Nel corso del 2025, la BCE ha intrapreso una politica monetaria più accomodante, con l'obiettivo di stimolare la crescita economica e contenere l'inflazione.
Dopo anni in cui la stabilità apparente dei tassi fissi ha guidato le scelte dei mutuatari, la situazione si è ribaltata. Gli ultimi mesi hanno restituito un quadro mutato, in cui il tasso variabile, per lungo tempo accantonato a causa dell'Euribor in ascesa, torna ad apparire non solo competitivo ma addirittura preferibile. A spingere in questa direzione concorre l'evoluzione dei parametri di riferimento, il comportamento delle banche e le attese di nuovi interventi da parte della Banca Centrale Europea. La Bce dovrebbe infatti tagliare ancora i tassi e con i dazi ancora di più per poi stabilizzarsi nel 2025-2026. L'incrocio tra questi fattori disegna uno scenario in cui la risposta alla domanda “conviene il mutuo fisso o il variabile nel 2025?” non è più scontata:
Questo calo repentino è dovuto alla strategia della Bce, che ha iniziato ad abbassare il tasso sui depositi in risposta a un'inflazione in discesa e a un rallentamento della crescita nei Paesi dell'Eurozona. Al contrario, l'Eurirs, utilizzato per i mutui a tasso fisso, si è mostrato molto più instabile e sensibile alle tensioni internazionali: a marzo è salito di 30 punti base, con picchi fino al 3,3% per le scadenze ventennali, salvo poi attestarsi a 2,76% nel mese di maggio.
A questa divergenza tra i due indici si è aggiunta una nuova strategia bancaria: per rendere più appetibili i finanziamenti a tasso variabile, gli istituti di credito hanno abbassato lo spread applicato ai mutui indicizzati, in alcuni casi di 25 punti base. Questo ha portato, per la prima volta da oltre due anni, a una quasi parità di rata iniziale tra fisso e variabile, se non addirittura a una convenienza immediata per il secondo.
Con un mutuo standard da 160.000 euro a 20 anni, il variabile oggi parte da una rata di 878 euro (TAN 2,88%) contro gli 885 euro del fisso (TAN 2,98%). Solo un anno fa, la differenza era abissale: con un Euribor sopra il 4,7%, la rata mensile a tasso variabile sfiorava i 1.036 euro, 158 euro in più rispetto a oggi.
La scelta tra fisso e variabile non può mai prescindere dalla valutazione del rischio individuale. È vero che nel 2025 il tasso variabile ha riacquistato convenienza, ma questa situazione non dura per sempre.
Secondo i principali analisti, per orientarsi occorre partire da due considerazioni: la prima riguarda l'immediato vantaggio economico; la seconda la resilienza del bilancio familiare rispetto a futuri aumenti del tasso. In altre parole, se il vantaggio iniziale è significativo - almeno 0,50 punti percentuali di TAN in meno rispetto al fisso - il mutuo variabile merita attenzione, soprattutto se si crede che la Bce continuerà a ridurre il costo del denaro. E questo è proprio il contesto che si sta delineando: l'Euribor potrebbe subire altri tre interventi ribassisti entro fine anno, mentre l'Eurirs sembra più condizionato dalle incognite geopolitiche e dalle decisioni di politica fiscale Usa, legate ad esempio ai dazi.
Il secondo elemento da considerare è la capacità economica della famiglia: chi sceglie il variabile deve sapere con precisione fino a quanto potrebbe aumentare la rata nel caso di un'inversione di tendenza dei tassi. Un mutuatario solido, con redditi stabili, potrà affrontare queste oscillazioni senza gravi ripercussioni; al contrario, chi ha già margini di spesa risicati dovrebbe preferire la certezza di un tasso fisso.
In alternativa, esiste anche la possibilità di sottoscrivere un mutuo variabile con cap (tetto massimo), che limita il rischio a fronte di una maggiorazione dello spread iniziale. È una formula ibrida che nel 2025 sta conoscendo nuova popolarità, proprio per la sua flessibilità in un contesto incerto.
Ad oggi, maggio 2025, l'offerta più conveniente sul mercato riguarda i mutui a tasso variabile standard, senza cap, per durate comprese tra 15 e 25 anni. Le banche premiano le richieste con importi superiori a 100.000 euro e immobili di classe energetica A o B, concedendo tassi iniziali sotto il 3% e spread fino a 0,60% sull'Euribor.
Secondo i dati di MutuiOnline, per un finanziamento a 25 anni di 180.000 euro, la rata del variabile è oggi inferiore di circa 25 euro mensili rispetto al fisso equivalente, con un risparmio totale potenziale di oltre 5.000 euro. L'attrattività del tasso fisso, invece, si riduce nelle proposte con scadenze oltre i 30 anni, dove l'Eurirs tende a penalizzare la rata iniziale con TAN superiori al 3,60%, a meno di particolari convenzioni o promozioni bancarie.
I forecast sull'Euribor a 3 mesi indicano una discesa verso l'1,80% entro l'autunno, con la possibilità concreta di vedere tassi ancora più bassi nel 2026. Se queste previsioni venissero confermate, chi ha sottoscritto un mutuo indicizzato nel 2025 godrebbe di un percorso di calo progressivo delle rate nei mesi successivi, in netta controtendenza rispetto agli ultimi anni. Naturalmente, resta l'imprevedibilità di lungo periodo: un ritorno a tassi alti non è da escludere nel medio termine.