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Mi scade il contratto e mi viene offerto di continuare a lavorare con partita iva. E' lecito? Cosa posso fare?

di Marianna Quatraro pubblicato il
scade contratto lavoro

Quando al termine di un contratto di lavoro subordinato si può chiedere al lavoratore di aprire una Partita Iva per continuare a prestare la propria attività: i chiarimenti e le regole in vigore

Si può lavorare legalmente aprendo una Partita Iva quando scade un contratto di lavoro subordinato? Capita, e non di rado, che ai dipendenti assunti con regolare contratto di lavoro subordinato ma a tempo determinato che venga richiesto, alla sua scadenza, di continuare a lavorare nello stesso luogo, ma come liberi professionisti. E spesso ci si chiede si tratta di una pratica lecita e legale e cosa si potrebbe altrimenti fare.

  • E’ lecito continuare a lavorare con Partita Iva una volta scaduto il contratto
  • Cosa si può fare

E’ lecito continuare a lavorare con Partita Iva una volta scaduto il contratto

Quando scade un contratto di lavoro subordinato, ma il datore di lavoro ha ancora bisogno della prestazione di un determinato soggetto a cui non intende, però, rinnovare il contratto, si può anche paventare l’ipotesi di proporre l’apertura di una Partita Iva permettergli di continuare la collaborazione.

Questa tipologia di lavoro dovrebbe, però, essere libera, non configurarsi come una falsa partita iva, cioè una forma di lavoro subordinato celato da lavoro autonomo. 

Ciò significherebbe per il lavoratore avere la libertà di gestire il proprio lavoro, sia a livello di tempo che di luogo di svolgimento della prestazione, e, per l’azienda, godere di una serie di vantaggi, a partire dai costi decisamente ridotti del lavoratore stesso.

Lavorare, dunque, aprendo una partita Iva dopo la conclusione del rapporto di lavoro subordinato è possibile e anche lecito, ma a condizione di rispettare specifiche regole.

Inoltre, precisiamo che chi apre una partita Iva e decide di aderire al regime forfettario deve fatturare meno del 50% all’ex datore di lavoro altrimenti l’anno successivo, se supera tale soglia, non può rimanerci nel regime fiscale agevolato.

Cosa fare

Continuare a lavorare nello stesso luogo di lavoro da libero professionista invece che da dipendente implica soprattutto svantaggi che dovrebbero essere recuperati.

Considerando, infatti, che nel passaggio da contratto di lavoro a tempo determinato ad apertura della Partita Iva si perdono tutte le tutele e le garanzie previste, dalle ferie ai pagamenti di malattie, permessi, infortuni, mensilità aggiuntive, come la tredicesima e la quattordicesima se prevista da Ccnl, e si perde all’accantonamento delle quote di Tfr (Trattamento di fine rapporto), bisognerebbe bilanciare le perdine.

Aprendo una Partita Iva si devono, infatti, pagare le tasse, tra Irpef nazionale e addizionali locali, nonché i contributi ai fini pensionistici e per farlo al meglio evitando di gravar troppo sui propri guadagni, si potrebbe chiedere un aumento al datore di lavoro o all’azienda presso cui continuiamo a lavorare ma da liberi professionisti.

Per esempio, se con il regolare contratto di lavoro si guadagnavano 1.400-1.500 euro netti al mese, passando alla Partita Iva si dovrebbe chiedere un aumento almeno fino 2mila, anche 2.200 euro mensili, per compensare i costi da pagare. 

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