Quali sono i motivi per cui si intentano cause sul lavoro soprattutto nella Pubblica Amministrazione, chi le fa principalmente e quando si può vincere
Negli ultimi cinque anni, l’andamento delle cause sul lavoro PA ha evidenziato un aumento pari al quadruplo rispetto al periodo precedente, con effetti tangibili sia nelle aule giudiziarie sia nella gestione del personale pubblico. Tra le ragioni di questa crescita troviamo l’emergere di nuove istanze di giustizia lavorativa, l’intensificarsi delle aspettative dei lavoratori e l’evoluzione del quadro normativo che regola le relazioni tra dipendenti e amministrazioni pubbliche.
La quadruplicazione delle azioni giudiziarie nel pubblico impiego è il risultato di una combinazione di fattori strutturali e congiunturali. In primo luogo, l’instabilità contrattuale che ha caratterizzato il mondo della PA negli ultimi anni, segnata da blocchi prolungati delle assunzioni e da un utilizzo estensivo di contratti a termine, ha alimentato la crescita di ricorsi da parte di lavoratori precari in cerca di stabilizzazione.
Un aspetto peculiare è rappresentato dalle numerose controversie emerse nel comparto scolastico, dove l’elevato numero di personale a tempo determinato e le continue modifiche legislative sulle graduatorie hanno generato incertezza e acceso una vera e propria corsa ai tribunali.
Tra le principali cause sul lavoro PA spiccano alcune tipologie ricorrenti di contenziosi, spesso legati agli snodi critici della carriera, alla gestione dei rapporti di lavoro e agli aspetti disciplinari. Le principali motivazioni includono:
Anche i lavoratori precari risultano tra i principali attori dei procedimenti giudiziari contro la PA, in particolare nell’ambito scolastico e sanitario. Il contenzioso nasce prevalentemente dalla reiterazione di contratti a termine, spesso prolungati per anni senza prospettive di immissione in ruolo. La domanda ricorrente è quella di equiparazione ai colleghi assunti a tempo indeterminato, con richiesta di riconoscimento delle differenze retributive, contribuzione previdenziale e, ove possibile, di assunzione stabile.
Le pronunce dei tribunali spesso riconoscono il diritto al risarcimento, più che all’assunzione, in assenza di una procedura concorsuale pubblica, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia Europea.
Le contestazioni disciplinari rappresentano una parte significativa nelle cause nel lavoro pubblico. La recente evoluzione normativa, incentrata sul rafforzamento del potere sanzionatorio e dei meccanismi di trasparenza, ha accentuato i contenziosi relativi ai licenziamenti per giusta causa, alle sospensioni dal servizio e alle sanzioni minori.
Le questioni tipiche riguardano assenze ingiustificate, utilizzo improprio dei beni della PA ed esempi di condotta lesiva dell’immagine pubblica. La specificità delle tutele e la rigidità procedurale aumentano la possibilità di contenzioso, anche a seguito di archiviazione penale che non esclude in automatico il procedimento interno.
Le cause legate alle progressioni di carriera dipendono da criteri di valutazione, sui concorsi interni e sull’applicazione delle regole concorsuali. L’accertamento della legittimità delle selezioni e il rispetto della parità di condizioni costituiscono terreno fertile per liti giudiziarie.
Altre controversie frequenti vertono sulla corresponsione di indennità, ferie non godute, straordinari e differenze di trattamento economico legate alle varie qualifiche. Non mancano casi relativi a illegittimità delle graduatorie per scorrimenti o esclusione da incarichi dirigenziali, con richieste di risarcimento o riconoscimento di mansioni superiori.
I soggetti che intraprendono un’azione contro la PA costituiscono un universo variegato, benché emergano alcuni profili prevalenti. Si osserva la presenza di: