L'uscita dal lavoro dipende non solo da requisiti anagrafici e contributivi ma anche dai redditi guadagnati e penalizza chi ha stipendi più bassi: le recenti analisi
L’evoluzione delle regole previdenziali negli ultimi anni sta rimodellando le prospettive di uscita dal lavoro, rendendo il raggiungimento della pensione sempre più condizionato da una molteplicità di fattori. A mutare, infatti, non sono solo i requisiti anagrafici e contributivi: il livello dei redditi e dei salari percepiti nel corso della vita lavorativa esercita un impatto decisivo sulle tempistiche dell’accesso al trattamento pensionistico.
La variabilità della retribuzione annuale, la discontinuità delle carriere e la tipologia di contratto possono determinare significativi slittamenti dell'età di pensionamento effettiva. Questo scenario mette al centro della discussione la vulnerabilità dei lavoratori con redditi bassi, costretti spesso a prolungare l’attività per maturare i requisiti necessari.
Per andare in pensione di vecchiaia è necessario raggiungere 67 anni di età e aver maturato almeno 20 anni di contributi. Tuttavia, dal 2027, secondo il meccanismo automatico di adeguamento all’aspettativa di vita, l’età richiesta crescerà progressivamente: di un mese nel 2027 e di altri due mesi nel 2028, attestandosi a 67 anni e tre mesi.
Ma non è solo il fattore anagrafico a incidere. Il sistema contributivo obbliga a considerare anche lo stipendio annuale percepito: perché ogni anno sia riconosciuto per intero dalla previdenza, il lavoratore deve aver versato contributi su una retribuzione pari almeno al 40% della pensione minima.
Di conseguenza, chi riceve un compenso annuo inferiore, o lavora soltanto pochi mesi all’anno con contratti part-time involontari o discontinui, non riesce a maturare 12 mesi pieni di contribuzione. Per questi soggetti, il tempo effettivo per arrivare alla pensione si allunga oltre i requisiti minimi teorici, perché gli anni cosiddetti “vuoti” vanno compensati con ulteriori periodi lavorativi, ritardando così l’uscita dal mondo del lavoro.
Il concetto di minimale contributivo è centrale nell’attuale sistema previdenziale italiano: solo chi percepisce una remunerazione almeno pari a tale soglia vede riconosciuto un anno intero di contributi utili al calcolo e all’accesso alla pensione. Nel 2025, il limite è fissato a 241,36 euro lordi per ciascuna settimana, che su base annua corrisponde a circa 12.551 euro.
Questa regola penalizza chi lavora in modo saltuario, chi svolge attività stagionali o part-time involontari e chi, per varie ragioni, non riesce a garantire la continuità lavorativa. Nonostante la presenza di un contratto anche per tutto l’anno, se il salario complessivo rimane al di sotto del minimale, l’INPS non riconosce i 12 mesi di contribuzione. Di fatto, questi lavoratori vedono "erosi" diversi mesi di anzianità contributiva ogni anno e risulta che:
L’Osservatorio Previdenza della CGIL ha posto l’accento sulle ricadute delle nuove regole soprattutto sulle fasce più fragili del mondo del lavoro: coloro che hanno alle spalle impieghi precari, contratti a termine, carriere a intermittenza e, in generale, redditi inferiori ai 15.000 euro.
Secondo le analisi sindacali, chi si posiziona sotto il minimale contributivo rischia di dover lavorare diversi mesi in più rispetto a quanto sarebbe previsto secondo i soli requisiti anagrafici. Per esempio:
Per meglio comprendere l’impatto reale delle nuove regole sul calcolo della pensione, può essere utile riferirsi ai dati riportati da CGIL e INPS:
| Reddito annuo | Mesi extra di lavoro richiesti (2028) | Mesi extra nel 2040 | Mesi extra nel 2050 |
| 5.000 euro | quasi 2 | oltre 7 | oltre 13 |
| 8.000 euro | 1 e 1 settimana | quasi 5 | oltre 8 |
Questi numeri evidenziano mostrano che, con il passare degli anni, la forbice rischia di allargarsi ulteriormente fino a superare anche i dodici mesi. La situazione peggiora in mancanza di rinnovi contrattuali o di adeguamenti dei salari al costo della vita, mentre il valore del minimale contributivo cresce ogni anno in risposta all'inflazione.