La nuova tassa del 26% sulle plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus non si applica a tutti i proprietari.
Quando non si devono pagare le tasse maggiorate nel caso di vendita di una casa, di una villetta o di un appartamento ristrutturati con il superbonus 110? Chi ha ristrutturato la propria abitazione utilizzando il Superbonus e intende venderla prima dei 10 anni, deve infatti prepararsi a pagare una tassa del 26% sulla plusvalenza generata. Questa nuova imposizione fiscale riguarda gli immobili ristrutturati con le aliquote del Superbonus 110%, 90% e 70%.
L'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 13/E del 13 giugno, ha fornito chiarimenti su questa normativa, spiegando in dettaglio come si applica la tassazione. La motivazione alla base di questa imposta è legata all’aumento del valore degli immobili grazie ai lavori di ristrutturazione ed efficientamento energetico, che, al momento della vendita, generano una plusvalenza. Vogliamo perciò adesso vedere:
Innanzitutto, la tassa non si applica agli immobili venduti che sono stati utilizzati come abitazione principale. Questa esenzione copre anche i familiari del proprietario. Per beneficiare di questa deroga, l'immobile deve aver servito come residenza principale per la maggior parte dei dieci anni precedenti alla vendita o per il periodo compreso tra l'acquisto o la costruzione e la vendita stessa.
La normativa prevede anche un'esenzione per le seconde case, a condizione che siano state acquisite tramite eredità o donazione. Significa che, se la casa è stata ricevuta come parte di un'eredità o attraverso una donazione, la tassa del 26% sulla plusvalenza non viene applicata in caso di vendita entro il periodo dei dieci anni.
L'obiettivo dichiarato dell'esecutivo è identificare e tassare le operazioni di rinnovo e vendita degli immobili che mirano esclusivamente a trarre profitto dall'aumento del valore dell’immobile, reso possibile grazie agli incentivi del Superbonus.
La nuova tassa si applica a tutte le tipologie di immobili che hanno beneficiato del Superbonus, indipendentemente dal soggetto che ha eseguito gli interventi. Questo include non solo i proprietari, ma anche conduttori, comodatari o familiari conviventi che hanno effettuato i lavori. La tassa si focalizza sulla prima vendita dell'immobile entro dieci anni dalla fine dei lavori, senza riguardare le vendite successive.
La plusvalenza si realizza quando un immobile viene venduto a un prezzo superiore rispetto al suo costo di acquisto o di costruzione, incrementato dai costi relativi alla ristrutturazione. Questo guadagno, derivante dall’aumento del valore dell’immobile, è soggetto alla tassazione. La nuova imposta del 26% colpisce precisamente questa differenza di valore, ossia l'incremento generato dalla ristrutturazione incentivata dal Superbonus.
La tassa del 26% non si applica alla vendita delle abitazioni principali, ma colpisce tutte le altre categorie di immobili. Chi ha ristrutturato una seconda casa con il Superbonus e decide di venderla entro dieci anni dovrà restituire una parte dei benefici fiscali ottenuti, pagando l'imposta sulla plusvalenza.