La proposta di introdurre un regime forfettario al 26% porta con sé novità, vantaggi e criticità. I requisiti d'accesso, le motivazioni della misura e le possibili prospettive.
Il dibattito sulla possibile revisione del regime forfettario per lavoratori autonomi, dipendenti e pensionati con redditi misti si è riacceso con la nuova proposta avanzata per il 2026. Questa iniziativa prevede, per alcune categorie di contribuenti, una tassazione sostitutiva del 26% in presenza di determinati livelli di reddito, anziché mantenere l'aliquota agevolata standard.
L'ipotesi mira a stimolare l'accesso alla Partita IVA anche a chi percepisce redditi annui superiori alla soglia di esclusione vigente, introducendo però una maggiore progressività fiscale nell'applicazione dell'imposta. Una simile soluzione rappresenterebbe un cambiamento nel panorama delle agevolazioni tributarie per le cosiddette Partite IVA ibride.
L'Istituto Nazionale Tributaristi (INT) ha promosso la modifica del regime forfettario in occasione della discussione sulla Legge di Bilancio 2026, presentando una proposta finalizzata ad ampliare la platea dei potenziali beneficiari. L'idea nasce dal confronto con la realtà dei lavoratori che affiancano al lavoro dipendente o alla pensione una seconda attività autonoma e che, fino ad oggi, risultavano esclusi da questo regime se superavano determinate soglie di reddito da lavoro o pensione. La proposta INT mira a rispondere alle criticità riscontrate negli attuali meccanismi del regime forfettario, giudicati troppo rigidi e causa di una perdita immediata dei benefici fiscali superato il tetto di 35.000 euro. Le motivazioni dietro la proposta sono molteplici:
La disciplina attuale del regime forfettario, regolata dalla Legge 190/2014, prevede:
Tra gli obiettivi della Manovra 2026 c'è la ricerca di un equilibrio tra incentivo alla regolarizzazione delle micro-imprese e stabilità delle entrate fiscali, nonché la riduzione delle criticità legate al cosiddetto scalone, ovvero il brusco passaggio dall'imposizione agevolata a quella ordinaria in caso di superamento della soglia di reddito.
La proposta avanzata dall'INT riguarda coloro che cumulano redditi da lavoro dipendente o pensione superiori ai 35.000 euro e vogliono gestire una seconda attività in Partita IVA semplificando gli adempimenti fiscali. In pratica l'aliquota al 26% verrebbe applicata nei seguenti casi:
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Soglia di reddito da lavoro/pensione |
Aliquota sostitutiva |
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Fino a 35.000 euro |
5% (primi 5 anni) / 15% |
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Oltre 35.000 euro |
26% (solo parte eccedente, secondo la proposta) |
Nessuna modifica viene prospettata per chi ha cessato l'attività lavorativa dipendente o assimilata entro l'anno precedente, che resta escluso dal limite di cumulabilità. Restano valide tutte le altre condizioni previste dalla disciplina forfettaria, tra cui i vincoli di non partecipazione a società di persone/associazioni e la limitata detraibilità/cumulabilità con altre agevolazioni.
L'introduzione della soglia al 26% rappresenterebbe, sul piano pratico, una soluzione intermedia tra l'attuale forfettario e il regime ordinario. Tra gli effetti sono stati individuati:
La valutazione sull'effettiva convenienza del nuovo assetto proposto dipende da molteplici fattori. Il regime forfettario, già pensato per ridurre gravami fiscali e oneri burocratici, pone ora il tema di come l'aliquota del 26% potrebbe impattare sulle scelte dei lavoratori e dei piccoli imprenditori con redditi superiori alle attuali soglie. Per molti professionisti, infatti, la semplicità di gestione e la prevedibilità del carico fiscale sono elementi di grande attrattiva, anche a fronte di una minore aliquota rispetto al regime ordinario.
Alcuni elementi da monitorare nei prossimi sviluppi: