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Pensioni, come potrebbero cambiare nel 2026 e le garanzie per i 30-40 anni di oggi secondo Gabriele Fava Presidente INPS

di Marianna Quatraro pubblicato il
Pensioni cambiare 2026 presidente INPS

Dal rafforzamento della previdenza complementare a maggiori garanzie per i giovani, alla possibilità di uscita prima a 64 anni di età con cumulo anche per i misti: come potrebbero cambiare le pensioni nel 2026 secondo il presidente Inps Fava

Il 2026 si preannuncia ricco di cambiamenti per il sistema previdenziale italiano. L’istituzione di un nuovo progetto di riforma nasce dalla necessità, evidenziata da molteplici fattori demografici ed economici, di garantire la sostenibilità futura delle pensioni, mantenendo al contempo equità sociale e protezione delle generazioni attive.

Le principali novità della riforma previdenziale 2026 ruotano intorno a tre pilastri fondamentali:

  • Flessibilità: tra le proposte, l’introduzione di finestre di uscita anticipate per lavori gravosi o carriere discontinue, oltre all’ampliamento delle deroghe rispetto ai canali ordinari.
  • Sostenibilità: revisione dei coefficienti di trasformazione (cioè il sistema che converte i contributi versati in assegno mensile) per garantire equilibrio tra influsso demografico e risorse disponibili.
  • Solidarietà: aumento delle pensioni minime e misure anti-povertà a sostegno di chi ha carriere lavorative deboli o discontinue, promuovendo una maggiore equità tra generazioni e tra generi.

Quota 103, Opzione Donna e APE Sociale: cosa cambierebbe dal 2026

Particolare attenzione è puntata sulle misure sperimentali di uscita anticipata in vigore in questi ultimi anni, come Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale, che dovrebbero avviarsi a una definitiva conclusione.

Fino a quest'anno hanno permesso di andare in pensione prima a determinate categorie di persone nelle seguenti modalità:

  • Quota 103: dal 2023 ha consentito l’uscita con 62 anni di età e 41 anni di contributi, ma con calcolo penalizzante (interamente contributivo) ed un tetto massimo all’assegno pensionistico. Secondo le anticipazioni, la sua proroga al 2026 appare poco probabile, dato il numero limitato di aderenti e l’onere per i conti pubblici.
  • Opzione Donna: già dal 2024 ha subito inasprimenti, innalzando l’età minima e restringendo le condizioni di accesso (ad esempio care-giver, invalidità civile superiore al 74%, crisi aziendale). Nel 2026 potrebbe essere sostituita da un’unica misura di uscita anticipata, riorientando la tutela verso la generalità dei lavoratori in condizioni svantaggiate.
  • APE Sociale: tuttora accessibile con almeno 63 anni e 5 mesi per una platea selezionata di soggetti in situazione di disagio sociale (lavoratori gravosi, disoccupati di lunga durata, invalidi). In vista vi sono ulteriori criteri selettivi e la possibilità di integrare questa misura con strumenti di sostegno all’invecchiamento attivo.

La spinta di Gabriele Fava sulla previdenza complementare e l’uscita a 64 anni

Il presidente INPS Gabriele Fava ha rafforzato negli ultimi mesi la posizione pubblica a favore di un potenziamento della previdenza complementare per i futuri pensionati, specie tra le fasce più giovani e i lavoratori con carriere discontinue e nel corso del suo intervento al recente Meeting di Rimini ha rilanciato su:
  • Previdenza integrativa: favorire una maggiore adesione a fondi pensione, sfruttando le agevolazioni fiscali vigenti (deducibilità dei contributi e tassazione favorevole sul TFR) e promuovendo una maggiore cultura della pianificazione previdenziale, anche tramite campagne informative capillari.
  • Uscita a 64 anni: attualmente permessa solo ai lavoratori “contributivi puri”, la proposta avanzata da Fava prevede di estendere questa opportunità anche a chi ha versato contributi sia prima sia dopo il 1996 (cioè ai cosiddetti lavoratori "misti"), a patto che l’assegno raggiunga importi almeno pari a tre volte il valore dell’assegno sociale. Per il futuro, la soglia sarà ricalibrata secondo la crescita dell’assegno sociale e dei requisiti contributivi.
  • Sinergia tra pubblico e privato: il nuovo modello di pensione anticipata tramite cumulo tra pensione pubblica ordinaria e rendita integrativa favorisce maggiore flessibilità e autonomia, andando a tutelare chi presenta carriere atipiche o a bassa contribuzione continuativa.

Le garanzie e le prospettive previdenziali per la generazione dei 30-40enni di oggi

Le analisi più recenti confermano che il peso delle riforme si riversa in modo particolare sulle generazioni di lavoratori attualmente tra i 30 e i 40 anni, che spesso affrontano percorsi lavorativi frammentati o caratterizzati da contratti atipici. Il presidente dell’Inps Fava ha assicurato che i giovani avranno la pensione. E a tal fine si sta lavorando al conto previdenziale unificato, che offrirà a ogni cittadino una visione unica e completa della propria posizione, con proiezioni affidabili sul futuro e attraverso:
  • Solvibilità a lungo termine: il mantenimento della sostenibilità finanziaria nel tempo è condizione necessaria per evitare di traslare costi e squilibri sulle generazioni future.
  • Tutela dei lavoratori discontinui: il rafforzamento della solidarietà intergenerazionale e l’inclusione di strumenti specifici sono stati indicati da INPS e dal Comitato di indirizzo e vigilanza come priorità irrinunciabili.
  • Nuove forme di previdenza: l’ampliamento della previdenza complementare e l’adeguamento delle soglie minime per il pensionamento contribuiscono a costruire percorsi personalizzati, più aderenti alle nuove tipologie di lavori e alle esigenze di una società in trasformazione.

Adeguamento all’aspettativa di vita: il nodo dello scatto e le prospettive di rinvio

In discussione anche l'adeguamento dell'età pensionabile all'aumento dell'aspettativa di vita a partire dal 2027.

La prossima variazione, attesa per il biennio 2027-2028, prevede, infatti, un incremento di tre mesi sull’età per la pensione di vecchiaia (da 67 anni a 67 anni e 3 mesi) così come sull’anzianità contributiva richiesta per l’uscita anticipata (da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e un mese per gli uomini, e da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e un mese per le donne).

Il governo sta valutando un congelamento dello scatto di tre mesi, almeno per il biennio iniziale, al fine di contenere effetti sociali ed economici sui lavoratori prossimi alla pensione, ma tale scelta, oltre a evitare ulteriori slittamenti per le generazioni già penalizzate dalle riforme passate, comporterebbe però un costo rilevante per le casse pubbliche e potrebbe incidere sulla sostenibilità del sistema a lungo termine.

L’eventuale sospensione potrà essere limitata sia alle prestazioni di vecchiaia che a quelle anticipate, ma non sono ancora chiare le modalità operative definitive.

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