Come cambiano ancora le regole sul pignoramento: ecco cosa prevedono ultime novità dopo recenti modifiche già approvate
Quali sono le nuove regole sul pignoramento si aggiungono ai limiti appena aggiornati e legge recentemente modificata? Quando si parla di pignoramento, significa mettere decisamente ansia ai contribuenti che sono in debito con il fisco e con enti come banche, finanziarie ma anche creditori privati. E’, tuttavia, una procedura molto lunga e complessa che scatta solo dopo un lunghissimo periodo in cui un contribuente non salda il proprio debito. Vediamo quali sono le ultime novità relative al pignoramento.
Secondo la Cassazione, un debitore, che sia lo Stato, Enti regionali, o comunali ecc, possono chiedere il pignoramento della Tfs per recuperare debiti insoluti con il Fisco nei casi di cartelle esattoriali esecutive già avviate e non pagate.
Il pignoramento di Tfs e Tfr può avvenire solo quando i debiti diventano esigibili ed erogabili per il debitore e anche in tal caso, però, il pignoramento deve rispettare specifici limiti stabiliti dalla legge. I limiti fissati per il pignoramento del Tfs e del Tfr sono nella misura del 20% della liquidazione, cioè di un quinto.
Se è vero che il Dl aiuti bis ha stabilito che le pensioni più basse di importo fino a mille euro non possono essere pignorate, è anche vero che ci sono ultime novità in merito. E' possibile pignorare la pensione o prima che questa venga pagata, pignorando quindi l’importo direttamente all’Inps che trattiene le somme pignorate per poi versarle direttamente al creditore, o dopo che la pensione viene versata sul conto corrente postale o bancario e in tal caso il pignoramento non viene notificato all’Inps ma all’Istituto di credito presso cui il pensionato ha il conto.
Quando il pignoramento avviene direttamente all’Inps, il creditore può pignorare solo un quinto della pensione, sottraendo comunque il minimo vitale per la sopravvivenza, e tale limite si abbassa ulteriormente quando il creditore è l’Agente per la Riscossione esattoriale (ad esempio Agenzia Entrate Riscossione). In tal caso, in presenza di cartelle esattoriali non pagate, si può pignorare solo un decimo della pensione se questa non supera 2.500 euro o un settimo se la pensione è superiore a 2.500 euro ma non oltre 5.000 euro.
Per le pensioni superiori ai 5mila euro il pignoramento è di un quinto. Se, invece, il creditore, sia che si tratti del Fisco e sia che si tratti di un creditore privato, decide di pignorare la pensione prima che venga erogata, notificando l’atto di pignoramento direttamente all’Inps, le pensioni fino a mille euro non possono essere toccate. Le regole però, senza alcuna apparente motivazione, cambiano se il pignoramento viene fatto dopo che la pensione viene accreditata sul conto corrente.
Se la pensione viene accredita sul conto corrente, non si può mai pignorare la giacenza presente alla data della notifica dell’atto di pignoramento se non eccede il triplo dell’assegno sociale, cioè l’importo di 1.509,81 euro. E’ infatti possibile pignorare in tal caso solo l’eccedenza.
Se, per esempio, su un conto ci sono 1.200 euro non si può pignorare nulla, ma se ci sono 2.000 euro si possono pignorare 490,19 euro, risultato della differenza tra 2.000 e 1.509,81. Dunque, non sussiste più il limite di pignoramento per le pensioni minime fino a mille euro, ma resta sempre fermo il limite di un quinto per ogni mese, in generale.
Quali sono nuovi limiti appena aggiornati per pignoramento
Le nuove leggi sui pignoramenti sono solo le ultime arrivate di recente sulle norme relative al pignoramento. Sono stati, infatti, fissati i nuovi limiti al pignoramento di stipendi e conto correnti, che vengono aggiornati ogni anno perché variano e dipendono dall’importo dell’assegno sociale, che si modifica ogni anno, perché è soggetto a rivalutazione.
Per il 2023, per effetto della nuova rivalutazione, l’importo dell’assegno sociale è aumentato a 503,27 euro al mese per 13 mensilità. Il pignoramento dello stipendio dipende dall’importo dell’assegno sociale nella misura in cui, per legge, non si può pignorare il minimo vitale, che è pari appunto al doppio dell’assegno sociale e non può mai essere inferiore a mille euro.
Se, dunque, l’importo dell’assegno sociale è di 503,27 euro, il minimo vitale 2023 è di 1.006,54 euro. Il pignoramento dello stipendio può avvenire in misure differenti oltre tale importo, che diventa dunque impignorabile.
E’ possibile pignorare lo stipendio secondo i limiti previsti dalla legge sia presso il datore di lavoro e sia sul conto corrente dove viene accreditato. In particolare, si può pignorare lo stipendio presso il datore di lavoro nel 2023 solo nel limite di un quinto, mentre se il creditore è Agenzia Entrate Riscossione, i limiti per il pignoramento dello stipendio sono di:
un quinto per stipendi sopra 5.000 euro;
un settimo per stipendi fino a 5.000 euro;
un decimo per stipendi fino a 2.500 euro
Passando, invece, ai limiti di pignoramento su un conto corrente, le leggi in vigore 2023 prevedono, in base al saldo disponibile sul conto, la possibilità di pignorare solo la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale, cioè 1.404,30 euro considerando l’importo dell’assegno sociale, come detto, nel 2023 di 503,27.
Cosa prevedono nuove leggi per pignoramento presso terzi
Ulteriori novità già approvate relative al pignoramento presso terzi riguardano la procedura di cosiddetto pignoramento verso terzi, che permette al creditore di procedere al recupero dei crediti presso il debitore ma in possesso di un altro soggetto.
Il pignoramento presso terzi viene notificato al debitore iniziale del titolo esecutivo e dell’atto di precetto. Il pignoramento presso terzi coinvolge, infatti, tre soggetti che sono:
creditore procedente, parte attiva in senso sostanziale e processuale;
debitore esecutato, parte passiva in senso sostanziale e processuale;
terzo pignorato, parte solo in senso processuale.
Il pignoramento versi terzi, che coinvolge creditore procedente, parte attiva in senso sostanziale e processuale; debitore esecutato, parte passiva in senso sostanziale e processuale; e terzo pignorato, parte solo in senso processuale, viene notificato al debitore iniziale del titolo esecutivo e dell’atto di precetto e ha competenza diversa. In particolare, per il pignoramento di beni mobili presso terzi, la competenza è del giudice (dunque il Tribunale) del luogo in cui si trovano i beni, mentre per il pignoramento di crediti la competenza è del giudice (quindi il Tribunale) del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
L’unica eccezione in tal senso è rappresentata dal caso in cui il debitore è una pubblica amministrazione: la competenza, infatti, è del Tribunale del luogo in cui il terzo ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
Le novità relative al pignoramento riguardano non solo le competenze ma anche le procedure: il pignoramento presso terzi deve, infatti, essere notificato al debitore iniziale del titolo esecutivo e dell’atto di precetto e, a partire dal 22 giugno 2022, la notifica può essere effettuata dall’avvocato anche a mezzo PEC, posta elettronica certificata, o avvalendosi dell’Ufficiale Giudiziario.
Dunque, a decorrere dal 22 giugno 2022, nelle procedure pignoramento presso terzi, i nuovi adempimenti sono a carico del difensore del creditore ed è sempre necessario notificare l'avvenuta iscrizione a ruolo sia al debitore esecutato che al terzo pignorato e la prova dell’avvenuta notifica deve essere depositata nel fascicolo della procedura esecutiva entro la data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento presso terzi.