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Stellantis, nuovi 1100 licenziamenti e fabbriche appena riaperte chiudono subito. E il paradosso dell'indotto Cosa attendersi?

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Futuro di Stellantis

La strategia di Stellantis di ridurre i costi e riorganizzare la produzione è giustificata dalla necessità di adattarsi alle nuove sfide del mercato.

Negli ultimi mesi, Stellantis, il gigante automobilistico nato dalla fusione tra FCA e PSA, ha intrapreso una serie di ristrutturazioni che stanno lasciando cicatrici nel settore automobilistico. Tra licenziamenti e chiusure o riconversioni di stabilimenti, la multinazionale si trova a fronteggiare critiche e preoccupazioni sia dai lavoratori sia dai fornitori.

L’azienda sembra intenzionata a ripensare il proprio modello produttivo e distributivo, ma il prezzo da pagare sembra essere molto alto, soprattutto in termini occupazionali. Approfondiamo cosa sta succedendo:

  • Licenziamenti e stabilimenti Stellantis in crisi, cosa sta succedendo
  • Cosa mettere in conto per il futuro di Stellantis

Licenziamenti e stabilimenti Stellantis in crisi, cosa sta succedendo

L'ondata di licenziamenti – 1.100 solo negli stabilimenti americani della Jeep – è solo l’ultima di una serie di tagli che Stellantis ha annunciato negli ultimi anni. Anche in Italia la situazione è tutt’altro che tranquilla. Lo stabilimento di Mirafiori, uno dei simboli storici della produzione automobilistica italiana, ha visto oltre 1.500 uscite volontarie incentivate, segnale che le riorganizzazioni non sono destinate a fermarsi.

Queste uscite sono state accompagnate da un programma di riconversione verso la produzione di veicoli elettrici, ma i ritmi di transizione non sembrano corrispondere alle aspettative dei dipendenti, lasciando in molti il timore di futuri esuberi.

Un altro esempio è lo stabilimento di Cassino, chiuso per un breve periodo a fine ottobre e riaperto senza la certezza di continuità. Questa situazione di stop and go si rivela problematica per i lavoratori, che vedono il futuro incerto e la propria posizione di lavoro a rischio. Cassino è un sito strategico per la produzione di modelli Alfa Romeo e Maserati, ma la prospettiva di ulteriori interruzioni produttive è reale e inevitabile se il mercato non risponderà come previsto alla nuova offerta elettrica di Stellantis.

La crisi di Stellantis non riguarda solo i dipendenti diretti, ma si estende anche alle aziende dell’indotto, molte delle quali sono storici fornitori del gruppo. Emblematico è il caso della CLN Coils Lamiere Nastri di Caselette, che si è vista costretta a vendere uno dei suoi stabilimenti proprio a Stellantis, in un paradosso che mette in evidenza le contraddizioni di questa ristrutturazione. CLN, che da anni produce componenti fondamentali per i veicoli del gruppo, ha risentito della riduzione degli ordini, tanto da non poter mantenere aperti tutti i suoi impianti.

Questo fenomeno si ripercuote anche su altre aziende dell’indotto, molte delle quali basano la propria sopravvivenza sui volumi di produzione commissionati da Stellantis. La diminuzione della domanda di componenti costringe queste aziende a ridurre il personale, con ripercussioni economiche e sociali sul territorio. La prospettiva è di una crisi sistemica per l’intero comparto dell’automotive, specialmente in Italia, dove il settore automobilistico ha rappresentato per decenni uno dei pilastri dell’economia.

La strategia di Stellantis di ridurre i costi e riorganizzare la produzione è giustificata, secondo l’azienda, dalla necessità di adattarsi alle nuove sfide del mercato. La transizione verso l’elettrico richiede investimenti ingenti e una ristrutturazione del modello produttivo. Questo cambiamento sembra procedere a ritmi discontinui e disallineati rispetto alle necessità occupazionali e alle aspettative del personale. Le vendite di veicoli elettrici, infatti, non stanno ancora compensando il calo delle vendite dei veicoli tradizionali, e la competizione internazionaleimpone di ridurre i costi per mantenere la competitività.

Cosa mettere in conto per il futuro di Stellantis

Il futuro di Stellantis e dell’indotto automobilistico italiano appare incerto e sembra che si vada verso una maggiore esternalizzazione verso l'est dell'Europa e il Marocco.

Se da una parte la transizione elettrica è inevitabile e necessaria, dall’altra il processo sembra penalizzare soprattutto i lavoratori e le aziende italiane, che vedono il loro ruolo marginalizzato nel contesto globale. Le istituzioni italiane sono chiamate a intervenire con politiche di sostegno che favoriscano la riconversione dei siti produttivi e l’occupazione, per evitare che questa crisi si traduca in una desertificazione industriale del settore automotive italiano.

Ecco quindi che diventa fondamentale monitorare la risposta del mercato: il successo della nuova gamma di veicoli elettrici di Stellantis potrebbe determinare se l’azienda riuscirà a mantenere stabili i propri volumi produttivi o se saranno necessarie ulteriori riorganizzazioni. Se la domanda non dovesse rispondere come previsto, il rischio di ulteriori chiusure di stabilimenti e licenziamenti rimane concreto.

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