbero apprezzamenti, come risulta anche da analisi storiche che mostrano guadagni a due cifre su scadenze medio-lunghe in condizioni simili.
Le obbligazioni corporate investment grade beneficiano anch'esse del calo dei tassi per via della loro sensibilità, ma vedono comunque aumentare il rischio nel caso di deterioramento della congiuntura economica. Gli high yield, invece, pur offrendo tassi più elevati, risultano vulnerabili in uno scenario di stagnazione o recessione per l'aumento dei rischi di insolvenza, tendendo a performare peggio degli altri comparti in fase di peggioramento ciclico.
La scelta tra le varie tipologie dipende dalla propensione al rischio, dall'orizzonte temporale e dalla valutazione del ciclo macroeconomico. Gli esperti suggeriscono di privilegiare BTP e corporate ad alta qualità per ridurre la volatilità e puntare su rendimenti competitivi in rapporto ai rischi assunti.
La selezione azionaria è influenzata dagli effetti combinati di tassi di interesse bassi e prospettive di debolezza della crescita economica. Studi recenti e simulazioni storiche mostrano che in regimi di bassa inflazione ottengono performance superiori:
L'attuale scenario non elimina il rischio inflattivo né l'incertezza geopolitica, richiedendo l'adozione di strategie di diversificazione a tutela dei risparmi. I dati storici dimostrano che bilanciare tra le diverse asset class protegge dalla volatilità e garantisce una crescita più stabile nel tempo. Un portafoglio equilibrato può includere: