I promissari acquirenti attendono la realizzazione di appartamenti che oggi costerebbero molto di più.
Centinaia di acquirenti si trovano oggi prigionieri di una vicenda giudiziaria che ha travolto costruttori, intermediari, funzionari pubblici e interi comparti dell’edilizia. In gioco ci sono proprietà immobiliari promesse ma mai consegnate, investimenti bloccati e risparmi familiari paralizzati in anticipi che non trovano più garanzia concreta.
I promissari acquirenti - cioè coloro che hanno firmato un preliminare di vendita e versato somme anche ingenti -attendono la realizzazione di appartamenti che, con la rincorsa dei prezzi, oggi costerebbero molto di più. E mentre il mercato corre, i loro progetti di vita restano congelati nel cemento di cantieri fermi.
Quella che si sta consumando a Milano è una tensione finanziaria sistemica. Le richieste di restituzione, le penali contrattuali, le eventuali cause di risoluzione mettono alle corde le stesse imprese costruttrici, molte delle quali rischiano la liquidazione forzata.
Quando una società va in default, ogni tentativo di rientrare in possesso delle somme versate dai clienti diventa un’operazione ad alto tasso di incertezza. Il risultato è una spirale che travolge tutti: chi costruisce, chi compra, chi media. E in questa spirale rischia di implodere una parte del mercato milanese più innovativa, quella che fino a pochi mesi fa era presentata come simbolo del rilancio urbano.
Chi si trova in questa condizione, secondo il Codice civile, può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento, una procedura che dovrebbe consentire il recupero delle somme già versate e il ristoro dei danni. Nella pratica, il percorso legale può rivelarsi tortuoso. Se l’impresa è in difficoltà o sull’orlo del fallimento, ogni richiesta di risarcimento rischia di naufragare tra tempi lunghi della giustizia, insinuazioni nei passivi fallimentari e competizioni con altri creditori. Se le clausole contrattuali prevedono penali irrisorie per i ritardi, l’indennizzo riconosciuto potrebbe non coprire neppure i costi sostenuti per affitti temporanei o doppie spese. Il rischio, concreto e diffuso, è di ritrovarsi senza casa e senza soldi, vittime di un sistema che tutela in teoria, ma in molti casi protegge poco nella realtà.
Se il destino di chi aspetta è incerto, anche chi ha già ricevuto le chiavi del proprio appartamento non può dirsi al sicuro. Le indagini in corso potrebbero portare alla scoperta di titoli abilitativi viziati, concessi in violazione di norme urbanistiche o, peggio ancora, ottenuti mediante false dichiarazioni e collusioni.
In scenari estremi, questo significherebbe che l’immobile, pur costruito e abitato, risulti formalmente abusivo. Un’ipotesi che oggi appare remota ma che, dal punto di vista giuridico, non può essere esclusa. E in casi del genere, la validità dell’atto notarile stesso verrebbe messa in discussione, con ripercussioni devastanti su valore, rivendibilità e stabilità della proprietà.
Nel caso in cui i titoli edilizi vengano annullati per gravi irregolarità, il proprietario potrebbe chiedere un risarcimento danni all’amministrazione comunale, chiamando in causa la responsabilità civile del soggetto pubblico che ha rilasciato il permesso. Ma aprire un contenzioso contro il Comune non è semplice: servono perizie, prove documentali, consulenze tecniche, anni di cause.
Intanto, l’immobile continua a essere oggetto di incertezza giuridica, con il rischio concreto che diventi invendibile o che venga colpito da ordinanze restrittive. Alcuni osservatori ritengono plausibile che il Comune di Milano scelga la via della sanatoria urbanistica, riconoscendo la buona fede degli acquirenti e regolarizzando, ex post, i titoli viziati. Ma si tratterebbe comunque di un processo lungo e non privo di ostacoli.
Chi ha comprato un immobile nuovo, spesso investe in quel bene il proprio futuro. Vedere crollare quella certezza ha un effetto devastante. Il valore della casa si deprezza, le banche diventano più caute nel concedere mutui su immobili potenzialmente irregolari, le assicurazioni iniziano a porre vincoli più rigidi. E soprattutto si incrina la fiducia.
La fiducia che un cittadino dovrebbe poter avere nel sistema delle autorizzazioni pubbliche, nella serietà dei costruttori, nella solidità degli atti notarili. Il rischio più grande non è solo economico. È sistemico e culturale. È l’idea che anche il mattone possa vacillare.
La legge prevede che chi acquista un immobile da costruire debba ricevere una fideiussione bancaria o assicurativa, a tutela delle somme versate fino alla data del rogito. In caso di fallimento del costruttore o di mancata consegna, questa garanzia può essere attivata per ottenere il rimborso dell’intero importo anticipato.
In teoria, si tratta di un sistema pensato proprio per tutelare gli acquirenti. Nella pratica molti compratori ignorano l’esistenza o le condizioni effettive della fideiussione, e solo quando il danno si manifesta scoprono che la polizza ha clausole limitative o che l’intermediario si rifiuta di onorarla. Il consiglio degli esperti è chiaro: verificare subito, e in modo analitico, la validità della polizza, chiedendo assistenza a un avvocato esperto in diritto immobiliare già al momento della firma del preliminare.
Quando il danno è fatto, restano le vie legali. L’azione civile di risoluzione contrattuale, la diffida ad adempiere, la richiesta giudiziale di restituzione degli importi anticipati: sono strumenti validi, ma che richiedono tempi lunghi, costi elevati e una preparazione tecnica accurata.
In alcuni casi, si può tentare un accordo stragiudiziale con il costruttore, soprattutto se quest’ultimo intende salvare la propria reputazione e proseguire con altri progetti. Ma se l’impresa è già in fase pre-fallimentare, ogni trattativa si arena.