Nel contesto delle separazioni e dei divorzi, il tema della perdita dell’assegno divorzile in caso di mancata accettazione di un’offerta di lavoro da parte dell’ex moglie solleva interrogativi pratici e giuridici di grande attualità. La disciplina aggiornata in materia ha ridefinito i presupposti per l’attribuzione o la revoca di questa prestazione economica, richiedendo una valutazione attenta di diversi fattori: adeguatezza dei mezzi di sostentamento, ricerca attiva di occupazione e sacrifici compiuti durante la vita matrimoniale.
Cos'è l'assegno divorzile e quali sono i presupposti per ottenerlo
L’assegno divorzile è una prestazione economica periodica che può essere riconosciuta a favore dell’ex coniuge al momento della dissoluzione definitiva del matrimonio. La sua attribuzione non è automatica ma risponde a criteri ben definiti, come:
- Adeguatezza dei mezzi propri: Deve essere provato che il richiedente non dispone di un reddito sufficiente a garantire un’esistenza dignitosa, indipendentemente dal tenore di vita goduto durante il matrimonio.
- Impossibilità oggettiva: Occorre dimostrare che la mancanza di mezzi non dipende da una scelta volontaria ma da una reale incapacità di procurarseli per ragioni indipendenti dalla propria volontà (età, salute, mancata occupabilità oggettiva).
- Sacrifici e contributi: Il giudice valuta eventuali rinunce o apporti dati dall’ex coniuge alla formazione del patrimonio familiare o dell’altro coniuge.
Le recenti sentenze della Corte di Cassazione ribadiscono come sia
necessario verificare che il beneficiario abbia compiuto sforzi concreti per raggiungere l’autosufficienza e che l’attribuzione dell’assegno abbia oggi
natura assistenziale, compensativa e perequativa: serve a supportare chi non è in grado di mantenersi non per propria colpa e anche a riconoscere l’impegno profuso per la crescita della famiglia. Non è, invece, una rendita vitalizia garantita in ogni circostanza e
viene meno se le condizioni oggettive cambiano (nuovo lavoro, nuova convivenza stabile, significativo patrimonio personale).
L'assegno divorzile viene, infatti, riconosciuto solo dopo lo scioglimento del matrimonio, non mira più a tutelare il pregresso stile di vita, ma a fornire un sostegno verso l’autonomia, compensando eventuali squilibri economici e i sacrifici compiuti durante il rapporto.
Quando la moglie divorziata perde il diritto all’assegno divorzile: rifiuto di offerte di lavoro e altri casi
La perdita dell’assegno divorzile può avvenire in diverse circostanze. Di recente la Corte di Cassazione (sentenza n. 25523/2025) ha sottolineato che il rifiuto ingiustificato di un’offerta di lavoro stabile e adeguata è motivo sufficiente per revocare l’assegno, poiché viene meno la condizione dell’incapacità oggettiva a mantenersi. Entrando più nel dettaglio, i casi che portano a perdere l'assegno divorzile sono i seguenti:
- Rifiuto di un lavoro congruo: Se l’ex moglie dopo il divorzio rifiuta una posizione di lavoro stabile, coerente con le sue competenze e con una retribuzione idonea alla sua professionalità, il giudice può considerare questo comportamento come colpevole, precludendo il diritto all’assegno.
- Nuova convivenza o matrimonio: L’instaurazione di una stabile convivenza more uxorio, o un nuovo matrimonio, estingue automaticamente il diritto.
- Autosufficienza economica raggiunta: Se il beneficiario acquisisce redditi da impiego, proprietà o rendite che gli garantiscono l’autonomia, decade il presupposto per il contributo periodico.
- Patrimonio personale significativo: Il possesso di beni mobiliari o immobiliari di valore può essere indice di autossufficienza e portare alla revoca.
- Comportamenti gravemente lesivi: In alcuni casi, condotte tali da giustificare una valutazione negativa ai fini dell’assegno (ad es. frodi, maltrattamenti, utilizzo improprio di sostegni ricevuti) incidono sulle decisioni giudiziali.
Al contrario, la semplice difficoltà economica dell’ex partner più abbiente non determina automaticamente il diritto all’assegno divorzile se non è provata la reale impossibilità oggettiva di autosostentamento.
Criteri per la valutazione della congruità dell'offerta di lavoro e le eccezioni previste dalla legge
Per stabilire se la perdita dell’assegno divorzile sia giustificata dal rifiuto di un lavoro, il giudice deve valutare la congruità della proposta ricevuta. Questa analisi deve considerare una serie di fattori:
- Stabilità e durata del contratto offerto (es. tempo indeterminato o determinato breve).
- Retribuzione rapportata a quella dell’assegno ricevuto e alle condizioni di mercato.
- Professionalità richiesta e competenze pregresse della beneficiaria.
- Condizioni oggettive dell’ambiente di lavoro e spostamenti necessari.
- Età, stato di salute e possibilità effettiva di reinserimento lavorativo.
La proposta lavorativa non deve necessariamente assicurare le stesse condizioni economiche godute con l’assegno, ma deve essere
ragionevolmente adeguata alla situazione personale e professionale di chi la riceve.
La legge prevede eccezioni: se l’offerta di lavoro presenta caratteristiche incompatibili con l’età, la formazione, la salute o la dignità della persona interessata, il rifiuto può essere ritenuto legittimo e non comporta la perdita automatica dell’assegno. Il giudice valuta ogni situazione caso per caso, sulla base delle prove fornite.
Come procedere se l’assegno viene revocato o negato: ricorsi e revisione
Se il tribunale decide per la revoca o il mancato riconoscimento dell’assegno divorzile, esistono diversi strumenti per contestare la decisione o chiederne una revisione in caso di cambiamenti delle condizioni. È, infatti, possibile presentare ricorso in appello entro 30 giorni, contestando errori nella valutazione delle prove o nell’applicazione delle norme.