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Quanto si guadagna davvero all'ora? E serve la legge sul salario minimo? Cosa dicono i nuovi dati Istat

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Il salario minimo a 9 euro

Secondo l'ultimo rapporto dell'Istat, la retribuzione oraria media nelle imprese con almeno 10 dipendenti si è attestata a 16,4 euro.

Le retribuzioni orarie in Italia sono al centro del dibattito economico in relazione al tema del salario minimo legale. Le differenze salaria non sono solo numeri, ma una realtà che influisce sulla qualità della vita e sulle prospettive di crescita economica per milioni di italiani. Vogliamo approfondire

  • Quanto guadagna un lavoratore all'ora secondo i dati Istat
  • Il salario minimo a 9 euro è una misura necessaria o no

Quanto guadagna un lavoratore all'ora secondo i dati Istat

Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’Istat, Rilevazione sulla Struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro (Rcl-Ses), il salario orario medio nelle imprese con almeno 10 dipendenti si attesta a 16,4 euro. Questa media nasconde forti disparità. Il 10% dei lavoratori meno pagati guadagna meno di 8,8 euro lordi all’ora, mentre il 10% meglio remunerato percepisce oltre 26,6 euro orari. A essere in modo particolare sono alcune categorie di lavoratori, come i giovani e le donne.

Gli under 30, ad esempio, ricevono in media il 36,4% in meno rispetto agli over 50 che racconta una penalizzazione generazionale che limita le opportunità economiche per i più giovani. Anche il gender pay gap rimane elevato, con le donne che percepiscono il 5,6% in meno rispetto agli uomini: 15,9 euro contro 16,8 euro di retribuzione oraria media.

Il salario minimo a 9 euro è una misura necessaria o no

L’introduzione di un salario minimo fissato a 9 euro lordi all’ora è stata proposta come soluzione per combattere il lavoro povero e garantire retribuzioni dignitose. Secondo i dati Istat, oltre 1,25 milioni di lavoratori dipendenti guadagnano meno di questa soglia. Questi lavoratori sono circa il 10,7% del totale e appartengono soprattutto a categorie vulnerabili: giovani, donne, persone con basso livello di istruzione e impiegati in mansioni non qualificate. Il salario minimo, in questa ottica, può ridurre le disuguaglianze e migliorare le condizioni di vita delle fasce più deboli della popolazione lavorativa.

Ma non mancano i dubbi sull’efficacia di questa misura. Alcuni esperti sottolineano che l’introduzione di un salario minimo potrebbe interferire con il sistema di contrattazione collettiva, già in vigore in molti settori, che garantisce retribuzioni superiori a 9 euro l’ora. Quindi si teme che la misura possa incidere sulla competitività delle piccole e medie imprese, soprattutto in settori a bassa produttività fino a spingere alcune realtà economiche verso una riduzione dell’occupazione.

Chi si oppone al salario minimo legale ritiene che rafforzare la contrattazione collettiva sia una soluzione più efficace per garantire retribuzioni dignitose. Secondo questa visione, la contrattazione tra le parti sociali tiene conto delle specificità di ciascun settore e consente di stabilire salari più adeguati rispetto a una soglia uniforme.

Un’altra critica riguarda il possibile impatto economico. L’introduzione di un salario minimo può aumentare i costi per le imprese, soprattutto quelle operanti in settori dove i margini di profitto sono ridotti.

I sostenitori del salario minimo legale sottolineano che si tratta di una questione di giustizia sociale. Garantire una retribuzione minima dignitosa non solo riduce le disuguaglianze economiche, ma migliora la qualità della vita dei lavoratori e delle loro famiglie.

Un altro aspetto da considerare è l’effetto sulla produttività. Un salario minimo adeguato può incentivare le imprese a investire in formazione e tecnologie, migliorando l’efficienza e la competitività a lungo termine.

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