Cosa significa esattamente mercati volatili? In economia e finanza, la volatilità è la misura dell'incertezza che circonda l'andamento dei prezzi di un'attività finanziaria. È, in parole semplici, l'indice della loro instabilità nel tempo. Un titolo azionario che oscilla frequentemente e in modo marcato è considerato molto volatile. Al contrario, un titolo che cambia valore lentamente e con pochi scossoni viene classificato come poco volatile.
A rendere la volatilità un elemento centrale nella gestione degli investimenti è la sua capacità di sintetizzare il livello di rischio percepito: maggiore è la volatilità, più difficile sarà prevedere con certezza l'andamento futuro del prezzo. Non si tratta solo di una nozione teorica, ma di un vero e proprio metro di giudizio utilizzato da banche, fondi, gestori patrimoniali e investitori individuali. È il cuore pulsante del mercato: quando accelera, segnala tensione o aspettative elevate, quando rallenta, suggerisce calma apparente o mancanza di fiducia. Capiamo meglio:
Come si calcola la volatilità dei mercati, strumenti e indici
Esempi reali di quando la volatilità fa la differenza
Dal punto di vista tecnico, la volatilità si misura attraverso formule statistiche, basate in genere sulla deviazione standard dei rendimenti. In pratica, si calcola quanto i rendimenti giornalieri (o settimanali, o mensili) di un titolo si discostano dalla loro media in un determinato periodo. Un valore alto indica che il prezzo tende a deviare molto dalla media, suggerendo incertezza e rischio. Un valore basso, al contrario, riflette stabilità e coerenza dei movimenti.
Nel linguaggio dei professionisti, si distinguono due tipi di volatilità: quella storica e quella implicita. La prima è un dato oggettivo, calcolato su base passata, mentre la seconda è un'anticipazione: si ricava dalle opzioni e riflette le aspettative che il mercato ha su quanto un titolo sarà volatile in futuro. In sostanza, la volatilità implicita è il nervosismo atteso dai trader.
A livello di mercato globale, uno degli indicatori più famosi è il VIX, il cosiddetto indice della paura, che monitora la volatilità attesa sull'indice S&P 500. Quando il VIX sale, significa che gli investitori si aspettano turbolenze; quando scende, il clima è più rilassato. In Europa esiste un equivalente chiamato VStoxx, che traccia la volatilità dell'EuroStoxx 50. Questi strumenti, benché non predicano il futuro, funzionano come termometri psicologici dei mercati, utili per proteggersi dal rischio o calibrare una strategia di investimento.
Per comprendere cosa sia la volatilità e perché sia importante, bastano pochi esempi pratici. Si prenda il caso di un titolo obbligazionario dello Stato, come un Btp italiano con scadenza a 10 anni. In condizioni normali, il prezzo di questo titolo subirà lievi variazioni giornaliere: l'investitore lo percepisce come un porto sicuro, con bassa volatilità. Ma se una crisi politica scuote la stabilità del Paese o la Banca Centrale cambia rotta sui tassi d'interesse, il valore del Btp può iniziare a oscillare con forza. In quel momento anche un titolo stabile diventa imprevedibile e la sua volatilità sale.
All'estremo opposto si collocano asset come le criptovalute, le cui oscillazioni giornaliere possono superare il 10-15%, anche in assenza di notizie rilevanti. Bitcoin, Ethereum e simili sono strumenti ad altissima volatilità, e proprio per questo attraggono investitori in cerca di rendimenti eccezionali ma anche disposti ad accettare perdite improvvise e vertiginose.
Un altro caso riguarda i mercati azionari durante la pandemia: nei primi mesi del 2020, le borse mondiali hanno visto il loro valore crollare con una rapidità storica, seguita da un'altrettanta vertiginosa risalita. In quel periodo, la volatilità ha raggiunto livelli record.