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Quanto guadagna in media chi lavora nel terzo settore? Gli stipendi medi 2025 per principali lavori, ruoli e mansioni

di Marcello Tansini pubblicato il
Lavoro nel terzo settore

Il Terzo Settore riveste un ruolo cruciale nel tessuto sociale italiano. Stipendi medi, contratti, ruoli e opportunità nelle organizzazioni non profit nel 2025, offrendo un quadro completo su retribuzioni e prospettive del settore.

Il Terzo Settore in Italia abbraccia un’ampia eterogeneità di organizzazioni private che, pur avendo natura giuridica non pubblica e perseguendo fini civici, solidaristici e di utilità sociale, operano senza scopo di lucro. Questa galassia è composta da enti di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative sociali, fondazioni, enti filantropici e altri soggetti iscritti al RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore). L’attività di tali enti si sviluppa principalmente nell’assistenza sociale, educazione, cultura, tutela ambientale e sanità, rappresentando un elemento sempre più incisivo nel tessuto socio-economico nazionale.

Nel 2025, gli stipendi medi nelle organizzazioni del Terzo Settore suscitano crescente interesse, non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche tra chi valuta opzioni di inserimento professionale in ambiti etici e socialmente rilevanti. Comprendere i guadagni di chi lavora nel terzo settore, alla luce dei cambiamenti normativi, degli aggiornamenti contrattuali e delle evoluzioni del mondo del lavoro, è essenziale per orientare scelte consapevoli, valutando le opportunità professionali e le prospettive di crescita, oltre alle peculiarità retributive rispetto ad altri comparti.

Nel contesto odierno, caratterizzato da una crescente domanda di servizi sociali e da un’evoluzione delle politiche nazionali dedicate al welfare, il peso delle retribuzioni e delle competenze richieste assume una dimensione strategica, sia dal punto di vista individuale che collettivo.

Come funziona il rapporto di lavoro nel Terzo Settore: normativa, contratti e limiti retributivi

Il quadro normativo che disciplina l'impiego negli enti no-profit si fonda principalmente sul Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) e sulle successive modifiche legislative, tra cui spicca la Legge 85/2023. Queste regolamentazioni definiscono forme contrattuali, limiti retributivi e parametri di compatibilità tra volontariato e lavoro subordinato o autonomo all’interno delle organizzazioni.

Gli enti del Terzo Settore hanno la possibilità di assumere personale tramite diverse modalità:

  • Contratto di lavoro subordinato (tempo pieno o parziale)
  • Collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co)
  • Contratti di lavoro autonomo (a partita IVA o mediante prestazioni occasionali)
  • Contratto tramite agenzie di somministrazione
Il rapporto tra lavoratori retribuiti e volontari è stringentemente regolato: in molte tipologie di enti, il numero dei dipendenti non può superare il 50% dei volontari attivi o il 5% degli associati, al fine di garantire la natura non profit e l’impegno collettivo degli associati.

Le retribuzioni sono generalmente parametrate ai minimi stabiliti dai CCNL di riferimento (ad esempio, quello delle cooperative sociali), ma dal 2023 gli ETS possono riconoscere ai propri lavoratori compensi superiori fino al 40% dei minimi tabellari, e, se debitamente motivato e documentato, tale margine può arrivare a +40% o più, con obbligo di giustificazione da parte degli organi amministrativi. Superare tali limiti senza adeguata motivazione espone l’ente a sanzioni amministrative e il rischio di perdita della qualifica di ETS.

I dirigenti e i membri degli organi sociali possono percepire compensi, a patto che siano proporzionati alla responsabilità e alle competenze richieste dal ruolo, mentre per le organizzazioni di volontariato (ODV) permane il divieto di retribuire i dirigenti che sono anche associati. La distinzione tra lavoratori e volontari rimane imprescindibile: lo stesso soggetto non può svolgere contemporaneamente attività di volontariato e funzioni retribuite nella medesima organizzazione. La compliance a questi criteri è fondamentale ai fini della trasparenza e della sostenibilità dell’ente.

Stipendi medi 2025 nel Terzo Settore: cifre, variazioni e principali fattori che li influenzano

I guadagni di chi lavora nel terzo settore risultano influenzati da una pluralità di fattori: tipologia di ente, luogo di lavoro (Nord, Centro, Sud), ruolo svolto, anzianità, livello di responsabilità e tipo di contratto applicato. Alla base, però, permane una struttura retributiva largamente allineata ai CCNL delle cooperative sociali o di settore. I punti chiave sono:

  • Assistente sociale: lo stipendio medio varia da circa 1.200 euro netti al mese per i neoassunti fino a oltre 2.300 euro netti per chi ha ruoli di coordinamento o responsabilità (dettagli più specifici nella sezione dedicata).
  • Operatore dell’infanzia (OPI): i salari medi oscillano tra 1.000 e 1.300 euro netti al mese; nei primi anni la retribuzione può collocarsi tra 900 e 1.100 euro netti mensili. Figure con maggiore esperienza e responsabilità possono raggiungere e superare 1.800 euro netti.
  • Ruoli amministrativi e gestionali di primo livello: ad esempio segreteria, contabilità base e rendicontazione progetti, generalmente tra 1.150 e 1.500 euro netti al mese, con aumenti progressivi in base all’esperienza.
  • Ruoli direttivi/dirigenziali (presidente, consiglio direttivo): per le realtà di piccole e medie dimensioni, compensi medi tra 8.000 e 12.000 euro lordi annui, con eventuali maggiorazioni in base ai risultati o funzioni, ma con limiti definiti dalle entrate associative e dai parametri di trasparenza (vedi normative collegate).
Le principali variabili di influenza sulle retribuzioni sono:
  • Regione geografica: il Nord offre generalmente salari più alti e più forme contrattuali a tempo indeterminato rispetto al Sud, caratterizzato da maggiore precarietà.
  • Dimensione e budget dell’ente: organizzazioni grandi e strutturate garantiscono contratti più stabili e retribuzioni mediamente superiori.
  • Tipologia contrattuale: rapporti a tempo indeterminato o di lunga durata risultano più remunerativi rispetto alle collaborazioni saltuarie.
  • Partecipazione a bandi pubblici e fondi dedicati: enti beneficiari di fondi strutturali possono permettersi di remunerare meglio i professionisti coinvolti nei progetti.
Complessivamente, il Terzo Settore conferma una grande eterogeneità salariale, spesso con elementi di precarietà nei livelli di ingresso e migliori prospettive solo in ruoli di coordinamento e nelle organizzazioni maggiormente consolidate.

Le differenze tra settore pubblico, privato e terzo settore per ruoli simili

Nello scenario italiano, alle prese con importanti novità normative, il confronto tra gli stessi ruoli in settore pubblico, privato e Terzo Settore evidenzia differenze sostanziali, soprattutto in termini di retribuzioni, sicurezza contrattuale e prospettive di carriera. La tabella di riferimento è:

Ruolo

Pubblico

Privato

Terzo Settore

Assistente sociale

1.500–2.000 € netti/mese

1.200–1.700 € netti/mese (cooperative, ONG)

1.000–2.300 € netti/mese

Operatore dell’infanzia

1.200–1.300 € netti/mese (personale ATA)

900–1.500 € netti/mese

1.000–1.800 € netti/mese

Impiegato amministrativo

1.300–2.000 € netti/mese

1.200–1.900 € netti/mese

1.150–1.500 € netti/mese

Dirigenza

3.500–7.000 € netti/mese (alti funzionari)

3.000–7.000 € netti/mese

8.000–12.000 € lordi anno (presidente ETS medio)

Nel settore pubblico prevalgono stabilità e avanzamenti di carriera predefiniti, mentre il privato offre maggiori margini di crescita ma anche maggiore variabilità e competitività. Il Terzo Settore si colloca generalmente su livelli retributivi intermedi o inferiori, compensando con motivazioni non economiche, coesione sociale e flessibilità organizzativa.

Stipendi, ruoli e mansioni principali nelle organizzazioni del Terzo Settore

L’assetto organizzativo degli ETS prevede una grande varietà di mansioni, con livelli retributivi differenziati in relazione al ruolo, all’esperienza e alle dimensioni dell’ente. Le posizioni fondamentali sono:

  • Assistente sociale: supporto e accompagnamento a persone e famiglie in difficoltà, erogazione di servizi di presa in carico sociale, progettazione di interventi assistenziali e attività di counselling.
  • Operatore dell’infanzia (OPI): cura, assistenza e sviluppo educativo dei bambini in asili nido, scuole dell’infanzia, strutture ricreative e comunità educative.
  • Impiegati amministrativi e segreteria: gestione delle pratiche d’ufficio, rendicontazione progetti, rapporti con enti pubblici e privati, organizzazione della comunicazione interna ed esterna.
  • Ruoli di coordinamento e leadership: presidente, membri del Consiglio Direttivo, responsabili di settore e project manager sono figure chiave che stabiliscono strategie e operatività dell’ente, gestendo risorse umane ed economiche.
I contratti collettivi applicati sono generalmente quello delle Cooperative Sociali e delle Organizzazioni del Terzo Settore, che fissano tabelle retributive, scatti di anzianità e parametri di riconoscimento per la formazione professionale continua.

Le progressioni di carriera e la possibilità di accedere a ruoli di responsabilità dipendono dalla dimensione e dalla solidità economica dell’ente, oltre che dalla capacità individuale di acquisire competenze trasversali, come la progettazione, il fundraising o la rendicontazione di bandi complessi.

Assistente sociale: stipendio medio, prospettive e percorso di carriera

Gli assistenti sociali iscritti all’albo professionale si distinguono in due sezioni (A e B) a seconda della formazione (laurea magistrale o triennale). Operano prevalentemente in servizi rivolti a minori, disabili e anziani, spesso per conto della Pubblica Amministrazione, ma formalmente dipendendo da cooperative o ETS. Possiamo sintetizzare che:

  • Primi anni di carriera: 1.200–1.400 euro netti mensili, tipicamente con contratto part time o temporaneo.
  • Esperienza intermedia (5-10 anni): 1.500–1.800 euro netti mensili.
  • Ruoli di coordinamento o con oltre 10 anni di esperienza: fino a 2.300 euro netti al mese, con possibilità di incarichi da consulente (libera professione) che possono arrivare a 25.000–30.000 euro lordi all’anno e oltre.
Progressioni di carriera includono l’accesso a ruoli di coordinamento, project managing o formazione specialistica, con incrementi salariali via scatti di anzianità, indennità di comparto e premi correlati ai risultati raggiunti.

Il livello di soddisfazione professionale in questo ambito si segnala elevato (oltre l’80% secondo recenti ricerche), grazie alle opportunità di partecipare attivamente in scelte gestionali e progetti di impatto sociale, anche se persistono criticità connesse a contratti precari e carichi di lavoro elevati.

Operatore dell'infanzia (OPI): salari medi, fattori di crescita e tipologie di contratto

L’Operatore dell’Infanzia svolge attività di assistenza, educazione, sorveglianza e stimolo delle capacità relazionali e di apprendimento dei minori, operando in asili, scuole, comunità e contesti sanitari. I numeri sono i seguenti:

  • Inizio carriera: 900–1.100 euro netti mensili (contratti di apprendistato o part-time negli enti privati e terzo settore).
  • Salario medio: 1.000–1.300 euro netti mensili, con possibili incentivi per progetti specifici o incarichi aggiuntivi.
  • Esperienza avanzata: fino a 1.800 euro netti mensili, specialmente in contesti privati o nelle cooperative, ove premiata la gestione di attività educative complesse o di coordinamento.
I contratti collettivi (ad esempio il CCNL Cooperative Sociali) prevedono aumenti progressivi legati all’anzianità e alle competenze acquisite (es. organizzazione di attività innovative, specializzazione in bisogni speciali, coordinamento di gruppi multiculturali).

Particolare attenzione è rivolta alla sostenibilità economica delle carriere: la scelta della libera professione permette flessibilità ma comporta maggiore incertezza nei guadagni, mentre i contratti di assunzione garantiscono stabilità e diritti integrativi come ferie retribuite e previdenza.

Retribuzione dei ruoli direttivi e amministrativi: presidente, consiglio direttivo, amministrazione

All’interno delle associazioni di promozione sociale e degli ETS più strutturati, le figure direttive - Presidente, membri del Consiglio Direttivo, responsabili amministrativi - possono percepire compensi la cui entità è funzione di diversi indicatori:

  • Limiti normativi: gli emolumenti devono essere proporzionati alla responsabilità e alle competenze, non superiori del 40% rispetto a quelli praticati da realtà analoghe e conformi alla capacità finanziaria dell’ente.
  • Range tipico: per le associazioni di media dimensione, il compenso annuo lordo si attesta tra 8.000 e 12.000 euro; il Presidente può percepire fino al 50% in più rispetto ai consiglieri (art. 36 D.Lgs. 117/2017).
  • Forme contrattuali: il rapporto è spesso inquadrato come collaborazione occasionale, lavoro autonomo o rapporto a progetto, a seconda delle esigenze operative e della missione dell’associazione.
Nei casi di enti più grandi o di fondazioni, i compensi possono aumentare, ma sempre all’interno dei vincoli di trasparenza e limiti di legge previsti nel settore. Il mantenimento dell’equilibrio tra trasparenza, efficienza e sostenibilità economica è considerato essenziale per la reputazione e l’affidabilità dell’ente stesso.
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