Quali sono tempi e modi in cui può scattare un pignoramento, come difenderlo e come fare ad evitarlo proprio: chiarimenti
Quando scatta un pignoramento, come evitarlo prima e come difendersi una volta avviato in base nuove leggi e sentenze? Il pignoramento è una procedura di espropriazione forzata che scatta nei confronti di un debitore e che può interessare case, terreni e altri beni immobili, conti correnti, altri beni mobili e altre tipologie di beni. In ogni caso, un pignoramento scatta in tempistiche precise e secondo regole precise.
Quando scatta un pignoramento
Come evitare che scatti il pignoramento
Come difendersi quando scatta un pignoramento
Quando scatta un pignoramento
Perché scatti un pignoramento, di conti correnti, case o altri beni sia immobili che mobili è necessario che trascorra diverso tempo e che si seguano regole specifiche dai limiti da rispettare per un pignoramento.
Per il 2023, per effetto della nuova rivalutazione, l’importo dell’assegno sociale è aumentato a 503,27 euro al mese per 13 mensilità e il pignoramento dello stipendio dipende dall’importo dell’assegno sociale perché non è possibile pignorare il minimo vitale, pari al doppio dell’assegno sociale e non può mai essere inferiore a mille euro.
Se, dunque, l’importo dell’assegno sociale è di 503,27 euro, il minimo vitale 2023 è di 1.006,54 euro ed è impignorabile mentre il pignoramento dello stipendio può avvenire in misure differenti oltre tale importo.
Secondo le nuove leggi in vigore, si può pignorare lo stipendio presso il datore di lavoro nel 2023 solo nel limite di un quinto, mentre se il creditore è Agenzia Entrate Riscossione, i limiti per il pignoramento dello stipendio sono di:
un quinto per stipendi sopra 5.000 euro;
un settimo per stipendi fino a 5.000 euro;
un decimo per stipendi fino a 2.500 euro
Passando, invece, ai limiti di pignoramento su un conto corrente, le leggi prevedono, in base al saldo disponibile sul conto, la possibilità di pignorare solo la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale, cioè 1.404,30 euro considerando l’importo dell’assegno sociale di 503,27.
Un pignoramento può scattare anche presso terzi, permettendo al creditore di procedere al recupero dei crediti presso il debitore ma in possesso di un altro soggetto.
Con la nuova legge approvata, il pignoramento presso terzi viene notificato al debitore iniziale del titolo esecutivo e dell’atto di precetto e coinvolge tre soggetti che sono:
creditore procedente, parte attiva in senso sostanziale e processuale;
debitore esecutato, parte passiva in senso sostanziale e processuale;
terzo pignorato, parte solo in senso processuale.
Per il pignoramento versi terzi sono cambiate le competenze: per il pignoramento di beni mobili presso terzi, la competenza è del giudice, quindi il tribunale, del luogo in cui si trovano i beni, mentre per il pignoramento di crediti la competenza è del giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
Se, invece, il debitore è una pubblica amministrazione, la competenza è del Tribunale del luogo in cui il terzo ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
Le novità relative al pignoramento riguardano anche le procedure: il pignoramento presso terzi deve, infatti, essere notificato al debitore iniziale del titolo esecutivo e dell’atto di precetto e la notifica può essere effettuata dall’avvocato tramite Pec, posta elettronica certificata, o tramite Ufficiale Giudiziario.
Come evitare che scatti il pignoramento
Se è vero che quando non si rispetta il pagamento di un debito si rischia che scatti un pignoramento di casa, conti correnti o altri beni, è anche vero che esistono sistemi che permettono di evitare che scatti un pignoramento, dal pagamento del debito contratto, pur se in ritardo, a ulteriori specifici meccanismi.
E’ possibile evitare che scatti il pignoramento ricorrendo alla legge 3/2012, nota come legge salva suicidi, soluzione per le persone che si trovano in gravi condizioni economiche e non riescono più a pagare i debiti che hanno accumulato nel corso del tempo.
Possono usufruire della Legge salvasuicidi per evitare il pignoamento sia imprenditori che cittadini privati ma anche tutti coloro che non hanno alcun patrimonio prontamente liquidabile o non sono possono pagare i debiti contratti, con possibilità di ottenere la totale cancellazione del debito e ripartire da zero.
La cancellazione dei debiti con la legge salva suicidi prevede diverse soluzioni, che sono:
concordato minore, per coloro che hanno debiti derivanti da un esercizio d’impresa, come i professionisti, gli imprenditori minori, gli imprenditori agricoli, le start-up, e prevede la possibilità di raggiungere un accordo con i creditori per un più agevole pagamento del debito;
ristrutturazione del debito del consumatore, che consiste nel proporre al giudice di competenza un piano di rientro sostenibile per chi ha contratto debiti sia in ambito privato e sia in ambito di attività d’impresa;
liquidazione controllata, che prevede la vendita delle proprietà del debitore per ripagare gli interessi dei creditori e, se intraprendendo questa strada non si riesce a ripagare tutto il debito, quest’ultimo diventa inesigibile e il debitore è comunque libero;
possibilità di accedere ad una procedura familiare, per sostenere la cancellazione del debito di un soggetto incapiente.
La legge sul sovraindebitamento per evitare il pignoramento prevede pposita procedura con seguenti passaggi:
presentazione domanda, da compilare e trasmettere per mail o fax alla Segreteria dell’OCC, Organismo di Composizione della Crisi competente per territorio;
valutazione preliminare, fase in cui la segreteria esamina l’istanza e valuta se il debitore è effettivamente in possesso di tutti i requisiti necessari per accedere alla procedura;
accettazione preventivo, se la valutazione è positiva, la Segreteria trasmette al debitore un preventivo dei costi della procedura, comprensivo del compenso del gestore della crisi;
nomina del gestore della crisi, che assume il compito di verificare la situazione di sovraindebitamento del debitore;
successivo incontro con il gestore della crisi, che permette al debitore di incontrare, e anche più volte se necessario, il gestore per descrivere personalmente la propria situazione e i motivi che hanno portato ad importante sovraindebitamento;
piano di soluzione della crisi, che avviene quando il gestore, dopo aver esaminato tutta la documentazione, suggerisce al debito il miglior piano di soluzione della crisi;
omologa del piano, che prevede l’attestazione di veridicità e fattibilità da parte del gestore del piano di risoluzione del debito e lo trasmette al giudice per l’omologa.
Quando il debitore ottiene l’omologa, può pagare i propri debiti in maniera agevolata con modalità e tempi previsti dal piano di soluzione della crisi.
Altro sistema per evitare il pignoramento è pagare con una delle sanatorie fiscali ancora in vigore, come quella ancora possibile fino al prossimo 31 ottobre 2023 per pagare cartelle e multe con il versamento di 200 euro in misura fissa, o in due rate o in un’unica soluzione, per saldare i propri debiti con il Fisco derivanti da violazioni di natura formale commesse fino al 31 ottobre 2022 e per chi decide di pagare in due rate, con la seconda fissata entro il 31 marzo 2024.
Possono aderire a questa sanatoria i contribuenti che ricevono avvisi o cartelle per violazioni formali relative a imposte sui redditi, Iva e Irap commesse fino al 31 ottobre 2022.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, rientrano nelle violazioni formali che possono essere regolarizzate con il pagamento dei 200 euro:
omessa comunicazione della proroga o della risoluzione del contratto di locazione soggetto a cedolare secca;
invio tardivo di fatture e corrispettivi;
invio in ritardo della comunicazione Iva, o altre comunicazioni tardive;
trasmissione irregolare di corrispettivi.
Come difendersi quando scatta un pignoramento
Per difendersi quando scatta un pignoramento, in alcuni casi si può ricorrere a quanto sentenziato dalla Corte di Giustizia europea che permette di bloccare il pignoramento (di una casa) nel 2023 pur se già attivo.
La sentenza ha affermato che se il contratto stipulato tra banca e cliente contiene clausole abusive, il cliente può fare ricorso anche se è già stata avviata la procedura di pignoramento e ottenere anche un blocco sul pignoramento di una casa già all’asta.
Le clausole contrattuali considerate abusive sono quelle che non rispettano principi di buona fede ed equità, come:
risarcimento per inadempienza contrattuale da parte della banca;
esclusione o limite alla responsabilità della banca se il consumatore muore o subisce lesioni per un atto o un'omissione da parte dello stesso istituto di credito;
risarcimento unilaterale per annullamento, che permette alla banca di trattenere gli anticipi se il consumatore annulla il contratto;
annullamento con breve preavviso, che permette all'istituto di credito di risolvere, appunto con breve preavviso, un contratto senza un termine fisso di scadenza;
modifiche unilaterali del contratto, che permettono all'istituto di credito di apportare modifiche ad un contratto unilateralmente senza necessità di fornire alcune giustificazione;
annullamento del contratto unilaterale da parte della banca in determinati casi e a specifiche condizioni;
proroghe automatiche dei contratti a tempo determinato, per cui ogni cliente deve obbligatoriamente comunicare la sua intenzione di risoluzione del contratto prima della sua scadenza per evitare che sia automaticamente prorogato;
clausole occulte, che rappresentano un vincolo per i clienti pur se non erano chiaramente specificate prima della firma del contratto.
In base a questa nuova sentenza, è possibile bloccare il pignoramento anche quando è stato già avviato il procedimento di messa all’asta di una casa. Per effetto della nuova sentenza della Cassazione, per decidere se effettivamente una casa può essere all’asta o essere riacquisita dal debitore, il giudice deve valutare prima se il decreto ingiuntivo è stato emesso sulla base di clausole abusive contrarie ai diritti del consumatore.
Altra sentenza che permette di difendersi da un pignoramento è quella emessa dalla Corte di Giustizia tributaria di Siracusa secondo cui l’Agente della riscossione non può pignorare crediti vantati dal contribuente verso enti pubblici se sono decorsi 60 giorni dal fermo delle somme.
La sentenza trae origine dalla normativa che permette al Fisco di avviare la procedura speciale di pignoramento prevista dalla legge esattoriale secondo cui l’Agente della riscossione può attuare direttamente il pignoramento, senza rivolgersi al giudice ordinario, ottenendo il pagamento dei crediti vantati con un’espropriazione forzata nei confronti del terzo ma solo entro il termine dei sessanta giorni.
Tuttavia, decorso tale termine, il pignoramento non può più essere disposto dall’Agente della riscossione ma deve avvenire solo tramite Tribunale, per cui i contribuenti possono ottenere il pagamento dei loro crediti, facendo dichiarare inefficaci i pignoramenti disposti fuori termine per intervenuta decadenza.