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Tassazione dividendi aziendali 2026, le modifiche delle aliquote con manovra finanziaria 2026. Calcoli ed esempi

di Marianna Quatraro pubblicato il
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La manovra finanziaria 2026 trasforma la tassazione dei dividendi con nuove aliquote e importanti novità fiscali. Analisi di cambiamenti, impatti su imprese e banche, reazioni e scenari futuri del panorama normativo.

Dal 2026, la fiscalità aziendale inerente ai dividendi subirà una revisione significativa a seguito delle direttive previste nella Manovra Finanziaria 2026. Il nuovo quadro normativo punta a ridefinire la base imponibile dei dividendi distribuiti tra società, intervenendo in modo marcato sulle aliquote applicate e modificando la soglia di partecipazione rilevante per accedere al regime agevolato. La spinta legislativa mira a rafforzare la coerenza del sistema tributario italiano, rispondendo a esigenze di maggior gettito e allineamento con alcune delle recenti direttive dell’Unione Europea.

Le principali modifiche fiscali: cosa cambia per i dividendi nel 2026

Il nuovo assetto regolatorio interviene modificando gli articoli 59 e 89 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), sancendo una netta differenziazione nella tassazione dei dividendi tra chi possiede partecipazioni qualificate e coloro che detengono quote inferiori alla soglia individuata. Oggi, la disciplina fiscale prevede che solo il 5% dei dividendi incassati dalle società sia soggetto insieme all’IRES, portando il prelievo effettivo all’1,2%. La legge di bilancio 2026 mantiene tale favore fiscale esclusivamente per le società con una partecipazione superiore al 10% del capitale nella partecipata, sia in via diretta sia tramite controllate. Per tutte le società che detengono una quota inferiore al 10%, l’agevolazione decade e scatta l’imposta ordinaria: il 100% del dividendo diventa imponibile ai fini IRES, con l’applicazione dell’aliquota ordinaria del 24%. Saranno quindi pienamente imponibili anche le riserve e altri fondi distribuiti a partire dal 1° gennaio 2026, data di efficacia delle nuove regole. Dal punto di vista operativo, tale modifica coinvolgerà tanto le imprese italiane quanto i soggetti IRES e IRPEF in regime d’impresa coinvolti nelle distribuzioni utili.

  • Per le quote sopra il 10%: rimangono gli attuali benefici fiscali.
  • Per le quote sotto il 10%: tassazione integrale dei dividendi.
La logica della riforma risponde a una spinta all’incremento del gettito stimata in circa 1 miliardo di euro annui per i prossimi tre esercizi. Contestualmente, si allinea il trattamento dei dividendi alle pratiche di trasparenza fiscale richieste a livello europeo, riducendo il rischio di doppia imposizione solo per le partecipazioni rilevanti.

Le nuove aliquote: calcoli, esempi pratici e impatto sulle imprese

La modifica più incisiva riguarda il passaggio da un’imposizione ridotta (pari all’1,2%) a un’aliquota piena del 24% per i percettori di dividendi con partecipazioni inferiori alla soglia del 10%. Ecco una tabella che riassume il confronto tra la situazione attuale e quella prevista dalla manovra:

Tipologia di partecipazione Aliquota vigente fino al 2025 Aliquota dal 2026
Quota superiore al 10% 1,2% (24% applicato al 5% del dividendo) 1,2% (invariata)
Quota inferiore al 10% 1,2% 24%

Per fare un esempio pratico: un’impresa con una quota del 8% in una partecipata che percepisce 100.000 euro di dividendi vedrà il prelievo salire da 1.200 euro (1,2%) a 24.000 euro (24%), determinando un aggravio di 22.800 euro. Al contrario, per chi detiene il 15% non muta l’onere fiscale.

  • Le imprese dovranno ricalibrare le strategie di investimento e valutare la convenienza di consolidare le proprie partecipazioni oltre la soglia minima o diversificare il portafoglio in modo diverso.
  • Per le banche, la manovra prevede meccanismi di affrancamento delle riserve: le banche che non libereranno le riserve entro il 2028 le vedranno soggette a una tassazione progressiva, dal 27,5% al 40%. Queste scelte si rifletteranno sulle decisioni di distribuzione degli utili e sulle risorse disponibili per i soci.
L’impatto complessivo potrà essere particolarmente rilevante per holding, società di investimento e gruppi industriali articolati, richiedendo un’analisi attenta dei flussi di dividendo nei piani di bilancio futuri.

Conseguenze per il mercato, le banche e la competitività delle imprese italiane

Lo scenario che si delinea tende a ridisegnare gli equilibri interni al tessuto produttivo nazionale e potrebbe incidere in modo significativo sulla competitività delle imprese italiane nel contesto europeo. L’abolizione del regime agevolato per le quote minori rispetto al 10% solleva diverse criticità:

  • Si rischia di aumentare la doppia tassazione sui dividendi, scoraggiando investimenti incrociati tra società italiane e limitando l’attrattività del mercato domestico rispetto alle altre giurisdizioni europee, dove esistono discipline più favorevoli per dividendi infragruppo.
  • Secondo alcuni osservatori, tale riforma potrebbe incentivare la riallocazione delle sedi societarie verso paesi in cui sono previste maggiori esenzioni sui dividendi da partecipazioni qualificate, oppure l’adozione di strategie di investimento più orientate verso veicoli europei che garantiscono tassazioni inferiori dal lato italiano.
Il comparto bancario, inoltre, si trova di fronte a una pressione particolare, vista la previsione di un’imposta straordinaria sulle riserve non affrancate, che potrebbe raggiungere la soglia del 40% a regime. Ciò costringerà molti istituti a ripensare non solo le modalità di distribuzione degli utili, ma anche la politica di remunerazione degli azionisti, incidendo sulle valutazioni di convenienza nella gestione del capitale.

L’Italia rischia di vedere ridursi la propria competitività a livello internazionale, soprattutto nella capacità di attirare investimenti produttivi e di mantenere stabili i livelli occupazionali e il dinamismo del tessuto imprenditoriale. L’introduzione di un doppio regime alimenta inoltre la complessità amministrativa e fiscale a carico delle imprese, aumentando gli oneri di compliance.

Reazioni politiche e critiche degli operatori di mercato

L’annuncio delle nuove regole ha innescato un acceso dibattito politico e numerose critiche da parte di rappresentanti istituzionali e di categoria. Secondo varie componenti del mondo imprenditoriale e parlamentare, l’innalzamento della tassazione sui dividendi per quote inferiori al 10% è destinato a comprimere la competitività del sistema produttivo.

Alcune delle critiche e considerazione degli ultimi giorni:

  • Maurizio Casasco (Forza Italia) ha affermato che si rischia una penalizzazione per le PMI e si introduce una doppia tassazione sugli utili, con un aggravio che potrebbe superare complessivamente il 57% del profitto distribuito.
  • Il senatore Ivan Scalfarotto (Italia Viva) ha evidenziato come l’eliminazione della participation exemption per le partecipazioni minori colpisca chi investe e innova, senza incidere realmente sull’evasione fiscale.
  • Operatori di mercato sottolineano la scarsa coerenza della norma con il più generale regime di esenzione sulle plusvalenze e il rischio di un doppio binario poco gestibile.
Le associazioni di categoria giudicano la misura in contrasto con i principi di coordinamento tributario europeo e temono effetti negativi sugli investimenti e sull’internazionalizzazione delle imprese italiane.
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