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Esami in farmacia, dal 2026 saranno gratis a carico del Ssn? Milena Gabanelli sul Corsera fa chiarezza

di Marianna Quatraro pubblicato il
Milena Gabanelli sul Corsera fa chiarezz

La storia comincia ben prima della manovra 2026. Dal 2010 le farmacie vengono autorizzate a eseguire esami di autocontrollo: pungidito per glicemia, colesterolo, trigliceridi, creatinina, transaminasi, raccolta di urine e feci.

Milena Gabanelli e Simona Ravizza, nella loro inchiesta per la rubrica Dataroom del Corriere della Sera, smontano con numeri e norme l'idea che dal 2026 gli esami in farmacia saranno gratis a carico del Servizio sanitario nazionale. La risposta, senza giri di parole, è: no, non tutti, e comunque solo entro un plafond rigidissimo che rischia di esaurirsi in fretta, con il risultato paradossale che il cittadino continui a pagare di tasca propria anche quando formalmente il servizio è a carico del Ssn.

Dalla pungidita del 2010 alla farmacia dei servizi

La storia comincia ben prima della manovra 2026. Dal 2010, con il quarto governo Berlusconi, le farmacie vengono autorizzate a eseguire esami di autocontrollo: pungidito per glicemia, colesterolo, trigliceridi, creatinina, transaminasi, raccolta di urine e feci, misurazione di pressione e saturazione, spirometria di base. Il quadro normativo è quello della legge-quadro n. 69/2009, del decreto legislativo 153/2009 e del decreto 16 dicembre 2010, che spingono le farmacie verso un ruolo più sanitario, ma in forma di servizio privato a pagamento, senza ricetta e fuori dal perimetro Ssn.

La differenza con un laboratorio analisi vero e proprio resta netta: nei laboratori i macchinari vengono controllati ogni giorno e i risultati sono verificati con controlli incrociati; in farmacia no, e per questo i test rapidi da banco possono avere margini di errore anche del 20%. L'esito rilasciato è solo un attestato di esito, non un referto medico, non ha valore diagnostico, non entra nel fascicolo sanitario elettronico e non può sostituire l'iter del Ssn. Eppure molti cittadini continuano a confondere questi servizi con esami veri e propri come in ospedale, perché il confine non è mai stato spiegato con chiarezza.

Nel 2018 (governo Gentiloni) parte la sperimentazione della farmacia dei servizi: per la prima volta alcune prestazioni in farmacia vengono rimborsate dal Ssn, con fondi dedicati e Regioni pilota. Si parte con 6 milioni per tre Regioni, si sale a 12 e poi a 18 milioni con l'allargamento a nuove aree, fino ad arrivare al 2021, quando la sperimentazione diventa nazionale, con 25,3 milioni di euro l'anno fino al 2024 per tutte le Regioni a statuto ordinario più la Sicilia.

Nel 2024 il governo Meloni, a parità di fondi, allarga il perimetro: la farmacia non è più solo il luogo del pungidito e della pressione, ma può erogare – a carico del Ssn, su prescrizione medicaesami di telemedicina (elettrocardiogrammi, holter pressori e cardiaci refertati a distanza), vaccinazioni per gli over 12, tamponi diagnostici anche per contrastare l'antibiotico-resistenza, consegna di farmaci e dispositivi per pazienti in assistenza domiciliare o residenziale. È la nuova era della farmacia dei servizi celebrata dagli Ordini dei farmacisti, che però già all'epoca si regge su fondi molto limitati e su enormi differenze regionali.

Che cosa prevede la Legge di Bilancio 2026

Con il Disegno di Legge di Bilancio 2026, il governo compie il salto politico decisivo: all'articolo 68 le 19.997 farmacie italiane vengono riconosciute come strutture eroganti prestazioni sanitarie e sociosanitarie, con servizi stabilmente integrati nel Ssn. In pratica, la farmacia entra a pieno titolo nell'architettura del servizio sanitario, non più solo come luogo di dispensazione del farmaco ma come presidio di prossimità che può offrire, in modo strutturale, una serie di prestazioni sanitarie.

Per finanziare questi servizi, la manovra vincola una quota del Fabbisogno sanitario nazionale standard: 50 milioni di euro l'anno a partire dal 2026. Sono soldi a destinazione vincolata, cioè non possono essere usati per altro. L'esecutivo li presenta come un potenziamento dell'offerta, destinato a ridurre le liste d'attesa e a offrire servizi più comodi, vicini a casa, sfruttando orari più ampi rispetto agli ambulatori pubblici.

Nella bozza del 20 ottobre 2025, però, c'era un passaggio chiave: per erogare prestazioni sanitarie, le farmacie avrebbero dovuto rispettare gli stessi requisiti degli ambulatori: locali separati e idonei, attrezzature certificate e sottoposte a controlli regolari, direttore sanitario, verifiche di qualità interne ed esterne, ispezioni regionali, secondo i principi della legge 502/1992 sull'autorizzazione e l'accreditamento. Due giorni dopo, nella versione ufficiale del 22 ottobre, quella clausola sparisce: le farmacie diventano presidi del Ssn senza dover dimostrare subito di rispettare quegli standard, rinviando tutto a future linee guida del ministero della Salute.

È una scelta che Gabanelli e Ravizza definiscono esplicitamente politica, sostenuta anche dal peso della categoria, rappresentata in Parlamento da vari deputati-farmacisti e soprattutto dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, figura centrale di Fratelli d'Italia sul dossier farmacie. Il risultato è che il cittadino entra in un luogo che ora è a tutti gli effetti presidio del Ssn, ma che non è tenuto, almeno per ora, agli stessi obblighi strutturali di un ambulatorio pubblico o privato accreditato.

Esami pungidito, telemedicina e vaccini: cosa sarà gratis

Qui sta il primo equivoco da chiarire. La domanda che molti si fanno presuppone che tutti i test oggi disponibili in farmacia diventino automaticamente prestazioni pubbliche. Non è così.

Il pacchetto finanziato dai 50 milioni annui riguarda principalmente i servizi già messi alla prova nella sperimentazione: telemedicina cardiologica (elettrocardiogrammi, holter cardiaci e pressori refertati a distanza da specialisti Ssn o accreditati), alcune vaccinazioni per gli over 12, tamponi diagnostici e test contro l'antibiotico-resistenza su richiesta medica, servizi di distribuzione di farmaci e dispositivi per l'assistenza domiciliare o residenziale. Il cittadino, in questi casi, può effettivamente non pagare, ma solo se ha la prescrizione del medico e solo fintanto che il plafond regionale di quei 50 milioni complessivi non è stato bruciato.

Restano invece fuori, e continuano dunque a essere a pagamento, i classici esami di autocontrollo: colesterolo, trigliceridi, glicemia, creatinina, transaminasi eseguiti con pungidito, misurazioni di base non collegate a un percorso Ssn, controlli spot che molti usano come surrogato di esami del sangue veri e propri. Per questi test il cittadino continuerà a mettere mano al portafoglio, senza referto medico e fuori dal fascicolo sanitario elettronico, anche se si svolgono in un luogo che la legge chiama adesso struttura erogante prestazioni sanitarie.

In più, la stessa Dataroom richiama il tema della attendibilità: in un'inchiesta di febbraio 2025 Gabanelli e Ravizza hanno mostrato come gli esami rapidi in farmacia possano discostarsi in modo significativo dai risultati di laboratorio, con differenze fino al 20% su parametri delicati come colesterolo e glicemia. Non è un dettaglio: se l'esito non è un referto, se non viene registrato nei sistemi del Ssn e se l'attrezzatura non è sottoposta agli stessi controlli qualità, il rischio è che il cittadino prenda decisioni sanitarie su una base numerica più fragile di quanto creda.

I conti non tornano: 50 milioni l'anno per 20 mila farmacie

Secondo i dati ricostruiti da Gabanelli e Ravizza, tra il 2018 e il 2024, su 111,9 milioni disponibili per la sperimentazione della farmacia dei servizi, le farmacie ne hanno spesi 104,4, con differenze tra Regioni: Campania al 163% del suo plafond, Veneto al 145%, Calabria al 131%, Umbria al 116%, mentre Emilia-Romagna si ferma al 44%, Sicilia al 47%, Lombardia al 73%. Dove il servizio viene usato, i soldi finiscono prima, segno che la domanda reale può superare di molto il budget fissato sulla carta.

Con la Legge di bilancio 2026, quei 25,3 milioni annui della sperimentazione vengono più che raddoppiati a 50 milioni, ma devono ora coprire tutte le 19.997 farmacie italiane, integrate stabilmente nel Ssn. È facile fare un ordine di grandezza: 50 milioni divisi per 20 mila farmacie significano in media circa 2.500 euro l'anno a farmacia. Basterebbe un numero relativamente basso di esami rimborsati per esaurire il plafond di una Regione in poche settimane, specialmente se le prestazioni prendono piede tra i pazienti cronici.

Il problema si aggrava perché il Ssn rimborsa alle farmacie tariffe più alte di quelle che lo stesso Ssn riconosce alle proprie strutture pubbliche. La Dataroom prende come riferimento la media nazionale: un elettrocardiogramma in una struttura pubblica costa al Ssn 11,60 euro, ma alla farmacia vengono riconosciuti 28,50 euro; l'holter cardiaco passa da 61,95 euro nel tariffario Ssn a 63,14 in farmacia; l'holter pressorio da 41,30 a 50,04; la spirometria da 24 a 34,34; l'emoglobina glicata da 4,70 a 18,30; il colesterolo, a seconda del codice, da circa 4,75 euro a oltre 25 euro con lo screening di ipercolesterolemia in farmacia.



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