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Truffe, i rimbrosi delle banche hanno una franchigia di 150 euro e i soldi dei risarcimenti possono essere richiesti indietro

di Marcello Tansini pubblicato il
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Le truffe bancarie sono in costante aumento: nuove norme impongono rimborsi rapidi ai clienti, ma con una franchigia di 150 euro. L’articolo approfondisce responsabilità delle banche, procedure di rimborso e strategie di tutela.

L’aumento esponenziale delle truffe nel settore bancario rappresenta ormai uno degli aspetti più problematici legati alla digitalizzazione dei servizi finanziari. Negli ultimi anni, le statistiche fornite da banche e autorità di vigilanza segnalano un trend in costante ascesa delle frodi

Le conseguenze sono spesso devastanti: interi patrimoni familiari azzerati e situazioni di grave disagio, con vittime colte nei momenti di fragilità. In risposta, le istituzioni e le banche hanno rafforzato le strategie di sicurezza, incrementando gli investimenti in tecnologie di difesa e promuovendo interventi normativi mirati. 

Le recenti disposizioni: rimborso immediato con franchigia e nuove responsabilità bancarie

Il quadro normativo italiano, a seguito della recezione delle direttive europee sui servizi di pagamento (in particolare il D.Lgs. 11/2010 modificato dal D.Lgs. 218/2017), ha introdotto uno dei sistemi più avanzati di tutela dei clienti in caso di operazioni non autorizzate. L’istituto bancario, al manifestarsi di una transazione anomala o fraudolenta segnalata dal cliente, deve provvedere al rimborso immediato dell’importo sottratto, riducendo drasticamente i tempi di attesa e gli adempimenti per il correntista.

La novità essenziale riguarda la presunzione di responsabilità a carico della banca, che ha l’onere di dimostrare un’eventuale colpa grave o dolo del cliente perché questi possa essere privato della tutela. Il cliente risponde solo per una franchigia di 150 euro in caso di operazioni non autorizzate, salvo che non sia provato che abbia agito con gravissima imprudenza. Così facendo, si alleggerisce il peso probatorio a carico del consumatore e si incentiva la tempestiva contestazione delle operazioni sospette.

Le disposizioni prevedono inoltre che il rimborso venga effettuato entro il termine della giornata operativa successiva alla richiesta, subordinando solo in un secondo momento la possibilità per la banca di rivalersi, se ricorrono determinati presupposti legati all’errore grave del cliente. Le autorità hanno anche impulso verifiche ispettive sulle banche, contestando comportamenti dilatori e inadempienze sui tempi di riaccredito; per questo, l’orientamento normativo e ispettivo rafforza il diritto del cliente a una tutela rapida e trasparente.

Le nuove regole modificano significativamente lo scenario delle responsabilità, estendendo il dovere della banca di implementare sistemi informatici resilienti e aggiornati e di garantire un’informazione chiara e puntuale ai clienti sulle procedure da attivare in caso di frode. Solo la dimostrazione effettiva di negligenza grave da parte del cliente può escludere il diritto immediato al rimborso.

Il ruolo della denuncia e del disconoscimento dell’operazione

Uno degli elementi cardine del sistema di protezione nei confronti dei correntisti riguarda la tempestività e l’efficacia del disconoscimento dell’operazione fraudolenta. In base alle ultime normative, non è più richiesta la presentazione immediata della denuncia alle autorità come condizione necessaria per ottenere il riaccredito, ma è sufficiente che il cliente comunichi formalmente alla banca la non autorizzazione della transazione.

Tuttavia, presentare una denuncia a Polizia o Carabinieri resta fortemente consigliato: il documento rafforza infatti la posizione del cliente sia in ambito bancario sia in eventuali contenziosi giudiziari, fornendo un riscontro ufficiale di quanto accaduto. In sostanza, mentre la legge impone all’ente bancario di dare riscontro sulla base del solo disconoscimento, l’ulteriore passo della denuncia consolida il quadro di estraneità e responsabilità, dimostrando la buona fede dell’utente.

Le banche, spesso, richiedono comunque la denuncia per una corretta istruttoria interna e per adempimenti assicurativi, ma il mancato deposito immediato dell’atto non può essere opposto come motivo per rifiutare il rimborso nella fase iniziale. La tempestività della segnalazione, al contrario, è sempre essenziale per evitare complicazioni, sia sotto il profilo della sicurezza sia per la gestione amministrativa. Le tempistiche di legge fissano in 13 mesi dal fatto il termine massimo per la contestazione, ma agire nelle prime ore dall’evento è sempre preferibile.

La procedura per ottenere il rimborso: tempi, modalità e diritti del cliente

Quando si subisce un’operazione bancaria non autorizzata, esiste un iter ben definito per ottenere la restituzione delle somme sottratte. Ecco i principali passaggi:

  • Segnalazione tempestiva all’istituto di credito della transazione sospetta, meglio se tramite i canali ufficiali (filiale, PEC, area clienti online);
  • Blocco degli strumenti di pagamento e attivazione delle procedure interne di sicurezza, per evitare ulteriori movimenti illeciti;
  • Compilazione del modulo di reclamo o contestazione, specificando gli estremi dell’operazione non riconosciuta e allegando eventuali prove (estratti conto, comunicazioni ricevute, ecc.);
  • Presentazione della denuncia alle autorità competenti (anche se non sempre obbligatoria, ma comunque molto raccomandata);
  • Attenzione alle tempistiche: la normativa prevede l’obbligo di rimborso entro la giornata operativa successiva al disconoscimento; il diritto permane fino a 13 mesi dal fatto, tuttavia agire nelle prime 24-48 ore è decisivo per l’efficacia della richiesta.
Diritti del cliente: secondo la normativa vigente, il correntista ha diritto al ripristino immediato del saldo anteriore alla frode salvo l’applicazione della franchigia prevista e fatti salvi i casi di dolo o colpa grave accertata. Se la banca non adempie o ritarda, si può presentare un ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) oppure avviare un’azione giudiziaria. In questa fase, risulta preziosa la consulenza di un avvocato specializzato in diritto bancario per valutare i documenti, redigere una diffida e difendere il cliente davanti all’ABF o in tribunale.
Fase Azioni chiave
Segnalazione Comunicazione alla banca e blocco carta
Denuncia Presentare denuncia (consigliato)
Richiesta rimborso Compilazione modulo, allegati documentali
Se risposta negativa Ricorso ABF o iniziative in sede civile

La franchigia di 150 euro: come funziona e possibili eccezioni

Tra gli aspetti più discussi nel rapporto tra cliente e banca in tema di frodi si trova la franchigia di 150 euro. Questa rappresenta l’importo massimo che può rimanere a carico del correntista in caso di operazione non autorizzata, prima che scatti l’obbligo dell’istituto di rimborsare integralmente la somma eccedente. La soglia della franchigia si applica solo in mancanza di dolo o colpa grave del cliente: qualora sia dimostrabile una negligenza grave (ad esempio, la comunicazione volontaria a terzi dei codici bancari), la banca può rifiutare il riaccredito integrale.

La franchigia si giustifica come tutela per la banca in situazioni dove, pur con tutte le cautele adottate dal sistema, una minima quota di rischio resta inevitabilmente a carico dell’utente. L’Autorità Bancaria Europea e il legislatore nazionale hanno stabilito la cifra di 150 euro come compromesso tra tutela del cliente e sostenibilità istituzionale.

Esistono però alcune eccezioni:

  • Se la truffa deriva da violazioni dei sistemi di sicurezza attribuibili alla banca o errori tecnici imputabili all’ente, la franchigia non si applica e il rimborso deve essere totale;
  • Nel caso di clonazione della carta o di sottrazione dei dati senza alcun comportamento negligente dal cliente, il principio generale impone la restituzione integrale delle somme sottratte;
  • Laddove sia provato il dolo o la colpa grave (ad esempio, comunicazione volontaria del PIN), la banca può invece negare il rimborso oltre la franchigia o addirittura escluderlo del tutto.
Anche in presenza di franchigia, è buona prassi allegare ogni elemento a sostegno della propria innocenza e tempestività nella segnalazione, per rafforzare la posizione anche in caso di esame da parte dell’ABF o del tribunale.

Le strategie delle banche per il recupero del risarcimento: quando possono richiedere indietro i soldi

L’impianto normativo attribuisce al consumatore un potere di contestazione molto ampio, ma non esclude che, in presenza di prove concrete di dolo o colpa grave, l’istituto bancario possa successivamente esercitare un’azione di recupero. Dopo aver rimborsato l’importo al cliente – come imposto entro la giornata successiva alla segnalazione – la banca è legittimata ad agire per rientrare in possesso delle somme qualora emergano elementi oggettivi che confermino gravi inadempienze o comportamenti dolosi dell’utente.

Tali azioni si fondano su:

  • L’eventuale accertamento giudiziario della responsabilità del cliente;
  • La produzione, da parte dell’istituto, di prove inconfutabili della negligenza (ad esempio, custodia inadeguata di strumenti di pagamento, mancata denuncia di smarrimento, comunicazione a terzi dei dati di accesso, ecc.);
  • La conclusione di indagini interne o di procedimenti penali che danno ragione alla banca;
  • L’azione civile per il recupero del risarcimento già erogato, anche con richiesta di restituzione della franchigia se ne ricorrono i presupposti.
Il cliente coinvolto in queste situazioni viene normalmente invitato a restituire la cifra già riconosciuta, oppure può essere convenuto direttamente in giudizio. Il rafforzamento della policy bancaria in materia di verifiche e raccolta delle prove consente agli istituti di rafforzare il proprio diritto di rivalsa solo in presenza di comprovata malafede o negligenza.

Criticità applicative e principali contenziosi tra banche e clienti

Nonostante la chiarezza delle norme, l’applicazione pratica presenta diverse criticità. Sono molti i casi in cui gli istituti bancari rallentano o rifiutano il rimborso sostenendo la mancata presentazione di una denuncia tempestiva o adducendo presunte anomalie nelle procedure di disconoscimento.

Tra gli aspetti più controversi si segnalano:

  • Interpretazioni restrittive delle condizioni contrattuali da parte delle banche, che talvolta impongono adempimenti non previsti dalla normativa (es. denuncia obbligatoria immediata);
  • Onere probatorio ribaltato, con pretese di prove impossibili per il cliente (come dimostrare di non avere condiviso dati con terzi);
  • Contestazioni su moduli e procedure di reclamo ritenute insufficienti o non conformi dagli istituti;
  • Allungamento dei tempi di risposta e comunicazione non trasparente sulle modalità di gestione della pratica;
  • Ricorsi crescenti all’Arbitro Bancario Finanziario e azioni legali individuali per l’affermazione dei propri diritti.
I dati sugli interventi di Banca d’Italia riportano come, ancora nel 2025, diversi ispettorati abbiano richiamato al rispetto puntuale delle norme, sanzionando ritardi nel riaccredito e carenze sul piano della comunicazione ai clienti. Le sentenze dei Tribunali e le decisioni dell’ABF hanno spesso riconosciuto la fondatezza delle ragioni dei correntisti, instaurando un trend giurisprudenziale favorevole ai consumatori.


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