Quando č giustificato il licenziamento per l’uso di permessi per assistere parenti ricoverati in Rsa: la nuova sentenza della Cassazione
Chi è titolare della Legge 104 può usufruire di alcuni diritti, riconosciuti sia al soggetto disabile quanto a chi se ne prende cura, come i permessi e i congedi retribuiti, la possibilità di scegliere la sede di lavoro e rifiutare eventuali trasferimenti, e di uso di ausili necessari e tempi aggiuntivi nel sostenere le prove d'esame in concorsi pubblici o in esami per l'abilitazione alle professioni.
Per beneficiare dei permessi previsti dalla Legge 104 bisogna essere in possesso del verbale dell’accertamento della condizione di disabilità con necessità di sostegno elevato o molto elevato rilasciato dalla competente Commissione Medica Integrata Asl e Inps per sè stessi o per la persona da assistere. Inoltre, è bene sapere che bisogna sempre rispettare determinate regole quando si usano i permessi, altrimenti si rischia di incorrere in provvedimenti ‘importanti’ come i licenziamenti.
Secondo quanto stabilito dalla legge, chi assiste una persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il terzo grado, convivente, ha diritto a tre giorni di permesso al mese, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.
Il ricovero in Rsa rappresenta un sistema di assistenza completa, assimilabile a quella ospedaliera perché, oltre alla presenza di medici, fornisce giorno e notte diversi servizi al familiare, grazie alla presenza di infermieri professionali, OSS qualificati e fisioterapisti.
Alla luce di tali presupposti, i giudici hanno deciso che il licenziamento è legittimo quando il familiare con disabilità grave è ricoverato in modo permanente e a tempo pieno presso una Rsa e il dipendente usufruisce sempre dei permessi previsti, abusandone.
I permessi della Legge 104 per l’assistenza spettano ai genitori (anche adottivi o affidatari), al coniuge, alla parte dell’unione civile, al convivente di fatto, ai parenti o agli affini entro il secondo grado ma anche ai parenti o affini di terzo grado se uno dei genitori o il coniuge o la parte dell’unione civile o il convivente di fatto hanno oltre 65 anni di età, o sono affetti da patologie invalidanti o sono deceduti o mancanti.
Ai genitori, al coniuge, alla parte dell’unione civile, al convivente di fatto, ai parenti o agli affini spettano tre giorni di permesso mensile, utilizzabili anche ad ore, nel limite massimo di 18 ore mensili (riproporzionate in base al rapporto di lavoro).
Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l’assistenza allo stesso familiare con disabilità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro.
È possibile assistere più familiari con disabilità, ma solo a condizione che si tratti del coniuge o della parte di un’unione civile o del convivente di fatto, o di un parente o affine entro il primo grado, o di un parente o affine entro il secondo grado, se i genitori o il coniuge della persona in condizione di disabilitò sono over 65, o sono affetti da patologie invalidanti o sono deceduti.
I permessi decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello della domanda.
I giudici della Corte di Cassazione sono già più volte intervenuti sugli abusi dei permessi retribuiti previsti dalla Legge 104, perché ne sia sempre garantito l’uso esclusivamente per la finalità di assistere familiari con disabilità grave, perché il loro abuso o uso improprio rappresenta una violazione dei principi di buona fede, diligenza e correttezza contrattuale e pertanto giustifica il licenziamento per giusta causa, e senza preavviso.
Si pensi ad esempio alla sentenza con cui la Cassazione ha spiegato che conta non solo il numero di ore dedicato all’assistenza della persona con disabilità, ma anche la qualità dell’assistenza stessa.
I giudici hanno, infatti, spiegato che la valutazione del diritto ai permessi deve considerare non solo il tempo dedicato al familiare da assistere, dunque l’aspetto quantitativo, ma anche il tipo e la finalità dell'assistenza prestata (aspetto qualitativo), definendo tra le attività permesse in tal senso, non solo quelle di assistenza diretta al familiare disabile, ma anche quelle accessorie, come uscire per acquistare farmaci e medicinali, o generi di prima necessità e simili, perché anch’esse rientrano tra le attività assistenziali di un parente disabile.