Pagare la marca da bollo oggi significa muoversi tra regole aggiornate, importi diversi, molteplici canali di pagamento e opzioni digitali in evoluzione. Obblighi, strumenti e possibili errori.
Il sistema italiano dell’imposta di bollo rappresenta da decenni uno strumento fiscale chiave per certificare la validità di numerosi atti, contratti, fatture e documenti ufficiali. Nato in un contesto cartaceo, il pagamento di tale tributo si è progressivamente adattato alle esigenze della digitalizzazione, incentivando canali telematici e introducendo metodi innovativi come il bollo digitale e piattaforme per la transazione elettronica.
Il passaggio dal contrassegno fisico acquistato in tabaccheria o presso gli uffici postali alla gestione online, tramite sistemi come @e.bollo e pagoPA, permette oggi soluzioni sempre più rapide e tracciabili. Questa evoluzione soddisfa le necessità di utenti e professionisti che richiedono modalità versatili, sicure e conformi alla normativa vigente.
L’obbligo di assolvimento dell’imposta di bollo discende dal DPR 642/1972. Questa imposta si applica in diversi scenari:
L’acquisto delle marche da bollo può avvenire attraverso diversi canali:
La scelta del canale dipende dal tipo di documento, dal destinatario (privato, ente pubblico) e dal livello di digitalizzazione del servizio richiesto. Per alcuni usi, solo la modalità elettronica è ritenuta valida. I metodi accettati per il pagamento si sono ampliati:
Con l’introduzione, nel 2022, dell’obbligo generalizzato di accettazione della moneta elettronica da parte dei commercianti, sancito dal Decreto PNRR, sono emerse criticità legate ai prodotti e servizi di diretta derivazione statale, tra cui rientrano appunto i valori bollati. Per legge, infatti, le marche da bollo devono essere saldate contestualmente all’acquisto, il che esclude l’uso di assegni o carte di credito. Il bancomat, pur essendo tecnicamente ammesso, apre però una questione di sostenibilità economica.
Come spiega la Federazione, nella vendita dei valori bollati il tabaccaio riscuote imposte per conto dello Stato, girando poi le somme all’Erario. In cambio riceve un aggio fisso: ad esempio, per una marca da bollo del valore nominale di 73,50 euro (come quelle richieste per il rilascio del passaporto), il rivenditore trattiene 3,45 euro, pari al 4,7%. Se l’importo viene saldato in contanti, al netto dei costi diretti restano 3,03 euro. Se invece il pagamento avviene tramite POS, il margine si dimezza, scendendo a 1,56 euro.
Il nodo è l’incidenza delle commissioni bancarie e dei costi accessori, che possono raggiungere livelli insostenibili per il rivenditore. Su ogni transazione, il tabaccaio deve sostenere, oltre alla commissione sul pagamento elettronico (circa 2%), un costo di connessione allo 0,42% + IVA, pari a circa 38 centesimi e altri oneri per manutenzione, assistenza tecnica e fideiussione richiesta dall’Agenzia delle entrate, che grava per 0,04 centesimi a operazione.
Il risultato è che, su un aggio di 3,45 euro, i costi totali per i pagamenti in contanti si attestano attorno al 12% (circa 0,42 euro), mentre con il bancomat salgono al 55%, superando 1,89 euro. Una differenza che - sottolinea la Federazione - rischia di annullare il guadagno per il servizio reso, trasformando il concessionario in un mero esecutore a spese proprie.
Alla luce di queste criticità, secondo l’organizzazione sindacale, l’accettazione del pagamento tramite POS per i valori bollati non può essere imposta in modo assoluto, ma lasciata alla discrezionalità dell’esercente.
La marca da bollo digitale, nota anche come @e.bollo, rappresenta l’avanguardia nei processi di digitalizzazione fiscale. Il funzionamento si basa su: