Secondo Salvini, il superbollo un'anomalia che frena il mercato delle auto sportive, penalizza i costruttori che vendono sul territorio nazionale e riduce le entrate fiscali.
Dichiarazioni nette da parte del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, durante il Dealer Day 2025 a Verona. Al centro dell'intervento la difesa della circolazione delle auto Euro 5 anche dopo il 2025 e la concreta di abolizione del superbollo, l'imposta sul possesso di auto ad alte prestazioni.
La questione delle auto diesel Euro 5 è diventata un nodo del confronto tra politica, enti locali e cittadini. In diverse regioni del Nord Italia sono già stati annunciati provvedimenti restrittivi alla circolazione per questi veicoli dal primo ottobre 2025. L'obiettivo delle autorità regionali è ridurre l'inquinamento nei centri urbani attraverso una progressiva eliminazione dei veicoli più inquinanti.
Matteo Salvini ha definito questo scenario una "guerra contro i cittadini onesti" per cui milioni di italiani rischiano di ritrovarsi con un'auto non più utilizzabile, pur avendola acquistata in buona fede meno di dieci anni fa. In particolare, ha proposto l'introduzione di norme nazionali armonizzate, che evitino il proliferare di regolamenti regionali difformi e offrano un quadro stabile per i cittadini.
Il secondo punto è il superbollo: una tassa introdotta nel 2011 che prevede il pagamento di 20 euro per ogni kW eccedente i 185 kW, pari a circa 251 CV. Un'imposta che ha frenato il mercato delle auto sportive e di lusso e che ha spinto molti italiani a immatricolare i veicoli all'estero per evitare il sovrapprezzo. Secondo Salvini, il superbollo è una “tassa ideologica” che non produce reali benefici economici, penalizza il mercato interno e frena la crescita di settori ad alto valore tecnologico. La promessa è quella di abolirlo in modo graduale, cominciando da un rialzo della soglia minima per poi arrivare all'eliminazione definitiva entro il 2026.
Secondo Salvini, il superbollo è un'anomalia che frena il mercato delle auto sportive, penalizza i costruttori che vendono sul territorio nazionale e riduce le entrate fiscali, a causa della tendenza a registrare i veicoli all'estero. Secondo le cifre, a fronte di un introito annuo stimato attorno ai 200 milioni di euro, il danno indiretto in termini di vendite mancate, perdita di gettito Iva e delocalizzazione delle immatricolazioni è superiore. Non a caso, molte case automobilistiche hanno iniziato a proporre versioni depotenziate dei propri modelli per evitare che questi superassero la soglia fatidica.
Il piano di Salvini prevede una eliminazione progressiva della tassa, in due fasi: la prima consiste nell'alzare la soglia minima oltre i 185 kW, escludendo così una parte delle vetture oggi colpite; la seconda è l'abolizione definitiva, prevista per il 2026. Secondo il ministro, le coperture economiche per sostenere questa riforma ci sono, e l'effetto positivo sul mercato sarà duplice: da un lato, rilancio delle vendite di auto ad alte prestazioni, dall'altro recupero fiscale attraverso Iva e imposte di registro. Si tratterebbe, nelle parole di Salvini, di “una restituzione di dignità fiscale” al settore automotive, da troppo tempo considerato solo come un bancomat fiscale.