Settembre si conferma mese difficile per Stellantis: fabbriche in sofferenza, industria dell'indotto in bilico, lavoratori e famiglie segnati da incertezze. Analisi di cause, dati e prospettive per il settore automobilistico italiano.
Settembre si apre con un rinnovato periodo di incertezza per il comparto automotive in Italia, e in particolare per Stellantis, la principale realtà produttiva nazionale del settore. Il gruppo e l'intera filiera continuano a subire gli effetti di una crisi caratterizzata da una profonda riduzione dei volumi produttivi e dal massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali.
All'origine vi sono molteplici fattori, tra cui la transizione verso l'elettrico, la contrazione della domanda, i dazi internazionali e una strategia industriale che stenta a generare nuovo slancio. In questo scenario, il futuro prossimo appare segnato da criticità persistenti, con i lavoratori e i territori che attendono misure concrete per il rilancio della manifattura automobilistica e la salvaguardia dell'occupazione. L'analisi degli ultimi dati evidenzia come la situazione sia destinata a lasciare un'impronta profonda anche nelle politiche industriali dei prossimi anni.
Il quadro nazionale vede coinvolti numerosi poli produttivi di Stellantis, che ha di recente cambiato Ceo, con province come Torino, Campobasso, Napoli e Potenza particolarmente colpite. Il sito di Mirafiori, storico simbolo dell'automotive torinese, data dal 1° settembre 2025 al 31 gennaio 2026, sospende parzialmente 2.297 dipendenti tra operai, impiegati e quadri.
La misura coinvolge reparti chiave come la linea 500 BEV, la linea Maserati, il settore presse, la costruzione stampi, la Mould Shop di Grugliasco e la sede di San Benigno Canavese. Il fenomeno non è isolato: a Termoli, l'intero organico di 1.823 lavoratori è soggetto a un contratto di solidarietà annuale, in parte attribuibile anche allo stop del progetto gigafactory. Pomigliano d'Arco vede prorogata la cassa integrazione straordinaria per 3.750 unità, mentre a Melfi sono oltre 4.800 i lavoratori toccati da ridimensionamenti e sospensioni. Il quadro è il seguente:
L'effetto più immediato delle misure adottate si riflette nel reddito delle famiglie. I contratti di solidarietà adottati in siti come Mirafiori e Termoli prevedono riduzioni orarie fino all'80-90%, con una conseguente diminuzione della retribuzione che può raggiungere i 400-500 euro mensili. Sulle buste paga interviene una copertura parziale tramite Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (Cigs), mentre i ratei di ferie, tredicesima e trattamento di fine rapporto vengono garantiti.
In questo scenario, la precarietà lavorativa si riversa sulle famiglie, che devono fronteggiare una marcata insicurezza economica e una prospettiva di stabilità sempre più fragile. Secondo i dati più aggiornati, circa 20.400 lavoratori su un totale di 32.745 risultano sospesi tra cassa integrazione e solidarietà, con ampie oscillazioni nell'orario lavorato per gestire l'andamento discontinuo degli ordini.
Il perdurare della crisi impone sacrifici crescenti, con l'ulteriore rischio di esuberi strutturali e politiche di uscita volontaria incentivata in caso di mancata ripresa produttiva.
La situazione attuale ha origini complesse e stratificate. Le cause principali sono riconducibili sia a fattori interni all'azienda e al settore, sia a condizionamenti di ordine macroeconomico e geopolitico:
L'andamento del mercato automobilistico italiano evidenzia come il sistema stia attraversando una delle fasi più complesse della sua storia recente. Nel primo semestre 2025, le immatricolazioni nel Paese hanno subito un calo dell'8,1% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, mentre la produzione nazionale si è attestata su valori di poco superiori alle 120.000 unità, lontanissimi dai livelli pre-pandemia.
Sommando auto e veicoli commerciali, il totale nei primi sei mesi è sceso a 221.885 veicoli, contro oltre 300.000 nello stesso intervallo del 2024. I dati rilevano che:
Anno |
Auto prodotte |
Immatricolazioni |
2024 |
300.000 |
~1.300.000 |
2025 (stime) |
~250.000 |
1.192.746 |
Nonostante una crescita percentuale delle elettriche (+28% sul semestre), la penetrazione della mobilità a zero emissioni nel mercato interno resta tra le più basse in Europa, accentuando il divario tecnologico e infrastrutturale.
Le sfide di domani si giocano dunque su più fronti: capillarità delle rete di ricarica, competitività sui prezzi, gestione delle risorse e politiche di sostegno coordinate a livello europeo. Da più parti, si invita a una revisione realistica dei target emissivi previsti dall'UE entro il 2035 (Regolamento UE 2019/631), alla luce delle difficoltà riscontrate da produttori come Stellantis e dell'attuale dipendenza da forniture extraeuropee.