Maxi stipendi ai dipendenti Inps fino a 240mila euro annui: il ministro Zangrillo avvia verifiche e il ministro dell'Economia chiede chiarimenti ai vertici dell'istituto
La recente attenzione mediatica verso i maxi stipendi presso l’INPS, con retribuzioni che superano i 240mila euro annui, ha sollevato interrogativi su equità e legittimità dei compensi nel settore pubblico. L’argomento è diventato centrale nel dibattito nazionale, anche in seguito a notizie riguardanti la possibile non conformità di tali cifre rispetto alle norme vigenti. Il caso non coinvolge unicamente gli addetti ai vertici dell’ente previdenziale, ma si inserisce in un più ampio contesto di trasformazione delle regole retributive per i dirigenti pubblici.
La questione delle alte remunerazioni nell’ente pubblico trae origine da un percorso complesso avviato a fine 2011, quando il Governo Monti introdusse un vincolo sui compensi nel settore pubblico, ancorandoli a quello del primo presidente della Corte di Cassazione.
Successivamente, nel 2014, il Governo Renzi intervenne fissando a 240mila euro la soglia massima dei compensi pubblici. Tale limite è stato giustificato dalla situazione di eccezionale crisi finanziaria vissuta dal Paese in quel periodo, determinando, di fatto, un forte ridimensionamento delle retribuzioni apicali nella pubblica amministrazione.
Nel corso degli anni, questa soglia è stata oggetto di revisioni e, con la Manovra Finanziaria 2022, si è introdotto un meccanismo di aggiornamento legato all’andamento medio degli aumenti nel pubblico impiego. Oltre al già citato tetto massimo, sono emerse deroghe riconosciute, che hanno contribuito, nel tempo, a una graduale crescita e diversificazione delle retribuzioni per dirigenti che rivestono ruoli ad alta responsabilità, come evidenziato anche dai casi relativi all’INPS.
A livello normativo, il quadro si è arricchito di nuove regole, interpretazioni giurisprudenziali e adeguamenti periodici. Tuttavia, proprio la presenza di trattamenti retributivi che superano i 240mila euro ha generato segnalazioni e richieste di verifica, imponendo la necessità di accertare la coerenza degli stipendi rispetto alle norme attualmente in vigore.
Le prime reazioni istituzionali non si sono fatte attendere. Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica amministrazione, ha dichiarato pubblicamente la necessità di verificare la legittimità degli stipendi, confermando l’avvio di approfondimenti con i propri uffici e la richiesta a tutte le figure responsabili di fare chiarezza su quanto accaduto. Ha sottolineato come spetti anche al ministero dell’Economia, retto da Giancarlo Giorgetti, promuovere linee guida condivise per definire un quadro di trasparenza e di legalità in materia retributiva.
Il ministro ha evidenziato la mancanza di una responsabilità diretta sulla definizione degli stipendi specifici dell’ente previdenziale, rimarcando tuttavia il compito di vigilanza e sollecitando azioni coordinate per prevenire future irregolarità. Le attività di verifica sono allo stato in corso e includono confronti tra i vari attori istituzionali coinvolti, con l’obiettivo di garantire conformità alle nuove disposizioni.
Non si tratta solo di vantaggi economici: l’intesa ha interessato anche a formazione e welfare, riconoscendo il diritto a un’aspettativa non retribuita fino a tre mesi l’anno per la formazione, compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione, insieme a contributi specifici per l’aggiornamento professionale. Nel campo del welfare, per i dirigenti sanitari con orario prefissato, è stato introdotto anche il buono pasto durante il lavoro agile.
Categoria | Incremento medio mensile |
Prima fascia | 980 euro lordi |
Seconda fascia | 545 euro lordi |