Licenziare via WhatsApp ora possibile ma solo seguendo condizioni giuridiche. La sentenza del Tribunale di Napoli Nord ridefinisce limiti e garanzie, esplorando impatti su procedura, tutele.
La digitalizzazione delle relazioni lavorative sta riscrivendo le regole della comunicazione tra datori di lavoro e dipendenti, portando nelle aule dei tribunali questioni che fino a pochi anni fa sembravano impensabili. Gli strumenti di messaggistica istantanea, una volta riservati a comunicazioni informali, assumono oggi valore legale, a patto che rispettino determinati parametri di chiarezza, tracciabilità e trasparenza. La recente pronuncia del Tribunale di Napoli Nord rappresenta un vero spartiacque nel panorama giuridico, confermando che anche un semplice smartphone può diventare il vettore di una comunicazione di enorme impatto personale e professionale, come il recesso da un rapporto di lavoro.
Il dibattito legato alla validità dei licenziamenti digitali si intensifica a partire dal caso affrontato dal Tribunale di Napoli Nord, deciso con la sentenza n. 1758 del 16 aprile 2025. I lavoratori si erano rivolti al giudice sostenendo che il loro recesso fosse stato comunicato oralmente, dunque privo dei requisiti previsti dall'art. 2 della Legge 604/1966, che sancisce la necessità della forma scritta ad substantiam per i licenziamenti individuali. Tuttavia, era emerso che il datore aveva trasmesso via WhatsApp il modello UniLav, documento ufficiale attestante la cessazione del rapporto per "giustificato motivo oggettivo".
Il fulcro della questione si concentra sull'equivalenza tra un messaggio digitale corredato di documentazione e la forma scritta richiesta dalla normativa. Secondo il Tribunale, la trasmissione del modello UniLav tramite una chat istantanea soddisfa i criteri imposti dalla legge, purché vengano rispettati alcuni requisiti essenziali:
Il passaggio dalla tradizionale raccomandata con ricevuta di ritorno alle app di messaggistica ha sollevato molte perplessità tra giuristi e operatori del settore. Lo scenario normativo è chiaro: secondo l'articolo 2 della Legge 604/1966, la comunicazione del licenziamento, al di là delle contestazioni disciplinari, richiede la forma scritta ad substantiam, forma che, secondo l'orientamento ormai consolidato dalla Cassazione e ripreso dal Tribunale di Napoli Nord, può essere soddisfatta anche in formato digitale.
Affinché tale comunicazione sia valida, però, occorre rispettare tre requisiti chiave:
In definitiva, la "forma scritta" non coincide più con la carta: ciò che conta è la sostanza della comunicazione e la sua effettiva conoscibilità da parte del lavoratore, in modo da permettere un'agevole difesa dei propri diritti in caso di controversia.
All'interno delle procedure di recesso lavorativo, il modello UniLav rappresenta uno strumento essenziale. Si tratta di una comunicazione obbligatoria che il datore di lavoro è tenuto a trasmettere al Centro per l'Impiego in occasione di assunzioni, cessazioni, variazioni o proroghe del rapporto di lavoro.
Nel contesto digitale, la trasmissione del modello UniLav tramite una piattaforma di messaggistica consente di soddisfare la funzione informativa prevista dalla normativa vigente, a patto che il documento contenga:
Il valore probatorio della trasmissione digitale del documento UniLav risiede nella sua idoneità a dimostrare non solo la volontà datoriale di recedere, ma anche la possibilità effettiva per il lavoratore di attivare le proprie difese, come accaduto nel caso valutato dal Tribunale di Napoli Nord.
Il rispetto della forma scritta e dei contenuti obbligatori della comunicazione di licenziamento, tuttavia, non basta: la procedura che accompagna l'adozione del provvedimento espulsivo è altrettanto rilevante ai fini di validità ed efficacia.
Nel caso del lavoratore magazziniere licenziato via chat, il Tribunale ha evidenziato come, in assenza di una contestazione specifica e preventiva dell'addebito disciplinare, la decisione datoriale non sia idonea a produrre effetti. La motivazione generica e la mancata attivazione del contraddittorio rendono il licenziamento affetto da nullità virtuale ai sensi dell'art. 1418 c.c., con la conseguente inesistenza dell'intero procedimento disciplinare:
Il diritto del lavoro si trova oggi ad affrontare una transizione epocale, nella quale strumenti digitali come WhatsApp o altri mezzi elettronici ridefiniscono non solo le modalità di scambio, ma anche le garanzie operative a tutela dei soggetti coinvolti.
Il pronunciamento del Tribunale di Napoli Nord si inserisce in un filone di giurisprudenza che riconosce l'evoluzione della forma scritta, concepita non più come esclusiva espressione cartacea ma come qualunque manifestazione documentalmente comprovata della volontà datoriale, purché conoscibile dal destinatario.
L'introduzione del licenziamento elettronico non comporta affatto una riduzione delle tutele sostanziali per il lavoratore: la funzione garantista della forma scritta resta intatta, grazie alla possibilità di: