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I problemi delle università di medicina 2025-2026 aperte a tutti e il ruolo degli atenei online

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Università di medicina 2025-2026

La riforma delle università di medicina 2025-2026, pur animata da buone intenzioni, si colloca in un equilibrio delicato tra apertura e meritocrazia.

La riforma dell'accesso a Medicina per l'anno accademico 2025-2026 prevede un primo semestre aperto a tutti gli studenti interessati, senza test d'ingresso iniziale. In pratica, chiunque potrà iscriversi e frequentare i primi tre mesi del corso. Solo alla fine di questo periodo, attraverso una graduatoria nazionale basata sui risultati ottenuti, sarà selezionato chi potrà proseguire nel corso di laurea in Medicina. Apparentemente inclusiva, questa scelta nasconde diverse criticità. L'abolizione del test d'ingresso in fase preliminare non elimina la selezione, ma la sposta più avanti. In tre mesi si gioca tutto: tempo, energia, aspettative e investimenti economici.

L'apertura totale rischia di creare un effetto imbuto nelle aule universitarie. Gli attuali 47 atenei che ospitano il corso di laurea in Medicina si ritroverebbero a gestire decine di migliaia di studenti in più, in spazi già oggi spesso insufficienti. L'anno scorso, 64.000 aspiranti medici hanno partecipato alla selezione per soli 19.944 posti. Cosa accadrà nel 2025, quando l'accesso sarà liberalizzato nel primo semestre? Il rischio è che si crei un sistema in cui l'illusione dell'accessibilità si scontri con le difficoltà logistiche e la competizione feroce in una fase successiva. Approfondiamo in questo articolo:

  • Le incognite del nuovo modello delle università di medicina 2025-2026
  • Gli atenei telematici fra supporto tecnico o nuovo protagonista

Le incognite del nuovo modello delle università di medicina 2025-2026

La riforma delle università di medicina 2025-2026, pur animata da buone intenzioni, si colloca in un equilibrio delicato tra apertura e meritocrazia. L'obiettivo è superare le polemiche storiche legate al numero chiuso e offrire a più studenti la possibilità di mettersi alla prova. Ma senza pianificazione, questo modello rischia di trasformarsi in una selezione ancora più dura, concentrata in pochi mesi e con ripercussioni economiche e psicologiche non indifferenti per chi non ce la farà.

Se non verranno potenziati anche i corsi alternativi come Biotecnologie e Scienze Motorie, il sistema rischia di trovarsi con migliaia di studenti delusi, parcheggiati in corsi che non sono la vera aspirazione. E si potrebbe generare un effetto a catena negativo su tutto il sistema universitario.

Il coinvolgimento degli atenei telematici, come vedremo nel paragrafo successivo, può offrire una via di uscita a molte criticità strutturali. Ma perché accada, è necessario che il loro ruolo venga definito con chiarezza, evitando fughe in avanti o soluzioni improvvisate.

Gli atenei telematici fra supporto tecnico o nuovo protagonista

Nel tentativo di risolvere il problema dell'affollamento e garantire pari accesso alle lezioni, il disegno di legge introduce la possibilità per le università tradizionali di collaborare con gli atenei telematici per l'erogazione a distanza delle lezioni frontali del primo semestre. Si precisa che le esercitazioni pratiche, dovranno comunque avvenire in presenza. Ma resta aperta una questione fondamentale: qual è il ruolo concreto degli atenei telematici in questa riforma?

Al momento, nessuna università telematica italiana offre un corso di laurea in Medicina. Ma molte offrono corsi di Scienze Motorie o Biotecnologie, due delle lauree affini che condividono parte del percorso con Medicina. Il testo della riforma non chiarisce se gli studenti potranno iscriversi alle università online per affrontare il primo semestre o se queste ultime faranno solo da fornitori tecnologici per le università tradizionali. Questo vuoto normativo rischia di generare confusione tra le aspiranti matricole e di aprire scenari incerti sul valore legale dei CFU acquisiti nelle modalità a distanza.

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