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Quanto è aumentato il costo per fare la spesa in un anno e prodotti alimentari più rincarati per Unione nazionale consumatori

di Marianna Quatraro pubblicato il
prodotti alimentari con maggiori rincari

Negli ultimi anni il costo della spesa alimentare è cresciuto notevolmente in Italia: l'aumento coinvolge prodotti fondamentali, con approfondimenti sui fattori scatenanti, l'impatto sulle famiglie, il confronto europeo e le possibili soluzioni.

Negli ultimi anni, i consumatori italiani hanno assistito a un incremento evidente e costante del costo dei generi alimentari. Registri e scontrini del supermercato raccontano una verità che i dati confermano: mangiare oggi pesa in modo crescente sui bilanci familiari. Secondo le più recenti rilevazioni dell’Istat, dal 2021 i beni alimentari sono aumentati di quasi il 25% sul territorio nazionale. Una cifra che lascia poco spazio all’interpretazione e che testimonia una pressione senza precedenti sui portafogli delle famiglie, specialmente quelle con redditi medi o bassi. Tutti dati e tendenze confermate da due diversi studi e ricerche ovvero dal rapporto dell'Unione Nazionale dei Consumatori e dell'Istat

L’andamento dei prezzi del carrello della spesa dal 2019 a oggi

L’analisi storica dei prezzi evidenzia come la crescita dei costi dei prodotti alimentari abbia assunto un ritmo più che sostenuto a partire dalla metà del 2021. Confrontando i dati del 2019 con quelli più recenti, la crescita complessiva sfiora il +30%. L’inflazione generale durante lo stesso periodo si è mantenuta attorno al +17%, ampliando il divario tra beni comuni e beni alimentari, e accentuando la percezione di una "stangata" sulla spesa alimentare.

  • I prodotti freschi hanno visto i rincari maggiori, segnando un +26,2%
  • Gli alimenti lavorati non sono stati esenti: +24,3% nello stesso periodo
Le rilevazioni dell’Istat mostrano un’escalation significativa tra il 2022 e il 2023, accelerata da fattori di carattere internazionale e interno. I principali prodotti di consumo comuni nel "carrello della spesa" hanno registrato rincari superiori alla media. Gli esempi più eclatanti? Ortaggi e frutta fresca, che hanno subito aumenti del 32,7%, e il comparto di latte, formaggi e uova con una crescita del 28,1%. Anche pane, pasta e derivati dei cereali hanno segnato variazioni superiori al 25%.

L’impatto di questi aumenti si avverte maggiormente tra le famiglie con risorse limitate, che allocano quote più rilevanti della loro spesa al cibo. In Italia, il peso della spesa alimentare sul totale dei consumi supera il 16%. Il rincaro degli alimentari ha innescato nuovi comportamenti d’acquisto: molte famiglie si sono rivolte ai discount, cercando alternative e offerte anche per beni essenziali.

I prodotti alimentari più colpiti dai rincari secondo l’Unione nazionale consumatori

Le indagini dell’Unione nazionale consumatori e i dati Istat concordano nel fotografare la situazione: diversi prodotti indispensabili sono tra quelli con le maggiori variazioni di prezzo, sia rispetto all’anno scorso sia nel confronto quadriennale. Nel periodo tra ottobre 2024 e ottobre 2025, le maggiori variazioni di prezzo riguardano:

  • Cacao e cioccolato in polvere: +21,8%
  • Caffè: +21,1%
  • Carni bovine: +7,9%
  • Uova: +7,2%
  • Burro: +6,7%
  • Carne ovina e pollame: +5,3%
  • Latte conservato: +5%
  • Riso: +4,6%
Anche se l’incremento maggiore spetta a prodotti come ortaggi e frutta (+32,7% nell’ultimo quadriennio), pane e cereali restano ai vertici della classifica dei rincari (+25,5%), seguiti dai derivati del latte e dalle uova. Nel dettaglio, i beni di prima necessità sono risultati i più penalizzati. L’analisi condotta dall’Unione nazionale consumatori sottolinea inoltre come l’aumento sia stato generalizzato, andando a colpire prodotti freschi e trasformati, marchi di largo consumo e private label.

Il presidente dell’organizzazione mette in evidenza un altro aspetto: "Andare a fare la spesa è diventato un privilegio per pochi", con l’impoverimento del ceto medio e la crescita delle difficoltà per le famiglie numerose. Il costo aggiuntivo annuo per una coppia con due figli, solo per alimenti e bevande analcoliche, viene calcolato in circa 250 euro. La situazione è stata aggravata dalla stagnazione di stipendi e pensioni, incapaci di tenere il passo rispetto alla corsa dei prezzi.

Le cause dell’aumento dei prezzi alimentari: tra fattori globali e interni

La complessità degli aumenti risiede in una combinazione di fattori internazionali e dinamiche interne. Le statistiche ufficiali indicano che la miccia del rincaro si è accesa nella seconda metà del 2021, con la ripresa post-pandemica. Nel 2022, la situazione globale è stata ulteriormente compromessa dal conflitto tra Russia e Ucraina, che ha fatto schizzare i prezzi di energia, materie prime agricole e fertilizzanti.

  • Energia alle stelle: tra ottobre 2021 e novembre 2022, in Italia il prezzo dei beni energetici è cresciuto del 76%, ben sopra la media UE
  • Frizioni nell’approvvigionamento e nuove tensioni geopolitiche
  • Eventi meteorologici avversi nei principali paesi esportatori
La dipendenza della filiera agroalimentare italiana da input importati, energia e materie prime ha amplificato gli effetti globali sul territorio nazionale. Le tensioni sulle catene di approvvigionamento hanno inciso sui costi logistici e produttivi, riversandosi direttamente sui prezzi al dettaglio. Eventi estremi legati al clima – siccità, alluvioni, gelate – hanno penalizzato i raccolti sia in Italia che su scala globale, riducendo l’offerta di molti prodotti e innescando speculazioni sui mercati internazionali.

Secondo gli analisti, le dinamiche speculative hanno inoltre contribuito a mantenere alto il livello dei prezzi, anche dopo le prime fasi acute della crisi. Sebbene la fase espansiva dei rincari sembri rallentare, le tensioni permangono: la decelerazione in atto non significa una diminuzione reale dei costi, ma solo un’inversione della tendenza rispetto ai picchi recenti.

L’impatto del caro-spesa sulle famiglie italiane e il cambiamento delle abitudini

L’aumento dei prezzi alimentari si traduce in un peggioramento netto del potere d’acquisto e una trasformazione dei comportamenti d’acquisto. Secondo le associazioni dei consumatori, una famiglia su tre ha dovuto ridurre la spesa per alimenti e bevande nell’ultimo anno; la spesa alimentare continua a pesare su circa il 16-20% dei consumi familiari totali.

  • Le vendite alimentari in volume sono calate dell’8,8%, mentre il conto finale non accenna a diminuire
  • Cresce la predilezione per discount, offerte e prodotti in promozione
  • Schemi di economizzazione: riduzione del consumo di carne e pesce, spostamento verso ingredienti meno costosi
L’aggiornamento degli indicatori sociali mostra come le famiglie a basso reddito siano state le più colpite dalla recente escalation dei prezzi. Il fenomeno, però, riguarda anche la fascia media: oltre il 51% dei cittadini dichiara di ricercare attivamente offerte e prodotti prossimi alla scadenza, mentre i consumi di prodotti freschi e di qualità sono calati in modo marcato. Nei nuclei con più figli l’aumento delle spese è stato mediamente superiore di 250 euro l’anno. Variazioni simili, rapportate ai diversi contesti regionali, hanno spinto anche le zone più benestanti a rivedere le scelte alimentari, con effetti rilevanti sui consumi e sulla salute.

Confronto con l’Europa: prezzi alimentari e potere d’acquisto

L’incremento dei prezzi degli alimentari osservato in Italia si colloca appena al di sotto della media UE, secondo i dati della BCE e dell’Istat. Dal 2019 al 2025, la variazione nazionale si aggira attorno al +28/30%, mentre nella zona euro il balzo medio è stato del 29% e nell’UE a 27 del 32,3%. Tra i Paesi leader:

  • Germania: +32,8%
  • Spagna: +29,5%
  • Francia: +23,9%
  • Lituania (record): +55%
La crescita parallela degli stipendi, tuttavia, non è stata altrettanto omogenea: in Italia la retribuzione media reale si è persino ridotta del 2,2% dal 2021, contro incrementi minimi nelle altre maggiori economie. Questo squilibrio ha eroso ulteriormente la capacità di spesa della popolazione, amplificando gli effetti negativi del rincaro alimentare. Il cibo rappresenta nel 2025 oltre il 16% della spesa familiare media in Italia, ma la percentuale cresce in maniera rilevante tra i nuclei meno abbienti.

Le risposte politiche e possibili soluzioni per contenere il fenomeno

A fronte di un quadro così complesso, le risposte delle istituzioni puntano in più direzioni. Tra le proposte discusse negli ultimi mesi: misure di sostegno ai redditi, contenimento dei costi energetici e incentivi alla filiera agricola. Varie associazioni di consumatori chiedono anche una revisione della normativa sulle vendite sottocosto, per favorire maggiore concorrenza tra i distributori e abbattere i prezzi per i consumatori finali.

Le recenti iniziative, come la promozione del cosiddetto “carrello tricolore” e l’estensione temporanea dei "bonus spesa", si sono rivelate utili ma non definitive. Le associazioni agricole e le rappresentanze della filiera richiedono interventi strutturali, tra cui:

  • Sostegni specifici agli agricoltori e ai produttori locali
  • Riduzione della pressione burocratica e promozione della logistica sostenibile
  • Apertura alla concorrenza sul mercato dei beni di prima necessità
Un ulteriore tema riguarda la necessità di rafforzare le autorità di controllo e contrasto alle eventuali speculazioni sui prezzi delle materie prime. Nel quadro delle politiche europee, infine, si valutano incentivi alla produzione alimentare sostenibile e misure per stimolare l’innovazione nella filiera agroindustriale.


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