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Opzione donna e gli emendamenti bollinati: le modifiche richieste e le probabilità che passino

di Marianna Quatraro pubblicato il
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I diversi emendamenti presentati, la convergenza delle forze politiche e le richieste sindacali che si susseguono rendono molto probabile l'approvazione della proroga di opzione donna per tutto il 2026

Il confronto politico e sociale sulle pensioni è attualmente incentrato sulla discussione, tra gli altri, degli emendamenti relativi a Opzione Donna in Manovra 2026. Dopo l’esclusione iniziale dal testo governativo, l’attenzione del Parlamento si è concentrata sulle richieste di proroga e ampliamento di questa misura. I quasi seimila emendamenti presentati in Senato testimoniano la centralità di temi quali flessibilità pensionistica, equità di genere e sostegno alle categorie fragili. La presenza di numerosi correttivi “bollinati” e considerati prioritari evidenzia il peso politico e sociale della misura all’interno del pacchetto previdenziale.

Opzione Donna e Manovra 2026: la situazione attuale e le ragioni della proroga

Il testo originario della Manovra Finanziaria 2026 ha sancito l’uscita di scena di Opzione Donna a partire dal 1° gennaio 2026, al pari di altre forme di pensionamento anticipato transitorie. Nel quadro delineato dal Governo, l’unico canale flessibile rimasto è l’Ape Sociale, mentre per molte lavoratrici la prospettiva resta legata ai requisiti ordinari imposti dalla riforma Fornero. 


Negli ultimi anni, la misura, introdotta nel 2004 e più volte prorogata con condizioni sempre più restrittive, era stata riservata solo a caregiver, invalide o licenziate/dipendenti di aziende in crisi. Sono diminuite drasticamente le beneficiarie: secondo dati ufficiali, gli assegni liquidati si sono ridotti da quasi 27.000 (2022) a meno di 5.000 (2024). 
 

L’assenza di Opzione Donna tra gli strumenti previsti nella manovra 2026 ha acceso il dibattito, sia in quanto lascia scoperte le lavoratrici con carriere discontinue, sia per il rischio di penalizzare chi si trova a fine carriera senza canali di uscita flessibili.
Le motivazioni addotte a favore della proroga sono molteplici:

  • Riequilibrare le disparità di genere in un mercato del lavoro che in Italia rimane caratterizzato da un basso tasso di occupazione femminile e percorsi discontinui.
  • Consentire a chi ha maturato contribuzioni lunghe ma carriere penalizzate da maternità, disoccupazione o lavori precari di non attendere i 67 anni della vecchiaia per accedere alla pensione.
  • Rispondere a una forte pressione sociale e sindacale testimoniata dalla mobilitazione di associazioni e gruppi come CODS (Comitato Opzione Donna Social).

Contenuto e obiettivi principali degli emendamenti proposti su Opzione Donna

La Commissione Bilancio del Senato si trova oggi a esaminare numerose proposte di modifica che puntano a prorogare Opzione donna per uscire prima e nello specifico a renderla più accessibile ed equa. Tra le proposte emerse:
  • Proroga del termine per maturare i requisiti fino al 31 dicembre 2025, consentendo così a molte lavoratrici di accedere alla pensione anticipata.
  • Allargamento delle categorie ammesse: non solo caregiver e licenziate, ma anche disoccupate per scadenza contratto, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, a condizione di almeno 18 mesi di lavoro dipendente nei precedenti 36 mesi e completa fruizione della NASpI.
  • Stabilizzazione del requisito contributivo a 35 anni e l’età di accesso a 61 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e fino a un massimo di due anni).
  • Estensione dei termini per il personale scolastico per presentare domanda di cessazione con effetti dall’inizio dell’anno scolastico/accademico seguente.
  • Possibili correttivi sul calcolo contributivo per ridurre la penalizzazione dell’importo della pensione.
Questi interventi non solo mantengono l’accesso al pensionamento anticipato per le donne “fragili” ma contemplano una maggiore platea potenziale rispetto agli ultimi due anni.

Le forze politiche a sostegno e le proposte di ampliamento della platea

L’analisi dei testi parlamentari evidenzia una rara convergenza tra maggioranza e opposizione rispetto alla richiesta di prolungare Opzione Donna almeno per un altro anno. 
Fratelli d’Italia ha presentato una proposta che prevede la proroga fino a fine 2025 e include ampie modifiche, in primis l’accesso anche alle lavoratrici disoccupate non necessariamente licenziate. La Lega insiste sulla necessità di evitare ritorni alla Fornero e ipotizza l’aumento dell’IRAP per banche e assicurazioni quale forma di copertura. Per riassumere:

  • Forza Italia ha espresso convinto appoggio al ripristino della misura.
  • Il Partito Democratico, AVS e Movimento 5 Stelle hanno avanzato emendamenti per il ritorno ai vecchi requisiti, puntando a una maggiore inclusività.
La pressione per l’ampliamento della platea si concentra soprattutto sulle donne escluse dalle recenti restrizioni, sostenendo l’importanza di tutelare chi ha carriere discontinue e posizioni previdenziali più deboli.

Nodi critici: sostenibilità, coperture finanziarie e vincoli di bilancio

L’aspetto determinante nella discussione sulle riforme pensionistiche, compresa la possibile proroga di Opzione Donna, resta la necessità di equilibrio con i vincoli finanziari nazionali e comunitari. Il Ministro dell’Economia ha più volte ricordato che la legge di Bilancio 2026 deve garantire i saldi per consentire l’uscita dell’Italia dalla procedura europea per deficit eccessivo.
Le ipotesi di copertura ruotano intorno a:

  • Aumenti selettivi dell’IRAP su banche e assicurazioni, proposti particolarmente dalla Lega, il cui gettito stimato potrebbe arrivare a miliardi nel triennio.
  • Misure temporanee di tassazione su capitali e attività finanziarie.
  • Revisione delle priorità di spesa, in competizione diretta con altri interventi su fisco e welfare.
Le stime dei costi, tuttavia, risultano limitate per quanto riguarda Opzione Donna: nel 2025, il suo peso sulla spesa pubblica è stato inferiore ai 20 milioni di euro.
Le rigidità imposte dagli impegni europei e dal plafond della manovra portano a un’inevitabile necessità di compensare ogni nuova uscita con risorse equivalenti, rendendo difficile accogliere interventi percepiti come “strutturali”. 

Le reazioni di sindacati e associazioni: la mobilitazione a favore di Opzione Donna

Il percorso della misura negli ultimi anni è stato accompagnato da una forte mobilitazione collettiva volta a preservarne i principi di equità e di tutela sociale. Sindacati confederali come CGIL, CISL e UIL hanno espresso la loro contrarietà alla cancellazione di Opzione Donna soprattutto per il rischio di discriminazione di genere e penalizzazione delle carriere femminili interrotte.
Diversi comitati, come il CODS, si sono impegnati in azioni di pressione, campagne di sensibilizzazione e class action per ripristinare l’istituto anche nella sua versione originaria. Le principali istanze avanzate includono:

  • superamento delle restrizioni introdotte nelle ultime due legislature e ritorno al meccanismo delle origini, meno escludente;
  • necessità di un sistema pensionistico più flessibile e in grado di riconoscere la specificità dei percorsi lavorativi femminili;
  • maggiore equità tra lavoratrici e lavoratori nel diritto alla quiescenza.
Le mobilitazioni in corso, dagli scioperi generali convocati a dicembre alle adesioni a strumenti collettivi di tutela dei diritti, dimostrano che Opzione Donna è percepita come una misura strategica per migliaia di persone. 

Probabilità di approvazione e scenari attesi per il 2026

La presenza di emendamenti “segnalati” sia dalla maggioranza che dall’opposizione, l’ampio consenso trasversale e il costo relativamente contenuto per le casse dello Stato rendono altamente probabile una proroga della misura per tutto il 2026.
Le ipotesi più accreditate prevedono:

  • mantenimento del requisito contributivo e anagrafico in vigore nel 2024-2025,
  • estensione consistente della platea, specie verso le disoccupate e le donne con contratti non stabili,
  • riconoscimento eventuale di alcune forme di flessibilità aggiuntiva (calcolo meno penalizzante dell’assegno, ampliamento delle finestre di uscita).
Resta comunque subordinata ad una risoluzione condivisa sulle coperture finanziarie e ad un ulteriore affinamento delle platee beneficiarie. 


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