Cosa prevede la normativa vigente sulla fruizione delle ferie a lavoro, gli interventi dei singoli contratti nazionali di lavoro Ccnl e della giurisprudenza
Il diritto alle ferie rappresenta una delle tutele principali riconosciute a chi lavora come dipendente in Italia. La disciplina normativa è contenuta principalmente nell'art. 36 della Costituzione e nell'art. 2109 del Codice Civile, che stabiliscono la necessità di permettere al personale dipendente un periodo di riposo retribuito ogni anno, pensato come garanzia per il recupero delle energie psicofisiche.
Almeno 4 settimane sono il minimo previsto, anche se i CCNL possono prevedere misure più favorevoli. La fruizione è un diritto irrinunciabile e la monetizzazione è ammessa solo in specifici casi.
La normativa stabilisce che almeno due delle quattro settimane maturate vadano consumate nell'anno di maturazione; le restanti possono essere godute entro 18 mesi dalla fine del medesimo anno. Alcuni contratti collettivi ampliano o modificano parzialmente i termini di fruizione.
La mancata pianificazione può determinare l’accumulo di giorni di ferie non goduti, mentre la legge impone una rigorosa valutazione annuale, con la data del 30 giugno 2025 come scadenza per il controllo delle ferie maturate nel 2023.
Se le ferie non vengono utilizzate nei tempi previsti, queste restano ancora a disposizione per il lavoratore, ma si attivano obblighi specifici per il datore di lavoro: è necessario versare la contribuzione previdenziale sulle ferie scadute, entro il 20 agosto dell’anno seguente (ad esempio, per le ferie 2023 entro il 30 giugno 2025, i contributi vanno pagati entro il 20 agosto 2025).
La possibilità di fruire delle ferie, anche oltre i termini, resta comunque subordinata all'accordo tra le parti interessate.
La legge prevede il divieto generalizzato di monetizzazione delle ferie non godute. Solo in caso di cessazione del rapporto (dimissioni, licenziamento, pensionamento, scadenza di contratto), o per ferie eccedenti il minimo legale previste dai CCNL, è consentita la liquidazione mediante indennità sostitutiva.
La liquidazione corrisponde alla retribuzione giornaliera per ciascun giorno residuo. Più recentemente, la Corte di Giustizia UE (sentenza C-218/22) ha sottolineato il diritto all'indennizzo come tutela per chi non abbia potuto godere delle ferie per cause non imputabili al lavoratore, obbligando l’azienda a dimostrare ogni sforzo per consentirne la fruizione.
Trascorsi i termini per la fruizione, scatta per il datore di lavoro l’obbligo di versamento dei contributi all’INPS per le giornate residue, oltre alle normali responsabilità civili. La contribuzione è calcolata sulla retribuzione del mese successivo alla scadenza, da inserire nella denuncia Uniemens.
In caso di violazioni, sono previste sanzioni amministrative che variano in base al numero di lavoratori coinvolti e alla durata dell’irregolarità:
Numero lavoratori/anni | Sanzione minima | Sanzione massima |
≤5 / 1 anno | €120 | €720 |
>5 o 2 anni | €480 | €1.800 |
>10 o ≥4 anni | €960 | €5.400 |
I tribunali hanno più volte ribadito sia il carattere irrinunciabile delle ferie che il principio per cui il periodo di riposo va effettivamente garantito.
La Cassazione ha stabilito che la determinazione spetta principalmente al datore di lavoro, considerando l’organizzazione aziendale e le preferenze del dipendente (v. Cass. 26160/2020).
La giurisprudenza europea, attraverso la Corte di Giustizia UE (cause C-609/17 e C-610/17) e il recente intervento del TAR del Friuli-Venezia Giulia (sentenza n. 19/2025), rafforza la responsabilità del datore in merito ad informare e invitare il lavoratore a fruire delle ferie. Ove non sia dimostrato questo sforzo, spetta l’indennità sostitutiva anche ai dipendenti pubblici.
Le regole generali si applicano a tutto il personale dipendente, ma alcune categorie evidenziano differenze: