Il viaggio di un operaio Stellantis, costretto dalla crisi delle fabbriche italiane e dalla cassa integrazione a trasferirsi a Kragujevac in Serbia, tra burocrazia, nuove sfide lavorative e prospettive.
Affrontare un trasferimento di 1.600 chilometri per un'operaia o un operaio italiano non significa soltanto cambiare posto di lavoro, ma comporta stravolgimenti familiari, personali e culturali. Negli ultimi mesi, il gruppo Stellantis ha chiesto ai lavoratori degli stabilimenti di Pomigliano d'Arco e Mirafiori di raggiungere la Serbia, a Kragujevac, per garantire continuità produttiva.
Stare lontano da casa non è facile, ma come si fa a vivere con 1.200 euro?, racconta chi si è trovato davanti all'alternativa tra la cassa integrazione in Italia e una trasferta che promette un salario dignitoso. Dietro queste decisioni c'è la crisi del sistema produttivo italiano; una crisi che ha portato centinaia di operai a riflettere sul proprio futuro e sul senso di appartenenza a un Paese che sembra offrire sempre meno certezze.
Le fabbriche automobilistiche italiane soffrono ormai da anni una lenta ma costante riduzione della produzione. Stabilimenti storici come quelli di Pomigliano, Mirafiori, Melfi, Modena o Cassino vivono lunghi periodi di inattività dovuti al calo di domanda, alla frammentazione degli investimenti e a politiche industriali giudicate insufficienti dai sindacati. Questo fenomeno si riflette sui livelli occupazionali e sulle condizioni salariali degli operai, costretti spesso a subire periodi di cassa integrazione. Si tratta di uno strumento normativo (disciplinato dal D.Lgs. n. 148/2015), che prevede la temporanea sospensione o riduzione dell'attività lavorativa a causa di crisi o riorganizzazione aziendale.
Nello scenario italiano degli ultimi due anni, la cassa integrazione non viene più percepita come soluzione temporanea, ma come una realtà ricorrente che incide negativamente su reddito e motivazione dei lavoratori. Un esempio concreto arriva proprio da Pomigliano, dove la paga, già ridotta dai contratti di solidarietà (accordi previsti dalla legge per evitare i licenziamenti e redistribuire il lavoro), non garantisce più una qualità di vita dignitosa. Il salario effettivo si ferma attorno a 1.200 euro mensili, una cifra che non consente di far fronte alle spese ordinarie per chi ha famiglia.
Il ricorso ai contratti di solidarietà, recentemente rinnovati, rallenta ulteriormente la prospettiva di un ritorno alla piena produzione in Italia. Solo una decina di anni fa, la produzione nazionale di auto superava il milione di unità. Ora le cifre sono drasticamente ridotte, con poco più di 220.000 veicoli prodotti nel primo semestre 2025. Le cause? L'invecchiamento degli impianti, il mancato ricambio generazionale, la poca competitività rispetto ad altri Paesi europei e la scelta delle multinazionali di cercare manodopera a costi più bassi in paesi extra UE.
La risposta aziendale alle critiche dei sindacati si concentra spesso sulla necessità di ridurre i costi e restare competitivi sul mercato globale. Tuttavia, la riduzione dei posti di lavoro e i reiterati periodi di cassa integrazione hanno generato un malcontento diffuso, reso ancora più acuto dall'evidente disinvestimento nei siti italiani. Cresce in molti il timore che la mobilità da Pomigliano, Mirafiori e altri stabilimenti non sia un episodio isolato, ma il segno di una tendenza destinata a consolidarsi nei prossimi anni.
Alla luce del contesto descritto, la trasferta verso lo stabilimento di Kragujevac si configura non tanto come un'occasione, quanto come un passaggio obbligato per ottenere uno stipendio pieno. Stellantis offre agli operai italiani in cassa integrazione di recarsi temporaneamente presso la fabbrica serba, garantendo, oltre al normale salario, una diaria di circa 70 euro al giorno, oltre a tutti i costi di trasferta e rientro periodico a carico della società.
Questa formula può sembrare vantaggiosa, ma nasconde molte insidie sociali e psicologiche:
Nonostante ciò, molti lavoratori hanno valutato la proposta come l'unica alternativa concreta ad uno stipendio insufficiente, soprattutto per chi ha carichi familiari. La scelta fra rimanere a casa con il salario ridotto o attraversare 1.600 chilometri per poter campare con uno stipendio vero si trasforma così in una dolorosa necessità.
L'impianto di Kragujevac, ex simbolo dell'industria automobilistica serba, è stato convertito da Stellantis alla produzione della nuova Fiat Grande Panda grazie anche al consistente supporto finanziario del governo serbo. L'investimento, pari a oltre 190 milioni di euro di cui 48 messi a disposizione da Belgrado, ha favorito la transizione verso la produzione elettrica, assicurando alla Serbia vantaggi competitivi di rilievo.
Dal punto di vista pratico, l'ambiente produttivo presenta specificità importanti rispetto agli standard italiani:
Il contributo degli operai italiani si rileva strategico proprio nella fase di avvio e ottimizzazione delle produzioni, andando a colmare sia i vuoti organizzativi sia quelli formativi.
L'adattamento ai nuovi ritmi, la gestione di turni opposti rispetto al fuso orario familiare e la lontananza dagli affetti contribuiscono tuttavia ad accrescere il senso di precarietà e spaesamento tra i lavoratori in trasferta.
Un aspetto spesso sottovalutato riguarda il complesso iter amministrativo necessario ai lavoratori italiani per lavorare in Serbia. Essendo la Serbia un Paese extra UE, ogni trasferta richiede la predisposizione di documenti specifici: visto per lavoro, permesso di soggiorno, scadenze strettamente da rispettare. Le difficoltà organizzative e gli errori nella gestione delle pratiche hanno recentemente causato seri grattacapi: oltre 40 operai italiani inviati dal sito di Melfi sono stati costretti a rientrare in Italia improvvisamente a causa della mancata emissione dei visti di lungo periodo, rischiando di trovarsi in posizione irregolare:
Le conseguenze delle decisioni prese da Stellantis negli ultimi mesi toccano sia la sfera personale dei lavoratori sia gli equilibri produttivi dello stabilimento serbo. Dal punto di vista umano, vivere in trasferta per mesi, affrontando nuove abitudini ed elevate incertezze, mette dura prova anche il lavoratore più resiliente. C
hi ha fatto questa scelta riferisce di un clima a volte di vera solitudine: pur con uno stipendio più alto, i costi psicologici e sociali sono elevati. La gestione delle distanze, le difficoltà linguistiche e le differenze nei diritti e nelle tutele rispetto all'Italia si fanno sentire quotidianamente.
A livello produttivo, però, il contributo dei lavoratori italiani, specialmente quelli con maggiore esperienza, si è rivelato essenziale:
Ecco uno schema riassuntivo degli effetti più visibili sulla produzione:
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Obiettivo produzione (auto/giorno) |
500 |
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Produzione attuale (auto/giorno) |
150 |
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Fattori di rallentamento |
Turnover personale, visto, ferie estive |
I ritardi e le incertezze organizzative, quindi, si proiettano sia sul rendimento degli impianti serbi sia sulla serenità futura degli oltre mille operai coinvolti in questa fase delicata.