Tra rivalutazione delle pensioni e blocco dell'aumento dell'età pensionabile, ci sarebbero troppe risorse da impiegare per poter definire anche novità per le pensioni anticipate: il piano del governo
Le discussioni che si preparano a riprendere a pieno ritmo sulla Manovra Finanziaria 2026 riportano l’attenzione sugli interventi previsti in materia previdenziale e fiscale. Il governo italiano sta programmando una serie di adeguamenti allo scopo di contenere l’impatto dell’inflazione sulle pensioni e di gestire gli aggiustamenti automatici dei requisiti di accesso, con l’obiettivo di preservare il potere d’acquisto dei cittadini.
Due delle novità più rilevanti riguardano la rivalutazione dell’importo degli assegni pensionistici per il 2026 e il blocco dell’aumento dell’età pensionabile, misure i cui costi stimati ammontano complessivamente a circa 8 miliardi di euro.
La rivalutazione degli assegni previdenziali rappresenta una delle principali voci di spesa della prossima manovra, secondo le stime costerebbe circa 5 miliardi di euro. Il meccanismo in vigore prevede una perequazione automatica dell’importo delle pensioni rispetto all’inflazione registrata nell’anno precedente.
Per il 2026, l’inflazione acquisita per il 2025 è fissata all’1,7%, un dato che, rapportato alla spesa previdenziale complessiva (circa 355 miliardi di euro), comporta una richiesta di risorse rilevante.
La metodologia adottata per la rivalutazione distingue tra le diverse fasce reddituali dei pensionati:
Fascia reddito mensile | Percentuale di rivalutazione |
Fino a 4 volte il minimo | 100% |
Oltre 4 fino a 5 volte il minimo | 90% |
Oltre 5 volte il minimo | 75% |
Il secondo punto centrale della riforma riguarda l’annunciata sospensione dell’incremento automatico dell’età pensionabile. In assenza di interventi, infatti, dal 2027 l’età richiesta per la pensione di vecchiaia aumenterebbe di tre mesi, superando la soglia dei 67 anni. Tale adeguamento deriva dal principio di correlazione tra aspettativa di vita e requisiti anagrafici.
Le ragioni alla base della proposta di blocco sono riconducibili all’esigenza di proteggere i lavoratori più anziani da un innalzamento ritenuto eccessivamente oneroso, nel contesto di un mercato del lavoro ancora segnato da livelli occupazionali disomogenei a livello territoriale e settoriale. Il congelamento dell'aumento avrebbe un costo stimato a regime intorno ai 3 miliardi di euro, anche se per il primo anno la spesa potrebbe risultare inferiore.
Si potrebbero posticipare i tre miliardi a fine anno prossimo con la Manovra 2026 ma ci sarebbero problemi organizzativi per l’entrata in vigore della misura già da gennaio 2027 ma tale mossa permetterebbe per quest’anno di risparmiare 3 miliardi di euro da usare eventualmente per altre misure.
Nulla è, infatti, previsto (anche questa volta) per le pensioni anticipate, nonostante da mesi si parli di nuovi sistemi di uscita prima come la pensione a 64 anni di età usando il Tfr, l’opzione donna modificata o la quota 41 flessibile.
Ci sarebbe anche un tesoretto di circa 13 miliardi di euro, che potrebbe essere usato per le misure pensionistiche, considerando che rivalutazione dei trattamenti e blocco dell'aumento dell'età pensionabile dal 2027 costerebbero 8 miliardi di euro, ne rimarrebbero altri 5 che dovrebbero essere impiegati, però, per diverse misure, dalle pensioni anticipate, alla revisione dell'Irpef, alla rottamazione quinquies, alla riforma dell'Isee.
Ma questo pacchetto di novità costerebbero più di 5 miliardi e il tesoretto disponibile è già stato annunciato che non si userà per le misure della Manovra 2026 ma per la riduzione del debito italiano, che rappresenta un'altra priorità del nostro governo.