A complicare la situazione dei creditori ci sono le disposizioni sulla priorità di rimborso nella liquidazione coatta amministrativa delle banche.
A quasi otto anni dal crollo finanziario che ha travolto Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, il quadro delle richieste di risarcimento appare oggi chiaro, ma tutt'altro che rassicurante. Dopo sette anni di attività, i commissari liquidatori hanno chiuso il lavoro di accertamento dei crediti, depositando gli stati passivi nei tribunali competenti il 20 marzo 2024. I numeri emersi dal lavoro tecnico raccontano una vicenda complessa, fatta di speranze disattese e richieste che, nella maggior parte dei casi, difficilmente troveranno soddisfazione.
Nel complesso, sono state presentate oltre 41 mila domande di insinuazione al passivo, per un valore complessivo pari a 5,6 miliardi di euro. Ma solo 2,4 miliardi sono stati ammessi, ovvero meno della metà dell'importo richiesto. Oltre 3 miliardi di crediti sono stati esclusi, a causa di limiti normativi, mancanza di documentazione o per la sottoscrizione da parte degli azionisti di transazioni tombali con le banche al momento della crisi. Nella sola Banca Popolare di Vicenza sono stati richiesti 3 miliardi, con 28.000 domande: più della metà provenienti da piccoli azionisti. In Veneto Banca, invece, le richieste sono state 12.527 per 2,6 miliardi, con una prevalenza ancora maggiore di azionisti. Vogliamo capire:
Le cifre in gioco sono imponenti. Nel caso della Banca Popolare di Vicenza, il totale da restituire ammonta a circa 6,2 miliardi di euro, mentre per Veneto Banca la cifra si attesta intorno ai 5,7 miliardi. Questi importi derivano da una combinazione di prestiti diretti garantiti dallo Stato, costi di ristrutturazione, contributi pubblici al salvataggio e somme retrocesse per il recupero dei crediti deteriorati. Solo per fare un esempio, a Vicenza i prestiti concessi da Intesa ammontano a 3,2 miliardi, mentre altri 2,4 miliardi sono riconducibili a oneri di ristrutturazione finanziati dallo Stato. A Montebelluna, sede di Veneto Banca, le cifre sono simili: 3,1 miliardi di prestiti da Intesa, più 2,3 miliardi di costi pubblici.
Questo schema rende evidente che la massa passiva disponibile per i creditori ordinari è pressoché nulla. Anche nel caso di recuperi da crediti deteriorati, i fondi vengono prioritariamente destinati a Intesa Sanpaolo, in quanto beneficiaria delle garanzie statali. Di conseguenza, chi ha perso i propri risparmi investendo in azioni o obbligazioni subordinate di queste banche difficilmente riceverà un rimborso dalla liquidazione stessa, anche se il proprio credito è stato ufficialmente ammesso.
L'unico canale che ha effettivamente fornito un parziale ristoro è il Fondo Indennizzo Risparmiatori, istituito dal governo italiano nel 2019. Questo fondo pubblico ha avuto il compito di indennizzare, almeno in parte, gli investitori danneggiati dalle crisi bancarie, tra cui quelle di Vicenza e Veneto Banca. Il FIR ha previsto il rimborso automatico del 30% del valore di acquisto delle azioni, fino a un massimo di 100.000 euro per risparmiatore, a condizione che fossero rispettati determinati requisiti di reddito e patrimonio. Per le obbligazioni subordinate il rimborso automatico è stato fissato al 95% del valore di acquisto.
La finestra temporale per presentare domanda al FIR si è chiusa da tempo, e anche la fase di pagamento si avvia ormai alla conclusione. Chi non ha potuto accedere al fondo o non ha rispettato i requisiti richiesti resta di fatto escluso da ogni forma di ristoro, salvo futuri interventi legislativi ad hoc. Anche la strada del ricorso in sede civile appare difficile: le transazioni firmate nel 2017, pur con molti dubbi sollevati nel tempo, hanno in larga parte escluso la possibilità di azioni legali individuali.
L'ultimo capitolo, quindi, potrebbe essere scritto dal contenzioso giudiziario in corso, che riguarda non solo le banche ma anche ex amministratori, organi di controllo e soggetti terzi, inclusi revisori contabili e consulenti. Ma i tempi della giustizia sono lunghi, gli esiti incerti e le somme potenzialmente recuperabili assai limitate.