Il dibattito sulle uscite pensionistiche anticipate è tornato centrale con l’avvicinarsi della Manovra Finanziaria 2026. In un contesto di tensioni tra esigenze sociali e compatibilità di bilancio, la questione delle possibili soluzioni per pensioni anticipate 2026 a costi bassi si presenta come sfida strategica per il governo. La sostenibilità del sistema previdenziale e la necessità di garantire adeguate tutele ai lavoratori più anziani guidano l’analisi delle proposte in campo, che vanno dalla revisione dei requisiti di uscita fino alla promozione della previdenza complementare. 
Pensione a 64 anni con calcolo contributivo: convenienza economica e impatti per lo Stato
Tra le soluzioni di pensione anticipata prese in esame, c'è il modello di uscita a 64 anni con calcolo interamente contributivo. Questa formula, già riservata ai cosiddetti "contributivi puri", prevede il pensionamento a fronte di almeno 20 anni di versamenti e il raggiungimento di una soglia minima legata al valore dell’assegno sociale (circa tre volte quest’ultimo). Si tratterebbe di una misura decisamente convenienza per la finanza pubblica perchè:
	- il calcolo contributivo penalizza importi elevati, riducendo l’esborso totale nel corso degli anni rispetto a modelli retributivi;
- anticipa l’uscita senza generare costi aggiuntivi rilevanti, anzi contribuendo a contenere la spesa previdenziale futura;
- l’abbassamento del tasso di sostituzione limita l’impatto sulle generazioni successive, garantendo un equilibrio più stabile dei conti.
L’aspetto critico riguarda la fruibilità reale: la misura si rivolge soprattutto a chi ha avuto una carriera lavorativa regolare, con pochi vantaggi per lavoratori con storie contributive discontinue o salari bassi. Dal punto di vista della sostenibilità, però, si tratta di 
una delle poche vie in grado di coniugare flessibilità e costi bassi, rendendo verosimile la sua inclusione nella Manovra Finanziaria 2026. Inoltre, una possibile estensione agli iscritti al sistema misto incrementerebbe la platea coinvolta senza incidere negativamente sulle finanze dello Stato.
	
		
			| Requisito | Valore | 
		
			| Età minima | 64 anni | 
		
			| Contributi minimi | 20-25 anni | 
		
			| Importo minimo pensione | Circa 1.616 € | 
		
			| Metodo di calcolo | Contributivo | 
	
L’utilizzo del TFR per la pensione anticipata: opportunità, riserve e sostenibilità per lavoratori e imprese
L’idea di permettere l’utilizzo del TFR (Trattamento di Fine Rapporto) per integrare o anticipare la pensione a 64 anni di età rappresenta una soluzione innovativa, ma non priva di controindicazioni. La proposta prevede di “sbloccare” il TFR accantonato durante la carriera lavorativa e usarne l’importo per soddisfare i requisiti necessari all’uscita anticipata, soprattutto per raggiungere la soglia minima di adeguatezza richiesta dalla normativa vigente. Per questa misura:
	- Per lo Stato, i costi diretti sarebbero pressoché nulli, poiché si tratta di risorse già maturate dal lavoratore.
- Le imprese, invece, potrebbero incontrare significative difficoltà finanziarie, specie quelle di piccole e medie dimensioni, dovendo liquidare in massa gli importi accantonati nei propri bilanci.
- Dal lato dei lavoratori, si rischia di erodere una somma spesso vitale per sostenere il periodo successivo al pensionamento o per far fronte a spese impreviste.
Per limitare l’impatto negativo sulle aziende, la misura presupporrebbe interventi compensativi. Si è ipotizzato, ad esempio, 
il ricorso a fondi pubblici per sostenere le PMI colpite dagli esborsi contestuali, con costi potenzialmente rilevanti per il bilancio pubblico e la necessità di un attento monitoraggio normativo. Il confronto resta aperto con le rappresentanze sindacali, che sottolineano la 
natura di salario differito del TFR e il rischio di diminuzione dei diritti acquisiti. Tutti questi elementi contribuiscono a rendere l’applicazione della proposta particolarmente complessa da attuare su larga scala.
Opzione Donna, APE Sociale, Quota 103: costi, benefici e possibilità di proroga in Manovra 2026
Le misure di Opzione Donna e Ape Sociale rappresentano strumenti mirati per l’uscita flessibile dal lavoro di categorie fragili. Il primo consente alle lavoratrici con almeno 35 anni di contributi e 59 anni di età (o 58, in presenza di figli) di accedere alla pensione anticipata tramite il calcolo contributivo dell’assegno. L’APE Sociale, invece, si rivolge a lavoratori in situazioni di disagio, come disoccupati, caregiver o addetti a mansioni gravose, con almeno 63 anni di età e 30-36 anni di contribuzione.
	- I costi di Opzione Donna sono particolarmente contenuti: secondo le simulazioni tecniche, un rinnovo annuale comporterebbe un impegno inferiore ai 100 milioni di euro, grazie alla platea limitata e alla forte penalizzazione attuariale.
- Entrambe le misure garantiscono uscite flessibili senza gravare in modo significativo sulla spesa pensionistica complessiva e rafforzano le politiche di inclusione, specialmente verso categorie svantaggiate.
- Le organizzazioni sindacali sottolineano l’opportunità di un rilancio e potenziamento di queste politiche nell’ambito della Manovra 2026.
È condiviso l’orientamento alla 
proroga almeno biennale degli strumenti, che rappresentano una soluzione “a basso costo” e ad alto valore sociale, mentre si lavora a una revisione organica più ampia e strutturale.
										
										
Si potrebbe pensare anche alla proroga della Quota 103, per andare in pensione a 62 anni di età e con 41 anni di contributi, che costa poco e, pur non avendoci fatto molto ricorso, si potrebbe comunque mantenere per sostenere l'uscita anticipata di alcune persone.
Fondi pensione: agevolazioni fiscali, vantaggi per lavoratori e Stato e prospettive di sviluppo
La promozione della previdenza complementare si conferma una strategia sostenibile e vantaggiosa sia per i singoli che per il sistema Paese. Il ricorso a fondi pensione offre ai lavoratori la possibilità di costruire una rendita integrativa, alleggerendo la pressione sul primo pilastro pubblico. Alcuni punti chiave per comprenderne i vantaggi:
	- Le agevolazioni fiscali per chi aderisce consentono di dedurre annualmente fino a poco più di 5.000 euro dalla base imponibile. Un eventuale innalzamento della soglia aumenterebbe ulteriormente la convenienza.
- Per i neoassunti, è ipotizzata la “traslazione automatica” del TFR ai fondi pensione salvo esplicita opposizione, incentivando così la partecipazione su larga scala.
- Un maggiore coinvolgimento degli iscritti porterebbe all’incremento delle risorse investite, con effetti positivi sia sulla futura prestazione dei lavoratori che sulle opportunità di investimento interno, come l’acquisto di titoli di Stato.
Dal punto di vista statale, l’incremento dei fondi pensione riduce il carico sul bilancio previdenziale e migliora la circolazione di capitali nel sistema economico. Non sono previsti costi diretti per le casse pubbliche, ed 
eventuali vantaggi si estenderebbero ai titoli governativi tramite l’impiego di maggiori risorse in strumenti come i BTP. Nel medio termine si delinea una prospettiva dove la previdenza complementare giochi un 
ruolo sempre più centrale nella garanzia di una pensione adeguata.
Considerazioni sulle risorse necessarie e sugli equilibri tra volontà politica e vincoli di bilancio
Qualsiasi intervento di ridefinizione delle pensioni anticipate deve confrontarsi con le poche risorse pubbliche a disposizione. Il dibattito politico riflette l’esigenza di non compromettere la sostenibilità della spesa previdenziale, già pari a oltre il 15% del PIL, secondo le ultime proiezioni, per cui:
	- Le soluzioni a basso costo, come il mantenimento di Quota 103 e la valorizzazione di opzioni contributive, incontrano meno ostacoli, ma sono spesso insufficienti a soddisfare la totalità della domanda sociale.
- L’introduzione di nuove flessibilità, come la pensione anticipata con TFR, necessita invece di coperture aggiuntive per evitare impatti negativi su imprese e sistema creditizio.
- L’approccio condiviso, basato sul confronto tra istituzioni, parti sociali e tecnici, appare irrinunciabile per un bilanciamento efficace tra volontà di riforma e rispetto dei vincoli europei.
 
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