Quali sono i casi in cui è possibile ottenere un risarcimento se le Forze pubbliche ritardano a far sgomberare una casa occupata abusivamente o da un inquilino che non vuole lasciarla: cosa prevede la normativa vigente
L’occupazione non autorizzata di immobili rappresenta una problematica rilevante in Italia sia per la dimensione quantitativa, sia per le implicazioni giuridiche e sociali. Recenti dati fotografano una realtà con oltre 50.000 unità tra edilizia pubblica e privata coinvolte nel fenomeno, con impatti non trascurabili sul patrimonio e sulla sicurezza giuridica dei proprietari. Il prolungato uso illecito della proprietà immobiliare da parte di terzi priva i legittimi titolari della possibilità di disporne liberamente, generando danni sia economici sia personali.
Il concetto di occupazione abusiva si concretizza quando una persona prende possesso di un immobile altrui senza alcun titolo giuridico, ovvero senza il consenso del proprietario o in assenza di un valido contratto.
Tale condotta si distingue da eventuali rapporti in cui l’ingresso iniziale sia stato autorizzato ma il possesso è trattenuto oltre i termini previsti o in assenza di legittimità, come accade in caso di inquilino che non libera l’alloggio alla scadenza del contratto di locazione.
Dal punto di vista penale, il sistema italiano ha di recente introdotto nuove disposizioni sanzionatorie tramite il DDL Sicurezza, che ha previsto il reato di occupazione arbitraria di immobili, con pene da due a sette anni per chi occupa un immobile altrui con violenza, minaccia o raggiro.
Oltre agli aspetti penali, il codice civile offre strumenti per la reintegrazione nel possesso, consentendo al proprietario di chiedere al giudice l’ordine di rilascio dell’immobile. Il procedimento esecutivo può prevedere, ove necessario, l’ausilio della Forza pubblica per rendere effettiva la liberazione.
L’ordinamento distingue tra:
La definizione di un nuovo obbligo per lo Stato di risarcire i proprietari per occupazioni di casa è legato alle situazioni in cui la Pubblica Amministrazione, pur essendo sollecitata dal giudice, ritarda nell’esecuzione dello sgombero dell’immobile occupato. I proprietari, in queste circostanze, subiscono un doppio pregiudizio: da un lato, la privazione dell’utilizzo del bene; dall’altro, l’inerzia delle autorità incaricate, che possono procrastinare lo sgombero per motivi non ritenuti insuperabili dalle normative e dalla giurisprudenza.
La Corte di Cassazione ha negli ultimi anni delineato che la mancata tempestiva esecuzione di provvedimenti giudiziari di rilascio dell’immobile costituisce fonte di responsabilità per la Pubblica Amministrazione.
In particolare, spetta al Ministero dell’Interno, quale ente responsabile della polizia e delle forze dell’ordine, garantire il supporto necessario all’Ufficiale Giudiziario incaricato dell’esecuzione, salvo i casi eccezionali di forza maggiore. Gli ostacoli di natura organizzativa o la priorità data ad altri interessi non sono considerati motivi legittimi per ulteriori rinvii.
La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 24053 del 28 agosto 2025 costituisce uno spartiacque nella tutela della proprietà contro le occupazioni abusive. Questa pronuncia afferma che la Pubblica Amministrazione ha un obbligo giuridico incondizionato di eseguire tempestivamente i provvedimenti giurisdizionali di rilascio degli immobili. Solo specifiche cause di forza maggiore, come impedimenti oggettivi e imprevedibili, giustificano un ritardo nell’esecuzione; difficoltà organizzative, tensioni sociali o esigenze di mediazione non integrano tale causa. Ne deriva:
Quando la Pubblica Forza ritarda ingiustificatamente lo sgombero, l’ammontare del danno da riconoscere non si limita a una valutazione forfettaria. I criteri stabiliti dalla giurisprudenza partono dalla stima del valore locativo dell’immobile, cioè il reddito potenzialmente perso durante il periodo di occupazione abusiva non interrotta da interventi tempestivi.
Il risarcimento comprende: