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Le riserve d'oro in Italia sono in parte negli Usa e questo può essere un problema almeno

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Dove si trova l'oro italiano

Esplorare dove si trovano le riserve auree dell'Italia, tra storia, numeri e scelte di custodia all'estero, mostra le questioni di sicurezza e dibattito politico legate a questi asset strategici per il Paese.

Le riserve auree italiane, fra le principali al mondo, rappresentano uno degli strumenti più rilevanti nella gestione della stabilità finanziaria nazionale. Il quantitativo detenuto dalla Banca d'Italia si aggira intorno alle 2.452 tonnellate, una cifra che pone il Paese subito dopo Stati Uniti e Germania.

La funzione dell'oro nei bilanci delle banche centrali è duplice: garanzia per i prestiti internazionali e bene rifugio in occasione di crisi economiche, diventando asse portante della fiducia nei confronti dell'ecosistema finanziario italiano. Il valore stimato delle riserve supera i 200 miliardi di euro, un patrimonio distribuito su più sedi, dentro e fuori dai confini nazionali. Analizzare la presenza dell'oro italiano in depositi esteri, anzitutto negli USA, significa comprendere non soltanto vantaggi e svantaggi e le scelte strategiche di politica finanziaria, ma anche implicazioni geopolitiche storiche e attuali.

Dove si trova l'oro italiano: numeri, sedi e motivazioni storiche

  • Italia (Banca d'Italia, Roma): circa il 44,86%
  • Stati Uniti (Fort Knox e Federal Reserve): circa il 43,29%
  • Regno Unito (Bank of England): 5,76%
  • Svizzera: 6,09%
L'opzione di distribuire le riserve dell'oro tra più Stati risale al secondo dopoguerra. Allora l'Italia aderì al Piano Marshall e consolidò la propria posizione nell'orbita occidentale, cedendo parte dell'oro a istituzioni statunitensi come strumento di garanzia e stabilità. La presenza imponente dell'oro italiano a Fort Knox e nella Federal Reserve Bank of New York riflette una strategia di diversificazione, ufficialmente diretta alla minimizzazione dei rischi in caso di minacce belliche, instabilità politica o tensioni internazionali.

Sul versante normativo, la Banca d'Italia detiene e gestisce queste riserve in virtù dell'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea. Tale contesto ha visto storici contrasti su chi detenga il vero controllo sull'oro, ma la titolarità è stata più volte ribadita come di esclusiva pertinenza dello Stato italiano attraverso la propria banca centrale e nell'ambito dell'Eurosistema.

Paese

Tonellate detenute

Percentuale

Italia

1.100

44,86%

Stati Uniti

1.061,5

43,29%

Regno Unito

141,2

5,76%

Svizzera

149,3

6,09%

L'approfondimento sulle motivazioni storiche evidenzia la natura di pegno geopolitico delle riserve e la funzione di riserva strategica nei periodi critici del Novecento, con influenze che perdurano ancora oggi.

La custodia dell'oro italiano negli Stati Uniti: rischi, dubbi e controlli

L'allocazione di lingotti italiani nel caveau di Fort Knox trova giustificazione, secondo le banche centrali, nella necessità di garantire rapidità nelle operazioni finanziarie internazionali e stabilità in caso di crisi valutarie. Tuttavia, questa prassi solleva preoccupazioni legate alla trasparenza e all'effettivo controllo sulle riserve.

Nonostante le dichiarazioni delle autorità statunitensi, risulta che una vera ispezione indipendente a Fort Knox non sia stata condotta da oltre 50 anni: l'ultima, risalente al 1974, fu ritenuta dai più una mera operazione di facciata. Negli ultimi anni, le richieste di audit completo provengono non solo da ambienti politici statunitensi, ma anche da analisti e istituzioni finanziarie internazionali. L'elemento critico risiede nella mancanza di trasparenza su reali quantità e qualità dei lingotti, nonché sulle condizioni dei contratti di custodia.

Sul fronte dei rischi, vengono segnalati:

  • Assenza di verifica indipendente regolare sull'oro depositato negli Stati Uniti
  • Possibili vincoli politici in caso di crisi diplomatiche o cambiamenti nelle relazioni bilaterali
  • Dipendenza da decisioni esterne rispetto alla restituzione o movimentazione del metallo prezioso
Divergenze di visione emergono spesso tra i sostenitori della permanenza delle riserve negli USA, considerandola un elemento di sicurezza, e chi invece invoca una gestione più sovrana e controllabile, come hanno testimoniato alcuni casi europei recenti.

Il dibattito politico sulla restituzione: posizioni in Italia e casi esteri

Negli ultimi anni il dibattito sul rimpatrio delle riserve auree dall'estero è tornato a essere argomento di confronto fra le principali forze politiche italiane e l'opinione pubblica.

Figure di primo piano, come Giorgia Meloni nel 2020, hanno espresso la necessità di riportare entro i confini nazionali una quota maggiore di oro, sottolineando il valore di garanzia per la sovranità economica in periodi d'incertezza. Tuttavia, con il mutare del quadro politico, l'urgenza di tale operazione è progressivamente diminuita nelle dichiarazioni ufficiali, nonostante permangano pressioni provenienti da economisti, parlamentari e parte della cittadinanza.

A livello internazionale, la Germania ha agito concretamente nel 2017, ottenendo il rimpatrio di 674 tonnellate di oro precedentemente detenute presso New York e Parigi. L'operazione ha richiesto anni di trattative e significativi sforzi diplomatici, segnalando le difficoltà legate alle resistenze delle istituzioni custodenti. Casi esteri come quelli di Venezuela e Germania mettono in luce le complessità normative e politiche di simili richieste.

  • Il 43,29% di riserve italiane è oggi ancora in custodia negli Stati Uniti
  • La Bundesbank detiene ormai la metà dell'oro germanico in patria dopo un rimpatrio parziale
  • Paesi con tensioni diplomatiche hanno subito ritardi o negazioni nella restituzione delle proprie riserve
Nel contesto italiano, le prospettive per una gestione diversa delle riserve dipendono sia dalle dinamiche politiche interne sia dall'evoluzione dei rapporti internazionali, in particolare con gli USA.

La crescente attenzione verso trasparenza e sovranità monetaria può portare, in futuro, a una revisione dei contratti di custodia e a un più attivo monitoraggio sul patrimonio aureo nazionale.

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