In quali casi i vincoli paesaggistici possono condizionare la sanatoria di abusi edilizi e le conseguenze: cosa prevedono le normative vigenti
Le modifiche apportate negli ultimi anni in materia di regolarizzazione edilizia, soprattutto per gli immobili situati in aree con tutela paesaggistica, hanno rinnovato il dibattito su che cosa sia sanabile. L’interazione tra vincoli paesaggistici e sanatoria edilizia rappresenta, oggi, una questione tecnico-giuridico di grande rilevanza per proprietari, tecnici e operatori del settore.
Un vincolo paesaggistico è uno strumento giuridico previsto per la salvaguardia di aree di particolare valore storico, naturale o culturale. Il principale riferimento normativo è il Codice dei beni culturali e del paesaggio, che disciplina le condizioni per modificare e gestire immobili e aree sottoposte a protezione.
Progettare, costruire, ristrutturare o ampliare in presenza di tali vincoli comporta obblighi stringenti e l’obbligo di richiedere un’autorizzazione paesaggistica.
L’abuso edilizio in aree paesaggistiche vincolate si configura quando interventi specifici, come nuove costruzioni, ampliamenti, modifiche di volumi o superfici, cambi d’uso vengono eseguiti senza la prevista autorizzazione paesaggistica o in difformità dalle condizioni approvate.
Secondo la giurisprudenza, è abuso non solo la realizzazione di nuovi volumi, ma anche la trasformazione di elementi esistenti che incidono sull’assetto percettivo del paesaggio.
Il rischio di sanzioni, demolizioni e ricadute negative sull’immobile cresce significativamente nelle zone protette, rendendo le procedure di sanatoria molto selettive, soprattutto per interventi che comportano una modifica percepibile e durevole.
La recente evoluzione normativa, con il Decreto Salva Casa, ha semplificato il percorso per sanare gli abusi minori, ossia in parziale difformità o con variazioni essenziali, consentendo la regolarizzazione in presenza di conformità urbanistica attuale e conformità edilizia all’epoca dell’intervento.
In presenza di vincoli paesaggistici, la regolarizzazione è subordinata a un accertamento di compatibilità paesaggistica svolto dalla Soprintendenza.
L’accertamento di compatibilità paesaggistica rappresenta un passaggio cardine in tutto l’iter. Il dirigente responsabile dell’ufficio comunale è chiamato a inoltrare la richiesta di parere all’ente preposto alla gestione del vincolo; il parere vincolante della Soprintendenza, da emettere entro 90 giorni, viene acquisito dall’autorità competente che ha poi altri 90 giorni (totale 180) per concludere l’istruttoria. Questo parere ha natura decisiva: una valutazione negativa blocca qualunque esito favorevole della sanatoria.
Se la Soprintendenza non si pronuncia entro il termine previsto, interviene il principio del silenzio-assenso: trascorsi 180 giorni senza risposta, il dirigente comunale può decidere autonomamente.
Questo meccanismo non si applica, però, retroattivamente per abusi non minori o per interventi che, comunque, sono in netto contrasto con la disciplina di tutela paesaggistica.
Il quadro attuale distingue nettamente le difformità “minori”, quali piccole variazioni o utilizzo di materiali diversi, dagli abusi con aumento di superfici o volumi.
Solo la prima categoria può beneficiare della procedura semplificata, secondo criteri di compatibilità stabiliti dalla normativa e dalla giurisprudenza.
Tipo intervento | Sanzione/Oblazione |
Parziale difformità | Contributo di costruzione doppio o maggiorato del 20% |
Senza SCIA | Doppio dell’aumento di valore, da €1.032 a €10.328 |
Difformità minori | Da €516 a €5.164 in caso di doppia conformità |
Il pagamento è, per legge, condizione necessaria e sufficiente per il perfezionamento della regolarizzazione urbanistica nei casi consentiti.
Il rigetto della domanda di compatibilità paesaggistica comporta, invece, l’obbligo di demolizione delle opere abusive e il ripristino dello stato originario dei luoghi.
Le più recenti decisioni di TAR e Consiglio di Stato hanno chiarito che "superficie utile" e "volumetria" nelle zone vincolate vanno intese nella loro accezione più ampia: ogni spazio utilizzabile o sfruttabile, anche se tecnico o interrato, rileva ai fini dell’accertamento di compatibilità.
L’apertura di una finestra, la realizzazione di una tettoia o altre modifiche apparenti costituiscono variazioni che possono rendere non sanabile l’abuso, specie se alterano la percezione del paesaggio protetto.
Nessuna tolleranza è ammessa per incrementi volumetrici, anche minimi, se incidono sull’assetto visivo e percettivo.