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Pignoramento per nullatenenti con debiti fiscali: cosa succede davvero e l'intervento dell'Agenzia delle entrate

di Marcello Tansini pubblicato il
Intervento dell'Agenzia delle entrate

Essere nullatenenti non mette al riparo dal pignoramento da debiti fiscali. L'Agenzia delle Entrate, tra controlli e azioni sui redditi futuri, può agire in modi inattesi, coinvolgendo familiari e valutando la prescrizione.

L'insolvenza nei confronti dell'Erario rappresenta una questione di stringente attualità, in particolare per i soggetti definiti nullatenenti. In tale contesto, il recupero dei debiti fiscali si intreccia con la capacità effettiva del debitore di soddisfare le proprie obbligazioni. Nonostante l'assenza di beni e di redditi dichiarati, i crediti vantati dall'Agenzia delle Entrate non decadono automaticamente di fronte all'impossibilità materiale di riscossione immediata.

Il pignoramento rappresenta uno strumento esecutivo utilizzato anche quando il debitore risulta privo di patrimonio aggredibile. Tuttavia, la valutazione della condizione di nullatenenza è oggetto di attenta verifica da parte dell'Amministrazione fiscale, con risvolti che si protraggono nel tempo e che possono interessare anche i beni e i redditi eventualmente acquisiti in futuro. Comprendere dinamiche, limiti e potenziali conseguenze di questa situazione diventa quindi prioritario, soprattutto per coloro che si trovano in stato di difficoltà nei confronti del fisco.

Chi è considerato nullatenente agli occhi dell'Agenzia delle Entrate

La qualifica di nullatenente, sebbene priva di una definizione normativa precisa, identifica nel linguaggio fiscale e tributario il soggetto totalmente privo di beni e redditi aggredibili. Un individuo viene riconosciuto come tale dall'Agenzia delle Entrate in presenza delle seguenti condizioni:

  • assenza di redditi provenienti da lavoro dipendente, autonomo o pensione di importo superiore alla soglia minima vitale (al 2024, pari a 672,76 euro);
  • mancanza di beni immobili oltre la prima abitazione di residenza non di lusso;
  • inesistenza di attività patrimoniali (terreni, diritti reali, ecc.);
  • assenza di rapporti bancari, titoli finanziari, azioni, obbligazioni o cassette di sicurezza;
  • manifesta indisponibilità di autoveicoli, fatta eccezione per quelli indispensabili per attività lavorative;
  • nessuna percezione di canoni di locazione, risarcimenti o indennità pignorabili.
Oggi risultano nullatenenti, agli occhi dell'amministrazione fiscale, sia coloro che sono stati spossessati in seguito ad azioni esecutive, sia chi ha ceduto i propri beni in via preventiva oppure chi mantiene disponibilità occulte tramite prestanome. Non va dimenticato che il possesso di beni o strumenti giuridicamente non pignorabili può, di fatto, causare l'improcedibilità delle azioni di recupero, senza tuttavia far decadere il debito stesso. La valutazione della nullatenenza si basa sull'incrocio delle informazioni presenti nelle banche dati fiscali e bancarie, in particolare anagrafe tributaria e anagrafe dei conti correnti.

Le azioni di recupero crediti dell'Agenzia delle Entrate contro i nullatenenti

Sebbene la posizione di nullatenenza renda infruttuosa l'azione esecutiva sul patrimonio esistente, l'Agenzia delle Entrate non interrompe il suo interesse creditizio. Il principio sancito dall'art. 2740 del Codice Civile prevede la responsabilità patrimoniale generale del debitore con tutti i beni, presenti e futuri. Di conseguenza, anche a fronte di patrimonio attuale nullo, il creditore (in questo caso l'Erario) può continuare a monitorare la situazione del debitore.

L'Amministrazione finanziaria attiva verifiche periodiche nelle proprie banche dati per individuare eventuali variazioni reddituali o patrimoniali nel tempo. Possono essere avviate indagini sui flussi finanziari non tracciati, ad esempio tramite il redditometro o l'elenco delle operazioni IVA, allo scopo di far emergere introiti occulti.

Se il debitore effettua atti di donazione o vendita sospetti, l'Agenzia delle Entrate può intraprendere un'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., finalizzata a rendere inefficaci le cessioni simulate o fraudolente effettuate nei cinque anni precedenti. La permanenza dello stato di insolvenza viene costantemente sorvegliata mediante controlli incrociati e segnalazioni, specialmente in caso di squilibri tra il tenore di vita e la dichiarata assenza di redditi.

Risulta centrale il fatto che il debitore, anche se oggi nullatenente, possa subire tra anni il recupero forzato qualora acquisisca nuovi beni o redditi, in quanto il diritto dell'Erario non si estingue automaticamente.

Un versante spesso trascurato concerne la possibilità che, nel corso del tempo, il debitore oggi nullatenente possa trovarsi nella condizione di percepire nuovi redditi o acquisire beni. In virtù della responsabilità patrimoniale prevista dal Codice Civile, i crediti fiscali permangono e l'azione esecutiva può essere esercitata anche a distanza di anni.

  • I redditi futuri – da lavoro, pensione, locazione o altre fonti – diventano immediatamente aggredibili, spesso in modo automatico, qualora entrino nelle banche dati dell'Amministrazione finanziaria.
  • L'Agenzia delle Entrate dispone di meccanismi di segnalazione che permettono la tempestiva attivazione delle procedure di pignoramento verso terzi (datore di lavoro, enti pensionistici, locatari).
Particolarmente severo risulta il regime dei rapporti di lavoro subordinato, per cui il pignoramento può colpire una quota della retribuzione netta, secondo queste proporzioni:

Fascia reddito/pensione

Quota pignorabile

Fino a 2.500 euro

1/10

Tra 2.501 e 5.000 euro

1/7

Oltre 5.000 euro

1/5

Occorre inoltre considerare l'impignorabilità della prima casa (salvo che non sia di lusso), il rispetto dei limiti previsti per il c.d. minimo vitale e la cumulabilità delle azioni esecutive su redditi di natura diversa.

I flussi in entrata successivi alla constatazione di nullatenenza vengono sottoposti a verifica in tempo reale e sono passibili di azione coattiva senza necessità di ulteriori ingiunzioni. È quindi essenziale mantenere consapevolezza sulle conseguenze di un'improvvisa modifica dello status, che comporta la ripresa senza preavviso delle iniziative di riscossione da parte dell'Erario.

I rischi per chi simula la nullatenenza: controlli, indagini e reati

Mutuare uno status fittizio di insolvenza al fine di sottrarsi ai creditori pubblici rappresenta un comportamento attentamente sorvegliato dagli organismi di controllo. L'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza dispongono di strumenti investigativi atti a rilevare:

  • acquisti ingenti in contanti e uscite finanziarie non compatibili con la dichiarata nullatenenza;
  • dichiarazioni non conformi sui beni intestati a terzi o atti di donazione e vendita simulata (prestanome);
  • mancato aggiornamento nelle banche dati fiscali e reddituali in caso di cambiamenti rilevanti.
Laddove venga accertata la simulazione di nullatenenza con finalità elusiva, l'Agenzia delle Entrate può agire con azione revocatoria per recuperare i beni oggetto di alienazione fraudolenta. Nei casi più gravi, la legge n. 74/2000 prevede sanzioni penali per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11), con soglia superiore a 50.000 euro e pene detentive da sei mesi a quattro anni.

Sono soggette a scrutinio anche le operazioni compiute nei cinque anni precedenti il tentativo di esecuzione. La segnalazione alla Procura della Repubblica assume particolare rilievo nei casi in cui la simulazione comporti pregiudizio concreto per l'azione di recupero fiscale. Da un punto di vista amministrativo, anche l'accertamento di spossessamento ingiustificato dei propri beni può comportare la revoca delle agevolazioni o l'apertura di controlli approfonditi sulla capacità contributiva del soggetto.

La prescrizione dei debiti fiscali e il destino delle obbligazioni nel tempo

Uno dei pochi meccanismi che può portare all'estinzione effettiva dei debiti fiscali in assenza di beni o redditi è l'intervento della prescrizione. I termini di prescrizione dipendono dalla natura del tributo e dall'atto che ha dato origine all'obbligazione:

  • per debiti erariali principali (ad esempio IRPEF, IVA), la prescrizione ordinaria è fissata a dieci anni dalla notifica della cartella di pagamento (Agenzia delle Entrate);
  • per taluni tributi locali o sanzioni minori possono valere termini più brevi, talvolta quinquennali o triennali;
  • ogni atto interruttivo notificato dall'ente creditore (es. sollecito, comunicazione, ingiunzione) fa ripartire ex novo il decorso del termine.
L'assenza di notifiche ufficiali idonee all'interruzione consente il compimento del termine estintivo e, di conseguenza, l'annullamento del vincolo obbligatorio. Tuttavia, la frequente emissione di atti di sollecito o la notifica di atti cautelari rende poco frequente il compimento spontaneo della prescrizione, che va sempre valutato alla luce delle comunicazioni formali ricevute dal contribuente.
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