Negli ultimi anni, l'Italia ha visto peggiorare dati su produttività, lavoro e capacità occupazionali. Demografia, divari territoriali, declino imprenditoriale e nuove prospettive per il rilancio nazionale.
Negli ultimi tre anni il contesto economico e produttivo italiano ha evidenziato una progressiva perdita di dinamismo. Parametri come produttività, mercato del lavoro, gestione e capacità lavorative risultano in netto peggioramento a fronte di uno scenario internazionale segnato da cambiamenti strutturali, evoluzioni demografiche e sfide competitive sempre più complesse.
Questa situazione solleva preoccupazioni tra analisti, operatori e decisori pubblici, che si interrogano su come invertire la tendenza e rilanciare la crescita del Paese, anche in considerazione delle profonde disuguaglianze territoriali e delle criticità legate all'invecchiamento della popolazione attiva.
I più recenti rapporti e dati pubblici fotografano un sistema economico in sofferenza, nonostante qualche elemento di resilienza sul piano macroeconomico. Negli ultimi tre anni, la produttività totale dei fattori ha subito un calo dell'1,9% (Istat), mentre la produttività del lavoro è diminuita del 2,5%. Il valore aggiunto prodotto dalle imprese industriali si è mantenuto invariato al 20% circa del fatturato, segnalando uno scarso incremento di efficienza e una mancanza di investimenti in innovazione e rinnovamento degli impianti.
Nel 2025, il tasso di occupazione nazionale è sceso al 62,6%, accompagnato da una diminuzione degli occupati di circa 57 mila unità ad agosto. L'inattività è in aumento, con il tasso salito al 33,3%. Il panorama del mercato del lavoro è ulteriormente complicato dalla stagnazione dei salari reali e dall'aumento della disoccupazione giovanile, arrivata al 19,3% nella fascia 15-24 anni. L'incremento degli occupati nel periodo è trainato dalla fascia over 50, mentre gli under 35 e la fascia centrale tra i 35 e i 49 anni segnano una netta contrazione, testimoniando una persistente difficoltà di valorizzazione delle competenze giovanili. Il quadroè il seguente:
Parametro |
Variazione 2022-2025 |
Produttività totale dei fattori |
-1,9% |
Produttività del lavoro |
-2,5% |
Tasso di occupazione |
-0,2% (agosto) |
Disoccupazione giovanile |
+0,6 punti (19,3%) |
L'analisi dei bilanci di oltre 1700 aziende italiane evidenzia che le risorse impiegate negli ultimi anni sono state orientate alla mera conservazione degli impianti, piuttosto che al loro potenziamento. Gli investimenti sono risultati spesso inferiori all'autofinanziamento disponibile, con il surplus destinato alla riduzione dell'indebitamento invece che all'innovazione produttiva.
Tra le principali cause del calo della produttività si segnalano:
Il mercato del lavoro italiano è caratterizzato da una forte segmentazione generazionale e da differenze di genere e territoriali. La crescita degli occupati nell'ultimo triennio è stata trainata dagli over 50 (+2%), a seguito sia delle riforme pensionistiche che hanno posticipato l'età di uscita dal lavoro, sia come conseguenza della contrazione della popolazione giovane. Nel mentre, l'occupazione giovanile è diminuita sia in termini assoluti sia in percentuale, e il dato degli inattivi, specialmente tra le donne (41,7% contro il 23,9% degli uomini), rimane molto elevato.
Le principali dinamiche registrate sono:
Le dinamiche demografiche rappresentano uno dei principali fattori di debolezza del sistema produttivo italiano. La riduzione della popolazione attiva, con una flessione significativa nelle fasce 15-34 e 35-49 anni, si traduce in un indebolimento strutturale della forza lavoro. Le cause principali comprendono l'invecchiamento della popolazione, la bassa natalità e saldi migratori negativi, soprattutto tra giovani e lavoratori qualificati.
L'indice di dipendenza degli anziani ha raggiunto livelli tra i più alti d'Europa, mettendo sotto pressione la sostenibilità del welfare e della spesa pubblica. La presenza di giovani nei circuiti produttivi si è fortemente ridotta: dal 2004 gli occupati under 35 sono calati di oltre due milioni di unità, mentre è raddoppiato il numero di lavoratori over 50, soprattutto nella fascia tra 50 e 64 anni.
I nodi demografici tendono ad accentuarsi nelle aree a più forte decremento di popolazione, con effetti negativi su produttività, domanda interna e capacità innovativa complessiva. L'insufficiente partecipazione femminile e giovanile al mercato del lavoro rappresenta uno dei maggiori punti deboli rispetto agli altri paesi Ue-27, limitando il potenziale di crescita sostenibile.
Il quadro del Mezzogiorno e della Calabria sintetizza i limiti della specializzazione produttiva italiana, aggravando squilibri già esistenti tra Nord e Sud. La regione calabrese mostra un PIL pro capite sensibilmente più basso rispetto al Centro-Nord e una crescita che negli ultimi decenni non è riuscita a colmare il gap territoriale. Il sistema produttivo meridionale è dominato da settori tradizionali come agricoltura, servizi maturi e PA, mentre la presenza della manifattura e dei comparti ad alta intensità di conoscenza resta marginale.
Le caratteristiche più rilevanti di questa area comprendono: