Il panorama retributivo si compone di molteplici sfaccettature e uno dei primi fattori da considerare l'appartenenza a una delle due casse previdenziali.
Secondo i dati diffusi dal Consiglio Nazionale nel Rapporto 2025 sull'Albo, il reddito medio di un commercialista si attesta a 80.648 euro annui, il 10,1% rispetto al 2024.
L'aumento del reddito medio negli ultimi tre anni ha raggiunto il +29,4%, a fronte di un Pil cresciuto del 27,6% e di un reddito medio nazionale che, in molti comparti, fatica ancora a tornare ai livelli prima della pandemia. Rispetto al 2008 il salto reddituale è stato del +34,8%, superando anche la crescita cumulata del Pil nazionale nello stesso arco temporale.
La differenza tra valori nominali e valori reali è sempre centrale per leggere i dati. Se è vero che un aumento del 10,1% è come un segnale di benessere, è la lettura al netto dell'inflazione che conferma la solidità strutturale di questa professione. L'indice di resilienza reddituale dei commercialisti si conferma così superiore a quello di molte altre libere professioni, tra cui avvocati e consulenti del lavoro, i cui redditi medi nel 2025 sono saliti in misura più contenuta o addirittura stagnante in alcune aree del Paese. Vogliamo vedere:
Il Nord Italia è il baricentro reddituale della categoria, ma nel 2025 è il Sud a mostrare la crescita più vivace. Con un aumento medio del 10,9%, contro il 9,2% del Nord, le regioni meridionali segnalano un tentativo di rimonta, anche se il gap resta marcato. In Lombardia e nel Triveneto si mantengono i redditi più alti, mentre in Calabria, Molise e Sicilia si riscontrano valori medi più bassi, nonostante la dinamica di crescita sia tra le più rapide del Paese.
Un altro fattore da considerare è l'età. I commercialisti con più di 20 anni di attività registrano in media redditi superiori a 100.000 euro annui, mentre i colleghi under 40 si aggirano sui 45.000-55.000 euro. Questo squilibrio riflette l'inerzia della clientela, che tende a privilegiare l'esperienza, e l'effetto scala costruito nel tempo: chi ha fondato uno studio nei decenni precedenti dispone oggi di una rete più solida e di margini più elevati, anche grazie a collaboratori o forme associate.
Per la prima volta dal 2008 si registra un calo assoluto degli iscritti all'albo: da 120.424 a 119.952 professionisti. La variazione, pari a -472 unità segnala un cambio di passo. Il ricambio non basta più a compensare le uscite, dovute soprattutto a pensionamenti. Di contro, aumentano le Società tra Professionisti: nel 2025 sono 1.961, contro le 618 del 2017, con un tasso di crescita che sfiora l'11% su base annua.
I praticanti scendono del 5,7% in un solo anno. Nel 2021 erano 13.954, oggi si fermano a 11.039. Questo calo prefigura una crisi strutturale di ricambio: la professione non attrae più come prima, soprattutto tra i giovani, a causa della durata della formazione, della difficoltà di accesso al mercato e della crescente concorrenza delle tecnologie digitali nei servizi fiscali di base.
Anche sotto il profilo della parità di genere, i numeri restano deludenti. Le donne sono il 34% degli iscritti, con un miglioramento rispetto al passato, ma ancora lontano da un equilibrio reale. La professione resta dominata da figure maschili over 40, con gli under 41, il 16,2% del totale.