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Come va il business del calcio in Italia? Dati e statistiche economiche del settore all'inizio del campionato 2025-2026

di Marcello Tansini pubblicato il
Business del calcio in Italia

Il calcio italiano affronta sfide cruciali tra ricavi, costi e competitività europea. Trend economici, distribuzione degli introiti, infrastrutture e sostenibilità delineano il panorama della Serie A 2025-2026.

Lo scenario in cui prende avvio la stagione calcistica 2025-2026 in Italia si configura come uno dei più complessi e sfidanti degli ultimi anni. Il settore calcistico è attraversato da una fase di moderata crescita dei ricavi, in un contesto macroeconomico caratterizzato da forti pressioni sui costi, esigenze di adeguamento infrastrutturale e nuove sfide regolamentari.

Le società italiane, già reduci dagli effetti di un biennio difficile, cercano di consolidare le basi della propria sostenibilità tra dinamiche di mercato internazionali, attenzione alla governance economica e necessità di innovazione. La rilevanza dell'andamento business del calcio in Italia resta prioritaria per stakeholder, media e cittadini, sia per la sua influenza sociale sia per il peso nell'economia nazionale e locale. L'attenzione dei club si concentra ora su equilibrio finanziario, diversificazione delle entrate e rinnovate strategie di investimento sui segmenti chiave dell'attività sportiva.

Analisi dei ricavi della Serie A: trend, numeri e confronti

L'analisi dei ricavi della Serie A negli ultimi esercizi evidenzia segnali di crescita contenuta ma costante. Secondo i dati Deloitte relativi al 2023/24, il giro d'affari ha raggiunto circa 2,9 miliardi di euro, segnando un incremento del 2% rispetto all'anno precedente. Questo andamento è sostenuto prevalentemente dall'espansione delle entrate commerciali, che hanno sfiorato il miliardo di euro, spinte da accordi di sponsorizzazione, merchandising e coinvolgimento di nuove proprietà, in particolare nordamericane. Il boom commerciale dei club con investitori USA – tra cui Milan e Atalanta – ha prodotto accelerazioni sul fronte delle partnership, con incrementi medi nell'ordine del 26%.

D'altro canto, i ricavi da diritti TV – componente storicamente dominante – hanno subito una contrazione, attestandosi a 1,5 miliardi di euro (-2%). La minore incisività dei club italiani nelle competizioni UEFA ha influito direttamente sui flussi collegati alla redistribuzione europea. Nel dettaglio, l'Atalanta, vincitrice dell'Europa League, ha rappresentato un'eccezione rispetto al trend generale negativo delle altre squadre impegnate nella Champions League.

L'equilibrio fra costi e ricavi rimane instabile: il rapporto salari-ricavi è stabile al 68% (considerato sostenibile), ma i costi totali continuano ad aumentare (+4% nell'ultima stagione). La Serie A ha chiuso il bilancio aggregato 2023/24 con un utile operativo positivo per il secondo anno di fila (40 milioni di euro), anche se le perdite ante imposte restano significative (0,3 miliardi, -22% rispetto all'anno precedente). Dal confronto dei principali club emergono dinamiche differenziate: l'Inter è leader con oltre 473 milioni di euro di ricavi, seguita da Milan e Juventus, mentre Napoli e Roma superano la soglia dei 300 milioni ciascuna. Il confronto rivela che:

Club

Ricavi 2023/24 (milioni €)

Inter

473

Milan

457

Juventus

394

Napoli

328

Roma

301

Le recenti performance finanziarie riflettono dunque una trasformazione lenta ma evidente, con luci e ombre che influenzano la competitività internazionale e la tenuta dei bilanci.

Confronto con i principali campionati europei: divergenze e punti di forza

A livello europeo, la distanza tra la Serie A e i maggiori campionati continentali resta significativa. Deloitte segnala un fatturato aggregato che supera i 38 miliardi di euro in Europa; i cinque top campionati – Premier League, Bundesliga, Liga, Ligue 1 e Serie A – hanno generato oltre 20 miliardi di euro:

  • Premier League: 7,3 miliardi di euro (+4%), trainata dalle attività commerciali e dalla costanza degli afflussi da diritti internazionali
  • Bundesliga: 3,8 miliardi di euro (leggera flessione, -1%)
  • Liga: 3,8 miliardi di euro (+6%), forte la crescita di plusvalenze e ricavi matchday
  • Ligue 1: 2,6 miliardi di euro (+7%), sviluppo sostenuto da fondi straordinari come l'investimento CVC
  • Serie A: 2,9 miliardi di euro (+2%)
La Premier League si conferma in vetta per capacità di generare valore, sostenuta da un ampio bacino di utenza globale, strategie di internazionalizzazione aggressive e maggiore sviluppo infrastrutturale. I club inglesi, ad esempio, hanno superato per la prima volta i 2 miliardi di sterline di ricavi commerciali, evidenziando un modello di business evoluto e diversificato.

Tra i punti di forza della Bundesliga figura la percentuale di ricavi generata dal comparto commerciale (46%) e un elevato livello di organizzazione manageriale, mentre la Liga si distingue per la capacità di valorizzare stadi e asset mediatici. Negli ultimi esercizi, la Ligue 1 ha beneficiato di un'iniezione straordinaria di capitale, che ha permesso un rafforzamento della struttura finanziaria.

Il differenziale con la Serie A si concentra soprattutto su due direttrici: competitività strutturale degli impianti e capacità di innovare nella gestione delle risorse, oltre alla pressione dei costi che in Italia rimane meno controllata. Questo si riflette in minore redditività aggregata e in una crescita più lenta rispetto ai competitor europei.

Il ruolo delle società e la distribuzione dei ricavi tra i club italiani

La distribuzione dei ricavi all'interno della Serie A mostra forti squilibri tra le società con maggiore capacità attrattiva e le realtà di dimensioni più ridotte. Nel 2023/24, solo cinque club hanno superato i 300 milioni di euro di fatturato, mentre la maggioranza si mantiene sotto questa soglia, con alcune società ferme a quote inferiori a 100 milioni. Il modello attuale, basato su flussi da diritti TV, proventi commerciali e plusvalenze, premia i club in grado di valorizzare la propria fanbase e di sviluppare strategie di marketing innovative.

Il dato più significativo riguarda la maggiore diversificazione delle fonti di reddito, in particolare per le squadre gestite da proprietà straniere, che si sono distinte per l'introduzione di nuovi strumenti di engagement, investimenti sulle infrastrutture digitali e partnership commerciali ad ampio respiro. Questa evoluzione ha consentito una tenuta migliore dei conti nelle società più avanzate, sebbene il settore sia caratterizzato da una disomogeneità marcata tra i vari club.

Parallelamente, uno degli indicatori monitorati è il numero di club in utile: nel 2023/24 sono state 7 le società con risultato netto positivo, un valore in crescita rispetto agli anni precedenti, ma comunque ancora marginale rispetto al totale. Gli utili sono stati generati soprattutto da ricavi televisivi, plusvalenze e campagne Europee di successo (nel caso di Napoli e Lazio), mentre le perdite più rilevanti sono concentrate tra club di maggiore dimensione e presenza internazionale, dove pesa l'assenza dalle competizioni UEFA.

Costi e criticità: gli agenti, i salari e l'impatto sui bilanci

Tra i principali fattori di pressione sui bilanci calcistici italiani emergono in modo netto i costi del personale e le spese per gli agenti. Nel 2024 i club di Serie A hanno speso oltre 226 milioni di euro in commissioni agli agenti – cifra in crescita costante (+10% annuo medio dal 2015) e pari ormai al 7,2% del fatturato netto del settore. Questo dato risulta particolarmente significativo se confrontato con il tasso di crescita dei ricavi, che nello stesso periodo non ha garantito analogo dinamismo.

Juventus guida la classifica delle commissioni ai procuratori con 33,9 milioni solo nell'ultimo anno, seguita da Inter e Napoli. Nel decennio 2015-2024, la Juventus ha versato 327,4 milioni agli agenti, incidendo per il 18% della spesa nazionale. Questa dinamica si traduce in criticità strutturali sotto il profilo della sostenibilità: le commissioni, unitamente ai salari – arrivati a quota 2 miliardi annui – assorbono una fetta rilevante del bilancio, comprimendo la capacità di investimento su infrastrutture e settore giovanile.

Il rapporto salari-ricavi, attualmente attestato al 68%, è giudicato tecnicamente sostenibile dagli analisti ma resta molto vicino ai limiti di vulnerabilità. Le conseguenze si evidenziano soprattutto nelle difficoltà di garantire equilibrio nella gestione economico-finanziaria. La trasparenza richiesta dalla FIGC rappresenta un passo avanti, ma permane la necessità di un maggiore raccordo tra tendenze di mercato e scelte gestionali.

Infrastrutture sportive, investimenti e prospettive sulla sostenibilità futura

Le infrastrutture sportive rappresentano storicamente uno dei punti deboli del sistema calcistico italiano. Gran parte degli impianti, inclusi quelli delle maggiori società, necessitano di ristrutturazione o ricostruzione. Nel confronto internazionale emerge un divario infrastrutturale che penalizza la Serie A sia in termini di ricavi da stadio sia nella fruibilità dell'esperienza per il pubblico e gli sponsor.

L'investimento in nuovi stadi o nella riqualificazione di quelli esistenti è stato un catalizzatore della crescita nei tornei esteri, in particolare in Inghilterra e Spagna. La gestione diretta degli impianti ha permesso a molti club europei di incrementare le voci di ricavo legate a biglietteria, hospitality ed eventi, oltre a generare ritorni sul piano dell'identità e della fan experience.

Per la Serie A, la prospettiva di sostenibilità è legata ora all'adozione di modelli di business orientati alla multifunzionalità degli impianti, alla digitalizzazione e alla partnership tra pubblico e privato. La riforma delle infrastrutture costituisce un passaggio indispensabile per restituire competitività al movimento italiano sia in termini sportivi che economico-finanziari.

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