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Quanto guadagnano le singole marche per ogni auto venduta? I ricavi e utili medi

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Ricavi per auto vendute

Chi guadagna davvero di piů per ogni auto venduta? I ricavi e gli utili medi delle case, tra marchi premium, mass market e aziende in perdita, con focus su margini e trend attuali.

Il margine medio per veicolo consegnato dalle principali aziende automobilistiche ha visto una crescita, nonostante la diminuzione delle unità vendute a livello globale. Questo dato evidenzia come il settore stia rispondendo alle turbolenze del mercato puntando su prodotti specialistici, listini ritoccati e una maggiore efficienza dei processi produttivi.

Tuttavia, i risultati non sono uniformi: dai marchi premium alle aziende orientate al mercato di massa, le differenze di redditività sono marcate. Alcuni produttori spiccano per i profitti elevati su ogni veicolo consegnato, mentre altri faticano a rimanere positivi, con casi di marchi che registrano pesanti perdite per unità. Tali dati permettono di comprendere non solo la situazione finanziaria, ma anche le scelte commerciali e industriali che differenziano leader e inseguitori nel panorama automotive.

Come si calcola il guadagno per auto: ricavi, utili e costi dei produttori

Per quantificare il profitto medio realizzato dalle case automobilistiche per ogni veicolo occorre distinguere tra ricavi, utili e costi sostenuti dai costruttori. Il ricavo rappresenta il denaro incassato dalla vendita dell’auto, mentre l’utile indica la cifra residua dopo la deduzione delle spese di produzione, distribuzione, marketing e costi amministrativi.

Vanno considerate altresì componenti straordinarie, come i proventi da crediti ambientali o i contributi governativi ricevuti da specifici mercati. Ad esempio, per alcune aziende elettriche, i crediti ambientali rivestono un’incidenza significativa sui margini, al pari degli incentivi statali destinati a favorire la mobilità sostenibile, specialmente in Cina e negli Stati Uniti.

La metodologia di calcolo prevede la suddivisione dell’utile netto riportato in bilancio per il numero di veicoli consegnati in un determinato anno. La complessità dei bilanci societari obbliga a leggere attentamente le voci extra-operationali, tra cui investimenti una tantum e ammortamenti; questi fattori possono alterare la percezione della reale redditività delle singole unità. Resta così chiaro che quanto si guadagna per ogni auto venduta è il risultato di un delicato bilanciamento tra prezzo al pubblico, struttura dei costi e quota di mercato, oltre alla capacità della marca di valorizzare il propri brand all’interno della catena del valore.

Classifica 2024: i marchi che guadagnano (e perdono) di più per auto venduta

Nel 2024, la classifica dei produttori automobilistici in base ai profitti per auto consegnata dimostra variazioni importanti tra le diverse strategie aziendali. Analizzando i dati, emergono differenze sostanziali tra marchi premium, generalisti e i nuovi player asiatici, anche alla luce delle turbolenze macroeconomiche e tecnologiche:

Brand

Profitto medio per auto (euro)

Ferrari

136.671

Porsche

18.142

Mercedes

5.692

BMW

4.693

Tesla

3.801

Toyota

3.031

Volkswagen

2.111

Stellantis

656

Nissan

282

Lucid (perdita)

-283.468

Rivian (perdita)

-87.363

Xpeng (perdita)

-4.612

Nota: i valori sono arrotondati e frutto di stime basate sui bilanci e i dati diffusi dalle principali fonti di settore. Alcuni numeri evidenziano drastici cambiamenti rispetto al passato, sia in positivo che in negativo.

Ferrari e il primato di profitto per unità venduta

Tra tutti i costruttori, Ferrari rappresenta un unicum nella capacità di generare utili straordinari per veicolo prodotto. Nel 2024 la casa di Maranello ha raggiunto una soglia di 136.671 euro netti per ogni auto venduta, guadagnando così più di qualsiasi altro player industriale. Il segreto di tale risultato risiede nell’elevatissimo posizionamento del brand, nella produzione limitata e nelle strategie di produzione su misura per ogni cliente.

La disciplina nel controllo dei costi, la capacità di mantenere una domanda superiore all’offerta e la gestione dei modelli a tiratura limitata consentono di mantenere margini eccezionali. Il valore percepito dal consumatore e l’esclusività delle vetture “rosse” garantiscono non solo utili diretti, ma anche una crescita continua del patrimonio di marca, consolidando la leadership Ferrari nel segmento delle automobili di lusso.

Porsche, Mercedes, BMW e i grandi marchi europei

La performance dei marchi premium europei riflette una struttura industriale consolidata, con strategie orientate alla qualità del prodotto ed al mantenimento di un’immagine di eccellenza. Porsche segue Ferrari con 18.142 euro medi di profitto per auto, pur registrando una leggera flessione rispetto all’anno precedente.

Mercedes e BMW, altre icone tedesche, mantengono margini importanti, rispettivamente di 5.692 e 4.693 euro per unità. Tuttavia, il settore è caratterizzato da forte competitività e investimenti continui nell’innovazione e nella tecnologia, elementi che hanno influenzato negativamente i margini, in parte erosi dall’aumento dei costi produttivi e dalla flessione delle vendite in mercati chiave come quello cinese. I brand storici restano però punti di riferimento per affidabilità e valore nel lungo periodo.

Tesla, BYD e le case asiatiche: margini e incentivi

Tra i produttori emergenti, Tesla si conferma come l’unica realtà nel settore elettrico a garantirsi un margine operativo significativo per veicolo, attestandosi attorno ai 3.800 euro per unità, nonostante una riduzione rispetto al 2023. Questo risultato è dovuto sia all’ottimizzazione della produzione, sia ai proventi derivanti dalla vendita di crediti ambientali, una voce che incide ancora marcatamente nei conti del gruppo statunitense.

BYD, invece, sfrutta in modo consistente il sistema di incentivi statali e le sovvenzioni della Cina per massimizzare la penetrazione di mercato, puntando su ampi volumi e prezzi contenuti. Tuttavia, la strategia delle case asiatiche si caratterizza per margini più bassi, giustificati dalla priorità assegnata all’espansione della quota di mercato, piuttosto che alla massimizzazione del profitto immediato. Sia Tesla sia BYD sono inoltre protagonisti di scelte industriali che influenzano la formazione del guadagno medio per auto, dalla gestione delle supply chain all’innovazione nei processi produttivi.

Stellantis, Nissan e i brand con margini in calo

Il 2024 ha segnato un momento critico per alcuni grandi costruttori generalisti, tra cui Stellantis e Nissan. Il gruppo nato dalla fusione italo-francese si è trovato a fronteggiare un calo drastico della redditività media per veicolo, scesa a 656 euro (dai 3.627 euro del 2023), con una perdita di oltre l’80%. Un trend analogo ha riguardato Nissan, passata da oltre 1.000 euro a meno di 300 euro di margine.

Tali risultati sono il riflesso di svariate difficoltà: dalla crescita dei costi di produzione, agli investimenti per la conversione dell’offerta verso l’elettrificazione, fino ad alcune decisioni industriali, come spese straordinarie e strategie poco efficaci nella gestione dei marchi. Queste dinamiche mettono in discussione la sostenibilità di alcuni modelli di business nel comparto mass market.

Le aziende che vanno in perdita: casi eccellenti nel 2024

Non tutti i produttori riescono a generare guadagni positivi da ogni unità consegnata. Il 2024 vede diverse aziende registrare perdite rilevanti, in particolare tra i nuovi protagonisti della mobilità elettrica. Secondo i dati più recenti, Lucid mostra una perdita di 283.468 euro per veicolo, mentre Rivian si attesta su -87.363 euro.

Altre realtà cinesi come Xpeng e Nio si mantengono in terreno negativo, anche se in miglioramento rispetto all’anno precedente. Simili scenari sono spesso imputabili ad una combinazione di fattori: volumi di produzione non ancora consolidati, elevati costi di ricerca e sviluppo, forte competitività e ingenti investimenti per accedere a nuovi mercati globali. Questo fenomeno testimonia come la transizione industriale e tecnologia non porti automaticamente benefici immediati sul piano della redditività, ma rappresenti una sfida di sostenibilità anche per i gruppi più innovativi.

Mass market contro premium: perché cambia il margine per auto venduta

La differenza nei margini per auto venduta tra i produttori orientati al mass market e quelli attivi sul segmento premium è originata da molteplici elementi:

  • Brand value e prezzo: i marchi premium possono applicare prezzi più elevati grazie al valore percepito, all’esclusività e alla fidelizzazione del cliente.
  • Volumi di vendita: le aziende mass market puntano su numeri elevati e margini unitari ridotti. Le premium, invece, massimizzano la redditività individuale.
  • Costi di produzione e personalizzazione: i veicoli di alta gamma prevedono processi produttivi su misura, con un maggior contenuto tecnologico e materiali di pregio, ma anche costi più facilmente trasferibili sul cliente finale.
  • Sensibilità agli investimenti: le aziende mass market sono maggiormente esposte agli effetti degli investimenti e alle oscillazioni della domanda globale.
  • Gestione degli incentivi: alcune realtà, specie nei mercati emergenti, accedono a sussidi pubblici che alterano la redditività tipica del settore.
Il risultato di tali dinamiche è che le case premium dominano i vertici delle classifiche per guadagno per unità, mentre i produttori “mainstream” sono costretti a stringere i margini per reggere la concorrenza, mantenendo comunque una significativa presenza su scala mondiale.