Il rimborso viene riconosciuto solo nel caso in cui l'abitazione sia intestata a uno dei coniugi e non a entrambi. In questa circostanza si parla di indennizzo per riparazioni, miglioramenti e addizioni.
Anche le migliori intenzioni possono naufragare nel corso del tempo. Pensiamo ad esempio a una coppia che decide di sposarsi e di mettere i beni in comune. Le esigenze cambiano e decidono di rendere più confortevole la propria casa accedendo a uno dei bonus in vigore e sostenendo le spese richieste.
Succede però che i rapporti tra i coniugi peggiorano fino a rendere inevitabile il divorzio. Ci domandiamo allora cosa succede ovvero se, come e quando scatta il rimborso delle quote versate a uno dei due coniugi, quello che ha mantenuto la disponibilità dell'abitazione.
Considerata l'estrema delicatezza della questione, che trova spazio anche nel Codice civile, non ci sorprende che anche i tribunali sono intervenuti a più riprese nella questione. Approfondiamo quindi:
Sono i dati a dimostrare come i casi delle spese per la casa sostenute da un solo coniuge su un bene in comune con l'altro siano molto frequenti.
La norma di base non prevede alcun rimborso dopo il divorzio. I beni acquistati da uno dei coniugi in regime di comunione dei beni, in cui rientrano anche le spese per la ristrutturazione - peraltro oggi molto comuni per via del nuovo bonus al 110% che si affianca ai tanti già esistenti - finiscano nella comunione legale.
Il rimborso viene riconosciuto solo nel caso in cui l'abitazione sia intestata a uno dei coniugi e non a entrambi. In questa circostanza si parla di indennizzo per riparazioni, miglioramenti e addizioni ed è commisurato all'aumento del valore patrimoniale dell’immobile.
A norma di legge possono fruire della detrazione i contribuenti assoggettati all'Irpef, in possesso degli immobili oggetto degli interventi e ne sostengono le relative spese.
Più nel dettaglio si stratta di soggetti che producono redditi in forma associata come società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti a questi equiparati, imprese familiari), alle stesse condizioni previste per gli imprenditori individuali; imprenditori individuali per gli immobili non rientranti fra i beni strumentali o beni merce; titolari di un diritto reale di godimento quali usufrutto, uso, abitazione o superficie. Ma anche coniuge separato assegnatario dell'immobile intestato all’altro coniuge; detentori ovvero locatari e comodatari dell'immobile; soci di cooperative a proprietà divisa e indivisa; proprietari o nudi proprietari; conviventi more uxorio; familiari conviventi; futuro acquirente.
Per la Corte di Cassazione, il coniuge che si sobbarca le spese per la ristrutturazione dell’immobile comune, potrà ripetere dall’altro soltanto le spese sostenute in un periodo successivo alla separazione. Difatti, non assume alcun rilievo il fatto che l’immobile de quo sia stato comprato con denaro di uno solo dei coniugi, poiché in costanza di matrimonio deve presumersi la sussistenza di una donazione indiretta
Secondo il Codice civile, ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni.
Nel secondo comma dell'articolo 192 viene precisato che è tenuto anche a rimborsare il valore dei beni, a meno che, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da lui compiuto, dimostri che l'atto stesso sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia.
Dopodiché ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale e impiegate in spese e investimenti del patrimonio comune. Quindi - stabilisce ancora la medesima disposizione - i rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento della comunione; tuttavia il giudice può autorizzarli in un momento anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente.