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Licenziamento via WhatsApp diventa ora valido ma a precise condizioni dopo Sentenza Tribunale Napoli Nord 2025

di Marianna Quatraro pubblicato il
Sentenza Tribunale Napoli Nord 2025

Licenziare via WhatsApp ora possibile ma solo seguendo condizioni giuridiche. La sentenza del Tribunale di Napoli Nord ridefinisce limiti e garanzie, esplorando impatti su procedura, tutele.

La digitalizzazione delle relazioni lavorative sta riscrivendo le regole della comunicazione tra datori di lavoro e dipendenti, portando nelle aule dei tribunali questioni che fino a pochi anni fa sembravano impensabili. Gli strumenti di messaggistica istantanea, una volta riservati a comunicazioni informali, assumono oggi valore legale, a patto che rispettino determinati parametri di chiarezza, tracciabilità e trasparenza. La recente pronuncia del Tribunale di Napoli Nord rappresenta un vero spartiacque nel panorama giuridico, confermando che anche un semplice smartphone può diventare il vettore di una comunicazione di enorme impatto personale e professionale, come il recesso da un rapporto di lavoro.

La sentenza del Tribunale di Napoli Nord: contesto e principali questioni giuridiche

Il dibattito legato alla validità dei licenziamenti digitali si intensifica a partire dal caso affrontato dal Tribunale di Napoli Nord, deciso con la sentenza n. 1758 del 16 aprile 2025. I lavoratori si erano rivolti al giudice sostenendo che il loro recesso fosse stato comunicato oralmente, dunque privo dei requisiti previsti dall'art. 2 della Legge 604/1966, che sancisce la necessità della forma scritta ad substantiam per i licenziamenti individuali. Tuttavia, era emerso che il datore aveva trasmesso via WhatsApp il modello UniLav, documento ufficiale attestante la cessazione del rapporto per "giustificato motivo oggettivo".

Il fulcro della questione si concentra sull'equivalenza tra un messaggio digitale corredato di documentazione e la forma scritta richiesta dalla normativa. Secondo il Tribunale, la trasmissione del modello UniLav tramite una chat istantanea soddisfa i criteri imposti dalla legge, purché vengano rispettati alcuni requisiti essenziali:

  • chiarimento delle generalità delle parti;
  • indicazione precisa degli estremi contrattuali e motivazione del recesso;
  • documentabilità della ricezione da parte del lavoratore.
L'elemento decisivo è rappresentato dalla successiva impugnazione tempestiva da parte dei lavoratori, che prova la conoscenza dell'atto e contribuisce a dimostrare la validità della comunicazione digitale rispetto ai dettami legislativi e giurisprudenziali più recenti.

Forma scritta e mezzi elettronici: cosa rende valido il licenziamento digitale

Il passaggio dalla tradizionale raccomandata con ricevuta di ritorno alle app di messaggistica ha sollevato molte perplessità tra giuristi e operatori del settore. Lo scenario normativo è chiaro: secondo l'articolo 2 della Legge 604/1966, la comunicazione del licenziamento, al di là delle contestazioni disciplinari, richiede la forma scritta ad substantiam, forma che, secondo l'orientamento ormai consolidato dalla Cassazione e ripreso dal Tribunale di Napoli Nord, può essere soddisfatta anche in formato digitale.

Affinché tale comunicazione sia valida, però, occorre rispettare tre requisiti chiave:

  • Certezza della provenienza: il mittente deve essere inequivocabilmente identificabile.
  • Tracciabilità: occorre prova dell'invio e della ricezione al destinatario.
  • Contenuto completo e inequivocabile: la comunicazione deve includere le generalità delle parti, la data di cessazione, la motivazione e gli estremi contrattuali.
Lo strumento prescelto, sia esso WhatsApp, Telegram, PEC o SMS, deve essere idoneo a garantire trasparenza e certezza giuridica. Il giudice partenopeo ha chiarito che non ogni messaggio basta: un generico "non venire più" non soddisfa i criteri richiesti. Al contrario, l'invio di un documento formale come UniLav tramite una piattaforma informatica permette di rispettare la funzione informativa e le garanzie richieste dalla legge.

In definitiva, la "forma scritta" non coincide più con la carta: ciò che conta è la sostanza della comunicazione e la sua effettiva conoscibilità da parte del lavoratore, in modo da permettere un'agevole difesa dei propri diritti in caso di controversia.

Il ruolo del modello UniLav nelle comunicazioni digitali di licenziamento

All'interno delle procedure di recesso lavorativo, il modello UniLav rappresenta uno strumento essenziale. Si tratta di una comunicazione obbligatoria che il datore di lavoro è tenuto a trasmettere al Centro per l'Impiego in occasione di assunzioni, cessazioni, variazioni o proroghe del rapporto di lavoro.

Nel contesto digitale, la trasmissione del modello UniLav tramite una piattaforma di messaggistica consente di soddisfare la funzione informativa prevista dalla normativa vigente, a patto che il documento contenga:

  • le generalità di entrambe le parti coinvolte;
  • gli estremi del rapporto contrattuale cessato;
  • la motivazione specifica del recesso;
  • la data della cessazione del rapporto.
L'invio digitale, accompagnato dalla possibilità di dimostrare l'avvenuta ricezione e comprensione da parte del lavoratore, realizza pienamente la ratio dell'articolo 6 della Legge 604/1966, che si propone di assicurare la conoscenza e la tracciabilità dell'atto di licenziamento.

Il valore probatorio della trasmissione digitale del documento UniLav risiede nella sua idoneità a dimostrare non solo la volontà datoriale di recedere, ma anche la possibilità effettiva per il lavoratore di attivare le proprie difese, come accaduto nel caso valutato dal Tribunale di Napoli Nord.

Nullità, reintegra e risarcimento: quando il datore sbaglia procedura

Il rispetto della forma scritta e dei contenuti obbligatori della comunicazione di licenziamento, tuttavia, non basta: la procedura che accompagna l'adozione del provvedimento espulsivo è altrettanto rilevante ai fini di validità ed efficacia.

Nel caso del lavoratore magazziniere licenziato via chat, il Tribunale ha evidenziato come, in assenza di una contestazione specifica e preventiva dell'addebito disciplinare, la decisione datoriale non sia idonea a produrre effetti. La motivazione generica e la mancata attivazione del contraddittorio rendono il licenziamento affetto da nullità virtuale ai sensi dell'art. 1418 c.c., con la conseguente inesistenza dell'intero procedimento disciplinare:

  • Reintegra del lavoratore: Ai casi di nullità per violazione di norme imperative si applicano le tutele forti previste dall'articolo 18, comma 4, della L. 300/70 (Statuto dei Lavoratori). Il giudice può ordinare la reimmissione nel posto di lavoro anche per aziende con meno di 15 dipendenti.
  • Risarcimento del danno e contributi: Oltre alla reintegra, spetta il pagamento delle retribuzioni perdute dal licenziamento fino al reintegro, con versamento dei contributi previdenziali arretrati.
  • Onere dell'azienda: Il tentativo datoriale di ricondurre il licenziamento a una scelta unilaterale o di addebitare la responsabilità a un terzo privo di potere di rappresentanza non ha alcuna incidenza: la società risponde comunque degli effetti della nullità.
L'adozione negligente di procedure sommarie o sbrigative nella comunicazione di recesso comporta per il datore pesanti ricadute economiche e giuridiche, vanificando ogni apparente vantaggio della rapidità digitale.

La trasformazione del diritto del lavoro nell'era digitale e le tutele per il lavoratore

Il diritto del lavoro si trova oggi ad affrontare una transizione epocale, nella quale strumenti digitali come WhatsApp o altri mezzi elettronici ridefiniscono non solo le modalità di scambio, ma anche le garanzie operative a tutela dei soggetti coinvolti.

Il pronunciamento del Tribunale di Napoli Nord si inserisce in un filone di giurisprudenza che riconosce l'evoluzione della forma scritta, concepita non più come esclusiva espressione cartacea ma come qualunque manifestazione documentalmente comprovata della volontà datoriale, purché conoscibile dal destinatario.

L'introduzione del licenziamento elettronico non comporta affatto una riduzione delle tutele sostanziali per il lavoratore: la funzione garantista della forma scritta resta intatta, grazie alla possibilità di:

  • aggredire in giudizio eventuali violazioni procedurali;
  • dimostrare la ricezione effettiva e tempestiva della comunicazione di recesso;
  • ottenere la piena tutela reintegratoria e il risarcimento nelle ipotesi di illegittimità o nullità.
Questa innovazione normativa e giurisprudenziale esprime la volontà di adattare gli strumenti del diritto alla realtà sociale, assicurando che il principio cardine della tutela previdenziale e della difesa dei diritti individuali del lavoratore prescinda dai cambiamenti tecnologici, avvalorando così la solidità del sistema in ogni fase storica.


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