Quali sono i casi in cui per legge non è mai possibile registrare colleghi e capo al lavoro e rischi possibili
L’attività di registrazione delle conversazioni all’interno degli ambienti aziendali rappresenta uno dei temi più sensibili e dibattuti all’interno del diritto del lavoro italiano. La materia è regolata da diverse normative che richiamano sia la tutela della privacy che il diritto di difesa, e la questione riguarda la possibilità, legale, di registrare colleghi o superiori, specialmente senza consenso.
Sotto il profilo normativo, registrare conversazioni tra colleghi di lavoro e capo rientra nel trattamento dei dati personali, come disciplinato dal GDPR e dal Codice Privacy. La regola generale prevede il divieto di registrare conversazioni senza il consenso dei partecipanti, qualificando tale azione come potenziale violazione della privacy. Entrando più nel dettaglio:
Se si effettuano registrazioni sul luogo di lavoro, si configura una violazione della privacy quando il file audio viene divulgato a soggetti estranei o se la registrazione avviene in assenza dell’interessato, senza la necessità di difesa di un diritto. Inoltre:
Criterio | Conseguenza |
Registrazione senza necessità difensiva e diffusione a terzi | Licenziamento disciplinare, sanzioni civili e penali |
Registrazione sistematica o preventiva | Perdita del posto di lavoro per violazione della privacy |
Manomissione o manipolazione dei file | Perdita di valore probatorio e rischi penali |
La recente sentenza n. 20487/2025 della Corte di Cassazione ha fornito linee guida risolutive per chi si interroga sui confini della registrazione nel contesto lavorativo. Il caso riguardava un dipendente che, in una situazione priva di controversia pendente, aveva clandestinamente registrato una discussione fra il direttore delle risorse umane e una collega. La registrazione, presentata in giudizio a distanza di due anni e in un procedimento differente, si è rivelata priva di finalità difensive contestuale.
La Suprema Corte ha chiarito che il diritto di difesa giustifica la registrazione di colloqui solo se strettamente collegati alla necessità di precostituire una prova, anche in fase stragiudiziale e richiama la consolidata giurisprudenza secondo cui la mera possibilità futura o ipotetica di dover difendere un diritto non può giustificare la raccolta sistematica di registrazioni occulte sul lavoro.
Nel caso di specie, la registrazione si è rivelata un mezzo sproporzionato e non necessario, posto che non era presente alcun pericolo attuale o contestazione in atto al momento dei fatti. Per questo motivo il lavoratore ha visto respinte le proprie ragioni e la legittimità della sanzione disciplinare a suo carico è stata pienamente confermata.
La registrazione di conversazioni in azienda trova giustificazione nella necessità di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, purché siano rispettati limiti specifici. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto di difesa rappresenta un principio costituzionale che può giustificare il trattamento dei dati personali senza consenso degli altri partecipanti e:
Lecito | Il dipendente registra una conversazione cui partecipa per documentare una minaccia concreta e imminente di demansionamento |
Non lecito | Sistematica registrazione di tutte le riunioni per prevenzione generica, senza situazioni di conflitto attuale |
L’utilizzo non conforme alle regole della registrazione delle conversazioni tra colleghi o superiori nel contesto lavorativo espone il dipendente a importanti conseguenze disciplinari e, nei casi più gravi, penali: