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Pensione a 71 anni e con importi ridicoli: chi sono i lavoratori interessati e beffati (oltre 1 milione) secondo nuova ricerca

di Marianna Quatraro pubblicato il
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In pensione a 71 anni e con importi inferiore anche ai 900 euro dopo una vita di studio e lavoro: il futuro pensionistico beffardo di professionisti e partite Iva secondo una recente nuova ricerca

Una recente ricerca curata da NIdiL CGIL in collaborazione con l’Osservatorio Pensioni della CGIL, sulla base dei dati diffusi dall’INPS relativi alla Gestione Separata, rivela un quadro preoccupante per il sistema previdenziale italiano. Oltre un milione di persone, tra lavoratrici e lavoratori precari, collaboratori e titolari di partita IVA, rischiano di dover aspettare fino ai 71 anni per il pensionamento, con assegni che spesso si attestano su importi modesti, distanti dagli standard di vita dignitosi.

Questa fascia di lavoratori rappresenta una componente sempre più ampia e rilevante nell’economia nazionale, ma spesso si trova ad affrontare grandi incertezze: precarietà lavorativa, guadagni discontinui, impossibilità o difficoltà ad accumulare contributi sufficienti.

La ricerca mette in evidenza come le attuali regole del sistema pensionistico e la situazione reddituale di questi soggetti penalizzino soprattutto chi, pur lavorando con continuità, non riesce a garantire un versamento contributivo adeguato. L’uscita dal lavoro, per la maggior parte di loro, sarà dunque ritardata fino all’età massima prevista, con il rischio concreto di percepire una pensione inferiore alle reali necessità.

Chi sono i lavoratori coinvolti: collaboratori esclusivi e professionisti con partita IVA

I soggetti interessati dal fenomeno individuato dalla recente ricerca sono rappresentati in larga parte da due gruppi distinti ma accomunati da condizioni lavorative e previdenziali fragili:

  • Collaboratori esclusivi: si tratta di lavoratori co.co.co., spesso inglobati nella Gestione Separata INPS. Rientrano in questa categoria gli operatori dei call center, molte figure impiegate nel privato, ma anche nel pubblico, come, per esempio, alcune maestre d’asilo in realtà comunali. Sono circa 208.000 le persone censite presso questa platea, le quali, pur operando stabilmente, si trovano a dover fare i conti con compensi contenuti e contributi versati in modo discontinuo.
  • Professionisti con partita IVA esclusiva non iscritti ad ordini professionali: è il caso di archeologhe e archeologi, guide turistiche, traduttori e grafici pubblicitari. Si tratta di lavoratrici e lavoratori che, pur svolgendo una professione qualificata, non rientrano in alcun albo e sono circa 436.000 individui. Sono realtà eterogenee, spesso caratterizzate da un’ampia presenza femminile e da un’età media relativamente bassa, a testimonianza di una generale difficoltà nell’inserimento stabile nel mondo lavorativo.

Le difficoltà economiche: compensi e contributi insufficienti per una pensione dignitosa

I dati raccolti da NIdiL CGIL mettono in luce una questione rilevante: i livelli medi di compenso per i lavoratori autonomi e parasubordinati sono ben al di sotto della soglia necessaria per garantire una buona pensione e un futuro sereno. Nel 2024, i collaboratori esclusivi hanno percepito, in media, 8.500 euro annui, con forti disparità di genere e generazionali: le donne (47% del totale) si attestano su 6.839 euro, gli under 35 (44%) poco sopra i 5.530 euro.

I professionisti con partita IVA esclusiva, invece, si fermano mediamente a 18.000 euro annui. Anche qui, le differenze sono marcate: le donne, quasi il 50% della platea, registrano 15.700 euro annuali, i più giovani circa 14.400 euro. A fronte di questi redditi spesso insufficienti, molti lavoratori non raggiungono nemmeno la soglia dei 12 mesi di contribuzione effettiva, e si trovano quindi esclusi da una serie di diritti sociali quali maternità, malattia, disoccupazione.

La seguente tabella mette in evidenza il quadro dei compensi 2024:

Categoria Compenso medio annuo Compenso medio annuo – Donne Compenso medio annuo – Under35
Collaboratori esclusivi 8.500 € 6.839 € 5.530 €
Professionisti con IVA esclusiva 18.000 € 15.700 € 14.400 €

Questa situazione non consente di costruire un’adeguata posizione previdenziale. In più, solo una percentuale minima riesce a garantire un anno pieno di contributi (8% tra i collaboratori, 35% tra i professionisti). Chi versa contributi al di sotto di tali livelli si trova escluso anche da eventuali ammortizzatori sociali, generando un forte senso di insicurezza economica.

L’accesso alla pensione: età, importi e prospettive per i lavoratori interessati

Per la grande maggioranza dei collaboratori e delle partite IVA, il futuro previdenziale si traduce, in maniera beffarda potremmo dire, dopo una vita si studio e lavoro, nella possibilità di andare in pensione solo al compimento dei 71 anni, con assegni che spesso risultano molto al di sotto delle aspettative. Questa possibilità, prevista dal sistema in assenza di soglie di reddito, si rivela l’unica via percorribile per chi non riesce a maturare i requisiti contributivi minimi necessari per la pensione di vecchiaia o quella anticipata standard.

L’analisi quantifica alcune prospettive diverse:

  • Collaboratori esclusivi con almeno un anno pieno di contributi: serviranno ben 30 anni di versamenti per il diritto alla pensione a 64 anni, con un importo di circa 853 euro mensili.
  • Professionisti con partita IVA esclusiva, nelle medesime condizioni: 30 anni di contributi per la pensione a 67 anni, con un assegno di 646 euro al mese.
  • Per la stragrande maggioranza, però, l’uscita a 71 anni resta l’unico sbocco concreto, con trattamenti minimi previsti dall’attuale legislazione.
La difficoltà principale per questi lavoratori resta la capacità di versare in continuità adeguati contributi previdenziali, ostacolata da compensi bassi e periodi di inattività. Solo l’8% dei collaboratori esclusivi e il 35% dei professionisti con partita IVA riesce a maturare dodici mesi di contribuzione completa nell’arco di un anno. Per il restante, il rischio di rimanere esclusi da qualsiasi prestazione sociale è concreto e attuale.

Le richieste dei sindacati: il giusto compenso, il salario minimo ed equo per garantire una pensione adeguata

Alla luce di questa situazione, le principali organizzazioni sindacali, con NIdiL CGIL in prima linea, avanzano richieste chiare e articolate, con l’obiettivo di invertire la rotta e garantire diritti più equi a tutti:

  • Definizione di un salario minimo o comunque di un equo compenso, affinché nessun lavoratore possa percepire importi inferiori a quelli garantiti dai contratti collettivi nazionali maggiormente rappresentativi. Tale soglia rappresenterebbe il punto di riferimento sia per i lavoratori subordinati, sia per tutte le tipologie di collaborazioni autonome e parasubordinate. L’equità della retribuzione è considerata essenziale per far sì che anche i versamenti previdenziali risultino sufficienti.
  • Pareggiamento delle aliquote contributive tra dipendenti e parasubordinati, eliminando quelle disparità che oggi si traducono in un onere maggiore (quasi il 2% in più) per i collaboratori rispetto ai lavoratori dipendenti. Una modifica di questo tipo favorirebbe maggiore equità fiscale e previdenziale, ponendo fine a una discriminazione con effetti negativi soprattutto sui più deboli.
  • Estensione degli ammortizzatori sociali e di tutte le prestazioni di protezione, affinché siano accessibili anche a chi lavora in modo discontinuo, senza discriminazioni di categoria.
  • Introduzione di una pensione contributiva di garanzia, in grado di assicurare a chi ha carriere discontinue e retribuzioni contenute la possibilità di accedere ad un trattamento pensionistico dignitoso.
Tali richieste sono state rilanciate in occasione dello sciopero generale del 12 dicembre 2025, a testimonianza dell’urgenza di una riforma profonda nel settore del lavoro autonomo e parasubordinato. L’obiettivo è ricostruire un sistema in grado di promuovere reale inclusione e protezione sociale.

 



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