Coop Centro Italia e Unicoop Firenze siglano un accordo. Cosa succede nel mondo cooperativo?
L’accordo siglato da Coop Centro Italia con Unicoop Firenze prevede il passaggio di mano di 29 punti di vendita. Un patto che testimonia plasticamente la nascita di un percorso di collaborazione
Vanno avanti le iniziative tra le Coop stesse internamente o con altre realtà esternamente di organizzazione e di consolidamento per migliorare la propria presenza sul territorio, le vendite e in generale i risultati di tutte le molteplici attività che portano avanti.
In questo senso è da leggere l'accordo di Coop Centro Italia con Unicoop Firenze per la cessione di 29 punti vendita e negozi che consentirà a quest'ultima di gestire al meglio tutta la Toscana con una operazione che secodno diversi esperti è buona, anche se poi i risultati concreti e tangibili si potranno verificare nel medio-lungo termine.
Nello stesso sono buoni i numeri e i dati della stessa Coop Centro Italia, una delle maggiori cooperative italiane, che mostra una crescita dei bilanci sia come fatturato che come soci.
Ma nonostante tutti questi fattori certamente positivi, rimane ancora non risolto come sottolineano sempre alcuni esperti, ma non solo loro, il rischio di bolla per miliardi sui risparmi e il denaro gestito dalle Coop, come era stato denunciato due mesi fa circa.
E la denuncia arriva e arivava anche da appartenti alle Coop stesse e non solo da alcuni soci, ma dagli stessi lavoratori che si vedono ovviamente mincciati e a rischio i posti di laoro che sono milioni.
Un rischio , dunque, sia economico che finanziario che interessebbe in pratica per le ripercussioni tutti gli italiani e su cui anche diversi organi ufficiali hanno chiestodi fare chiarezza mentre la poliica si è mossa con una legge apposita, ma che al momento nonostante l'urgenza con cui era stata presentata rimane ferma...
Migliorano o tentano di migliorare le condizioni delle Coop con una serie di sinergie e acquisizione e scambi tra di esse e all'esterno e questo non può che essere positivo anche se i numeri reali e i risultati effettivi si edranno della bontà di queste operazioni solo nel medio-lungo termine. Nel frattempo i numeri pubblicati sono buoni, tra sociei e fatturato in crescita di una delle più grandi Coop italiane. E ripetiamo non può che essere positivo. Rimangono i dubbi e i problemi, però mersi già qualche tempo che mettono a rischio i risparmi di milionid italiani e i posti di lavoro su cui si doveva fare una legge e nulla si è fatto ancora nonostante le richieste di intervento provenienti dallo stesso mondo delle Coop
Coop Centro Italia cresce sempre di più sia in termini di soci che di fatturato. E questa lieta tendenza ha avuto una conseguenza concreta che testimonia come il soccorso cooperativo sia un aspetto molto, molto concreto. La Coop Centro Italia, infatti, ha siglato un accordo con Unicoop Firenze per il passaggio di consegne di alcuni punti vendita dell’area toscana nell’arco di un periodo di tempo che dovrebbe essere di tre o quattro anni.
In questo periodo i negozi, che rappresentano circa la metà dei sessantadue esercizi che costituiscono la rete commerciale a livello nazionale e il 37 per cento delle vendite, continueranno ad essere gestiti da Coop Centro Italia anche. L’operazione, che consoliderà ulteriormente il mondo della cooperazione italiana, si colloca su un valore di ottantacinque milioni di euro che verranno sborsati solo per la nuda proprietà.
Coop Centro Italia cresce sempre di più. Non solo per in termini di soci, ma anche di fatturato. Un periodo d’oro suggellato dal nuovo accordo con Unicoop Firenze. Un patto che, oltre a rendere ancora più solido il mondo cooperativo italiano consentirà anche di adottare nuove sinergie economiche e industriali. Strategie che puntano ad una sinergia industriale ed economica in grado di portare i frutti in termini di ulteriore crescita, in tempi relativamente brevi.
I dati di bilancio del 2017 sono molto positivi: Coop Centro Italia ha chiuso l’esercizio 2017 con un totale di quasi seicento milioni di euro per quanto riguarda le vendite. Un trend in crescita rispetto all’anno precedente con un utile di gestione stimato in circa dieci milioni e mezzo. I soci, come si diceva, sono in crescita di dodicimila unità. Così il totale sfonda il muro di 470.000 soci. La struttura patrimoniale risulta rafforzata e adeguata agli indici di Legge.
L’accordo siglato da Coop Centro Italia con Unicoop Firenze prevede quindi il passaggio di mano di 29 punti di vendita. Un patto che testimonia plasticamente la nascita di un percorso di collaborazione tra le due cooperative che vogliono così sviluppare nuove forme di collaborazione con un’ottimizzazione dei risultati operativi e delle future strategie di crescita. C’è chi però getta qualche ombra sulla portata reale di questa operazione definendola piuttosto un salvataggio da parte della cugina e molto potente Unicoop Firenze che, dall’alto del suo fatturato di 2,4 miliardi, di un patrimonio netto che ammonta a circa un miliardo e mezzo di euro con 104 punti vendita in sette province per 8.133 dipendenti e oltre un milione di soci è scesa in campo per togliere le castagne dal fuoco a Coop Centro Italia che opera invece con sessantadue punti vendita e realizza la metà delle vendite in Umbria, il 37% in Toscana e il resto tra Abruzzo e Lazio. La cooperativa umbra, infatti, era in sofferenza soprattutto per la maxi svalutazione di circa settantacinque milioni dei titoli Mps in portafoglio. I soci adesso sono molto curiosi di capire quali saranno le conseguenze, si spera ovviamente positive, di questo accordo.
Stando a quanto rivelato da una inchiesta della Stampa, il rischio bolla per il prestito sociale Coop è evidente per via di valori gonfiati delle partecipazioni azionarie messe a bilancio. Il tutto ricordando come per definizione il prestito sociale non è una raccolta di risparmio modello banche. Un'interpellanza del Movimento 5 Stelle ricorda come la legge indichi che la raccolta che può essere svolta dalle cooperative non può essere superiore a tre volte il patrimonio delle stesse cooperative. E se le cooperative raccolgono i soldi dei cittadini facendo vedere un patrimonio più grande del reale - mettono nero su bianco - la cosa può destare preoccupazione. Ci sono infatti esempi reali di cooperative già saltate in Friuli e in Emilia.
Una delle principali contestazioni mosse è l'assenza dei medesimi controlli a cui è soggetto il risparmio bancario da parte della Banca d'Italia rispetto al risparmio non bancario. Come fa notare Palazzo Koch, oltre che dal punto di vista normativo, esiste una discrepanza anche dal punto di vista dei costi associati. Un elemento di impatto sul costo - e di conseguenza sulla remunerazione offerta - del prestito sociale è rappresentato dalla mancanza di un obbligo di contribuzione a uno schema di assicurazione, a differenza delle banche che devono aderire a un Fondo di assicurazione dei depositi. Di conseguenza, in assenza di questo elemento, viene meno un costo secco per le società cooperative.
Dal punto di vista quantitativo, il fenomeno del prestito sociale ha raggiunto dimensioni di rilievo se comparato ai depositi bancari. Sempre la stessa Banca d'Italia fa notare come rispetto al sistema bancario, l'ammontare dei prestiti sociali per l'insieme delle società cooperative di maggiori dimensioni aderenti a Legacoop corrisponde a quello dei depositi di una banca di medie dimensioni. Se i tassi praticati ai prestiti ordinari sono compresi tra un minimo dello 0,65 per cento e un massimo del 3,1 per cento, mentre i prestiti vincolati fra un minimo del 2,2 per cento e un massimo superiore al 3 per cento. Palazzo Koch fa anche notare come i tassi offerti dalle società cooperative siano sensibilmente inferiori alla remunerazione offerta ai propri sottoscrittori dalle società che emettono minibond.
Sul fronte degli elementi che impattano sul costo del servizio in generale, le cooperative godono in generale di un regime fiscale favorevole. Sui prestiti sociali la ritenuta a titolo d'imposta è pari al 26 per cento come per i depositi bancari, ma i prestiti sociali non pagano alcun bollo annuale. Per la società cooperativa gli interessi riconosciuti ai soci possono essere dedotti fiscalmente entro il limite degli interessi riconosciuti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentati di 0,90 punti percentuali.
I soci e i avoratori delle Coop che rappresentano anche i risprmiatori hanno iniziato a raccontare le proprie esperienze di lavoro perso, ma anche di risparmi e soldi investiti drasticamente calati o nel nulla. E nonostante le rassicurazioni dei vertici, si ripropone il rischio per millioni di famiglie italiane e i loro risparmi
Nonostante il tentativo dei vertici Coop di gettare acqua sul fuoco, tra i soci inizia a serpeggiare preoccupazione per le incertezze relative ai 9 miliardi di euro di prestiti. Una cifra monstre che sarebbe a rischio nel caso nel caso di apertura di una crisi. Come dire, non ci sono certezze e si procede in delicato equilibrio come i funamboli. Succede adesso che nel cuore delle Coop, in Emilia, c'è già chi è passato dalle parole ai fatti con le prime proteste ovvero le mobilitazioni negli ipermercati. Il tutto il attesa del 27 settembre, quando in calendario c'è l'incontro a Roma con Legacoop. Le premesse non sono affatto incoraggianti e, senza troppi giri di parole, c'è chi pronuncia la pesantissima parola di tradimento. La vicenda è insomma sotto gli occhi dell'opinione pubblica e gli sviluppi sono tutti da scoprire.
A seguire da vicino la vicenda è il quotidiano La Stampa, autore dell'inchiesta, con un focus su quanto avvenuto a Reggio Emilia con i soci spiazzati rispetto alle novità di questo modello di sviluppo finanziario. Dai racconti di vita vera, emerge non solo come molte proposte non siano state accolte, quali la creazione di un fondo di garanzia a copertura delle perdite subite dai sottoscrittori, ma anche come la perdita di lavoro, denaro prestato e perfino abitazioni da parte delle coop edilizie. Perché poi esistono casi concreti in cui i fallimenti sono diventati concreti per cui ai primi scricchiolii è inevitabili che scatti immediatamente l'allarme dei soci Coop.
Il prestito Coop è uno strumento attraverso il quale il socio può finanziare la Cooperativa e tutelare il suo risparmio. Semplicità, assenza di spese e una interessante remunerazione caratterizzano il servizio, così come presentato da Coop, ma con l'incognita della sicurezza degli ultimi tempi. I prelievi e i versamenti possono essere effettuati in contanti, con assegno o tramite bonifico. La garanzia sulle somme prestate è data dalla solidità patrimoniale della Cooperativa. Ogni socio può aprire un libretto nominativo di prestito sociale nel quale versare l'importo voluto, fino al tetto massimo consentito dalla legge. Ma proprio l'assenza di un sistema di controlli serrati viene considerato il principale vulnus.
A differenza di quanto accade con gli istituti di credito, l'attenzione della Banca d'Italia è molto più attenuata. Stando al regolamento sul prestito sociale approvato dalla Coop, al socio prestatore deve essere fornita, almeno una volta all'anno e alla scadenza del contratto, una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto contenente ogni elemento necessario per la comprensione del rapporto. Completezza e chiarezza, dunque. Il socio può richiedere che la comunicazione annuale gli venga fornita su supporto elettronico.
In mancanza di opposizione scritta entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione o dalla pubblicazione sul sito web nell'area riservata, le operazioni e i dati contenuti nella comunicazione si intendono approvati dal socio a tutti gli effetti. Più precisamente, in questa comunicazione, la cooperativa espone i risultati dell'attività di vigilanza svolta internamente dal collegio sindacale, oltre a illustrare l'andamento della cooperativa stessa come risulta dal bilancio e dai programmi di investimento e il rispetto delle linee guida approvate dal Consiglio di amministrazione in materia di politica di investimento finanziario. La percentuale di prestito sociale da mantenere sempre liquida o in attività prontamente liquidabili non può essere inferiore
Con riferimento alla determinazione della percentuale massima di immobilizzazione del prestito, e che non dovrà superare il 30% del prestito raccolto tra i soci, in sede di chiusura del bilancio sono messi a confronto tre valori: l'ammontare del prestito sociale, il totale delle immobilizzazioni, i mezzi di copertura delle immobilizzazioni diversi dal prestito sociale.