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Quando una banca può rifiutare la chiusura di un conto corrente, i motivi e cosa fare nei diversi casi

di Marcello Tansini pubblicato il
Obblighi e limiti della banca

Conoscere quando una banca può opporsi alla chiusura del conto corrente è fondamentale per tutelare i propri diritti. Analizziamo norme, motivi di rifiuto, procedure corrette e tutte le possibili tutele per il cliente.

Il recesso dal contratto bancario rappresenta una prerogativa di ogni correntista, garantita dal sistema normativo italiano, che riconosce il diritto di mettere fine al rapporto di conto in qualsiasi momento. Tale facoltà è disciplinata principalmente dall’articolo 1855 del Codice Civile e dal Testo Unico Bancario (TUB).

Tuttavia, la chiusura di un conto corrente non è sempre immediata: esistono situazioni limite in cui l’istituto di credito può opporsi, motivando il diniego sulla base di specifici presupposti normativi o esigenze operative. Diventa necessario, pertanto, comprendere quali siano i limiti previsti dalla legge e dalla prassi bancaria, per evitare fraintendimenti e proteggere i propri diritti.

Quando e perché una banca può rifiutare la chiusura del conto corrente

I motivi alla base del diniego alla chiusura del rapporto possono essere molteplici e spesso originano da situazioni giuridiche o contrattuali rilevanti. Le principali casistiche riguardano:

  • Presenza di procedimenti giudiziari su somme depositate (pignoramento, sequestro);
  • Pendenze economiche irrisolte, come saldo negativo non regolarizzato;
  • Verifiche in corso su operazioni sospette o obblighi antiriciclaggio;
  • Mancanza di restituzione di strumenti di pagamento associati (carte, assegni);
  • Documentazione personale incompleta o scaduta.
La parola chiave banca rifiuta chiusura conto corrente racchiude proprio un insieme di situazioni che possono emergere sia nella gestione ordinaria del rapporto, sia in occasioni di criticità, come contestazioni legali o adempimenti richiesti dalle normative vigenti. La banca, tuttavia, è tenuta a motivare per iscritto il proprio rifiuto, nel rispetto della trasparenza e della correttezza contrattuale previste dalla regolamentazione nazionale.

Obblighi e limiti della banca: normativa e giurisprudenza

L’ordinamento impone agli istituti di credito di agire in maniera corretta, bilanciando le esigenze operative con il rispetto dei diritti del cliente. Il Testo Unico Bancario stabilisce che il recesso debba avvenire senza ostacoli ingiustificati e senza applicazione di penali. Le richieste di chiusura ricevute da parte del correntista devono trovare immediata esecuzione, salvo la presenza di circostanze quali vincoli giudiziari o ragioni di antiriciclaggio oggettivamente giustificate.

  • Art. 1855 c.c. e Art. 120-bis TUB dispongono la piena libertà di recesso nei rapporti a tempo indeterminato;
  • La giurisprudenza (Giudice di Pace Torino, Tribunale di Caltagirone, ABF) conferma l’illegittimità di un rifiuto motivato dal solo saldo negativo;
  • L’obbligo di preavviso e motivazione è richiesto sia per la banca che per il cliente.
Sul piano pratico, il cliente che manifesta la propria volontà attraverso strumenti tracciabili (raccomandata A/R, PEC, moduli presso la filiale) ha diritto a vedere eseguita la chiusura, fatta salva la presenza di cause ostative oggettive e rilevanti per legge.

Le principali motivazioni legittime di rifiuto e i casi di blocco del conto

I vincoli che possono giustificare un blocco sono dettati da precise discipline di legge. Tra le condizioni più frequenti si evidenziano:

  • Pignoramenti o sequestri: una volta notificati alla banca da una Autorità giudiziaria, impediscono la movimentazione del conto fino al loro definitivo scioglimento;
  • Verifiche antiriciclaggio: la banca può sospendere la chiusura in presenza di anomalie nelle movimentazioni, richieste dell’Unità di Informazione Finanziaria o mancata collaborazione del cliente;
  • Documentazione obbligatoria: il mancato aggiornamento di dati anagrafici o la scadenza del documento di identità sono spesso causa di blocco cautelativo, soprattutto in virtù del D.Lgs. 231/2007;
  • Strumenti di pagamento non restituiti: secondo regolamento, la riconsegna di carte, libretti e carnet di assegni è condizione per l’estinzione definitiva del rapporto;
  • Decesso dell’intestatario: comporta il blocco in attesa della definizione della successione e della destinazione dei fondi agli eredi.
In tutti questi casi, l’istituto è tenuto a comunicare formalmente al cliente le motivazioni del blocco o del diniego.

La procedura corretta per richiedere la chiusura: comunicazione e tempi

Chi intenda chiudere il proprio conto è tenuto ad avviare una procedura formalizzata, in linea con quanto disposto dalla legge e dai regolamenti interni della banca. I principali passaggi prevedono:

  • Presentazione della richiesta di recesso attraverso canali tracciabili (PEC, raccomandata A/R, sportello);
  • Verifica e aggiornamento della documentazione personale;
  • Restituzione degli strumenti di pagamento;
  • Definizione delle eventuali pendenze (saldo negativo, rate scadute, addebiti ricorrenti);
  • Indicazione delle coordinate di un eventuale conto di destinazione per i residui fondi.
La banca è obbligata a processare la richiesta entro un tempo ragionevole, generalmente identificato in 15 giorni lavorativi. Oltre questo termine, l’applicazione di spese o canoni è considerata illegittima e contestabile.

Cosa fare se la banca rifiuta o ritarda la chiusura: reclami, ABF e azioni legali

Nel caso in cui la struttura rifiuti ingiustificatamente la chiusura, il correntista può agire tramite i seguenti strumenti:

  • Reclamo scritto: da inviare tramite canali ufficiali, deve contenere una dettagliata esposizione delle ragioni del disagio e essere corredato dalla documentazione utile;
  • Segnalazione all’Arbitro Bancario Finanziario: l’ABF consente di risolvere rapidamente la disputa senza ricorrere alle vie giudiziarie. Il ricorso è ammesso se la banca non risponde entro 60 giorni;
  • Diffida e azione giudiziaria: qualora le azioni stragiudiziali non producano effetti, il cliente può rivolgersi al giudice ordinario per ottenere risarcimento o provvedimento d’urgenza.
Ed è consigliato conservare tutte le comunicazioni e ricorrere, se necessario, all’assistenza di un avvocato specializzato in diritto bancario per la gestione delle controversie più complesse.

Conseguenze della chiusura e tutela del cliente in caso di comportamenti illeciti

La chiusura di un conto comporta l’interruzione di tutte le operazioni collegate:

  • Sospensione di bonifici, addebiti e incassi automatici;
  • Impossibilità di utilizzo di carte e strumenti finanziari connessi;
  • Eventuale segnalazione alle centrali rischi in caso di debiti o insolvenza.
In caso di comportamenti illeciti da parte dell’istituto (ritardo o rifiuto non motivato), il cliente può ottenere il risarcimento danni, sia patrimoniali che non patrimoniali, in presenza di documentata lesione di diritti. Sentenze di Cassazione e decisioni ABF sottolineano la responsabilità dell’ente che omette la trasparenza o agisce senza base normativa valida. L’utile raccolta delle prove (comunicazioni, conteggi, documentazione bancaria) risulta decisiva nella fase di tutela.
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