La Cassazione affronta il legame tra assegno divorzile e debiti tra ex coniugi: dalla normativa alle strategie legali, un quadro aggiornato per comprendere come debiti e regimi patrimoniali incidano su diritti e responsabilità dopo il divorzio.
Quando un matrimonio termina, la gestione degli aspetti economico-patrimoniali tra ex coniugi si trasforma spesso in una complessa trattativa, caratterizzata da interpretazioni normative, valutazioni giurisprudenziali e peculiari casi concreti. La tematica dell’assegno divorzile si intreccia inevitabilmente con la presenza di debiti contratti durante il matrimonio, generando domande sulle effettive responsabilità reciproche. Negli ultimi anni, la giurisprudenza della Cassazione ha fornito interpretazioni innovative, soprattutto in relazione ai debiti che uno degli ex coniugi abbia ancora nei confronti dell’altro o vanti a proprio carico. Ciò ha prodotto uno scenario nel quale la tutela del coniuge economicamente più debole si confronta con il principio, altrettanto rilevante, della responsabilità personale per obbligazioni rimaste insolute.
L’assegno riconosciuto in caso di cessazione legale degli effetti civili del matrimonio assume una funzione multipla: è sia strumento di solidarietà post-coniugale, che misura compensativa per chi abbia sacrificato la propria autonomia economica in favore del nucleo familiare. Ai sensi dell’art. 5 della legge n. 898/1970, modificata nel tempo, i giudici valutano:
Il regime patrimoniale scelto al momento del matrimonio (comunione legale dei beni o separazione) influenza in modo significativo le conseguenze economiche successive al divorzio. Nella comunione legale, i beni acquistati durante la vita matrimoniale diventano proprietà comune, ma ogni coniuge resta titolare in via esclusiva dei beni personali. Per quanto riguarda i debiti, occorre distinguere tra obbligazioni contratte nell’interesse della famiglia (debiti comuni) e debiti personali. In caso di debiti personali, la responsabilità si limita ai beni del debitore e, solo se insufficienti, si può intervenire sulla quota di comunione. Se invece il debito è sorto a vantaggio del nucleo familiare, entrambi i coniugi rispondono in solido con tutto il patrimonio comune.
Alla cessazione della comunione (per separazione personale ex art. 191 c.c.), i beni prima in comunione diventano di proprietà indivisa per ciascun ex coniuge; da quel momento, i creditori possono aggredire esclusivamente la quota del debitore. In regime di separazione dei beni, ciascun ex coniuge resta responsabile solo dei debiti contratti in proprio, senza possibilità di coinvolgimento del patrimonio dell’altro.
Questi principi assumono valore strategico nella determinazione dell’assegno divorzile: la presenza di debiti, soprattutto se relativi a obbligazioni verso l’ex partner, può modificare significativamente la valutazione del reddito disponibile e incidere sull’importo o sull’obbligo stesso dell’assegno. Una recente tendenza giurisprudenziale attribuisce rilievo anche alla situazione debitoria e ai pagamenti sospesi, imponendo una valutazione concreta del potere d’acquisto e della reale posizione finanziaria, evitando distorsioni che potrebbero favorire abusi o indebiti arricchimenti. In presenza di debiti vantati dall’ex coniuge a carico del richiedente l’assegno, la compensazione tra creditore e debitore può legittimare la riduzione o l’esclusione dell’obbligo di pagamento, in linea con quanto previsto dalle ultime sentenze.
Negli ultimi anni, la Corte di Cassazione è intervenuta più volte per chiarire come la presenza di debiti tra ex coniugi possa incidere sulla prestazione dell’assegno divorzile. La Suprema Corte ha stabilito che, qualora uno degli ex coniugi debba ancora corrispondere somme o sia debitore per motivi differenti (ad esempio, mancato rimborso di anticipi, prestiti personali tra le parti, spese familiari non sostenute), l’obbligo di versare l’assegno può legalmente venir meno o essere sospeso.
Questo orientamento nasce dalla necessità di evitare che il coniuge beneficiario, pur essendo debitore verso il partner obbligato all’assegno, possa percepire somme a titolo di mantenimento sottraendosi al soddisfacimento dei debiti maturati. Il principio chiave è quello della compensazione, previsto dal codice civile, che consente di neutralizzare obbligazioni opposte di pari valore. Nei fatti, se la moglie o il marito avente diritto all’assegno ha debiti verso l’ex (per somme certificate o accertate giudizialmente), il pagamento dell’assegno stesso può essere sospeso sino a concorrenza del dovuto, o addirittura escluso, secondo le direttive della Corte. I giudici sottolineano che questa soluzione garantisce la parità di diritti e doveri, anche in termini economici, evitando un ingiustificato vantaggio a favore del debitore inadempiente che si presenta come creditore di mantenimento. Ogni caso viene valutato sull’effettivo stato dei rapporti obbligatori reciproci e sulla regolarità documentale dei crediti e dei debiti esistenti tra gli ex partner. Inoltre, la recente giurisprudenza discute l’estensione di questo principio anche a debiti diversi da quelli alimentari (come spese straordinarie, anticipazioni, prestiti) purché emergano da decisioni giudiziali, accordi certificati o documentazione inequivocabile.