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Pensioni, se ho cristallizzato il diritto di uscita anticipata può cambiare importo con riforma contributiva?

di Marianna Quatraro pubblicato il
cristallizzazione riforma contributiva

Cosa potrebbe cambiare con la riforma contributiva per chi cristallizza il diritto alla pensione anticipata con una delle forme vigenti: i chiarimenti

Se cristallizzo il diritto alla pensione anticipata con una forma vigente, cambia il mio importo in seguito con la riforma contributiva? In molti si chiedono se una volta cristallizzato il diritto alla pensione con una delle forme di uscita anticipata vigenti il calcolo dell’importo finale potrebbe cambiare la riforma contributiva. Cerchiamo di seguito di dare una spiegazione chiara di tale meccanismo.

  • Quando si cristallizza il diritto all’uscita anticipata e come
  • Come incide la riforma contributiva sulla cristallizzazione della pensione


Quando si cristallizza il diritto all’uscita anticipata e come

Quando si matura il diritto ad una forma di uscita pensionistica, raggiungendo determinati requisiti anagrafici e contributivi, allora si dice che il diritto alla pensione viene cristallizzato.

Ciò significa che, una volta maturato il diritto all’uscita, si può sempre andare in pensione anche se le forme di uscita vigenti si sono esaurite e con gli stessi requisiti da essere richiesti.

Per esempio, il 31 dicembre 2024 si esauriranno, salvo ulteriori proroghe nella prossima Manovra Finanziaria 2025, quota 103, opzione donna e ape sociale, ma tutti coloro che raggiungono i relativi requisiti entro quest’anno, cristallizzano il diritto alla pensione con la forma scelta, e possono andare in pensione con le stesse condizioni ora richieste nel 2025, nel 2026, nel 2027 e così via. 

Dunque, chi consegue i requisiti per accedere uscire dal lavoro con una specifica formula, può sempre chiedere di andare in pensione a quelle condizioni anche dopo la scadenza della misura stessa.

Come incide la riforma contributiva sulla cristallizzazione della pensione

La riforma contributiva, che in realtà non è una vera e propria riforma, si basa su due nuove proposte distinte che interessano sia gli anni di contributi necessari per il pensionamento, sia il ricalcolo dei trattamenti finali in determinati casi.

Partendo dagli anni contributivi necessari per lasciare il lavoro, la proposta avanzata è quella di un aumento di 5 anni dei contributi necessari per andare in pensione di vecchiaia, che passerebbero così da 20 a 25. Per quanto riguarda il ricalcolo dei trattamenti, si punta ad un unico ricalcolo esclusivamente contributivo per andare in pensione prima dei 67 anni oggi richiesti anche per chi calcola ancora la pensione finale con sistema retributivo o misto (cioè in parte retributivi, decisamente più vantaggioso, e in parte contributivo).

Si parla, dunque, di ipotesi, al momento neppure concretamente in discussione, che potrebbero essere riprese ma che non inciderebbero sulla cristallizzazione del diritto alla pensione anticipata né da un punto di vista di calcolo, né tanto meno per quanto riguarda gli aumenti degli anni di contributi necessari per la pensione, anche perché interesserebbero la pensione di vecchiaia e non direttamente le forme di uscita prima.

Ciò significa che chiunque oggi maturi il diritto ad andare in pensione prima con una delle forme di uscita anticipata oggi in vigore, nel 2025, o nel 2026, o quando deciderà potrà uscire con i requisiti attualmente richiesti per tali forme a prescindere da ogni novità pensionistica e contributiva che ci sarà in seguito. 

Dunque, con una eventuale riforma contributiva neppure l’importo della pensione cambierà se è stato cristallizzato il diritto ad una forma di uscita anticipata.
 

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