Il MEF conferma una proroga di 10 anni sull'applicazione dell'IVA al Terzo Settore. Analizziamo motivazioni, impatti normativi, effetti su enti non profit e sportivi, oltre a criticità, posizione del Governo e possibili sviluppi futuri.
La recente conferma ufficiale della proroga decennale della riforma IVA per gli enti del Terzo settore e per quelli sportivi rappresenta un passaggio determinante nel quadro della normativa fiscale italiana. Questo rinvio, elaborato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), recepisce le istanze provenienti dal mondo non profit, che da tempo sollecitava un’estensione significativa dei tempi per l’adeguamento al nuovo regime, alla luce delle complesse trasformazioni organizzative e amministrative richieste. La proroga non è solo per il 2026, ma più profonda e sistemica.
La disposizione che sancisce il rinvio della riforma IVA per enti e associazioni si inserisce in un quadro normativo segnato da profondi cambiamenti. Il meccanismo originario, imperniato sull’esclusione dall’IVA prevista dall’articolo 4 del D.P.R. 633/1972 per molte attività associative, ha sollevato per anni discussioni sia in ambito nazionale che comunitario. Dal 2008, una procedura d’infrazione europea contesta il trattamento italiano degli enti non commerciali, favorendo l’evoluzione verso un regime di esenzione più conforme agli standard UE.
Una parte considerevole delle realtà non profit – spesso di piccole dimensioni e con risorse amministrative limitate – ha espresso preoccupazione per il passaggio dal regime di esclusione a quello di esenzione IVA. A differenza dell’esclusione, l’esenzione comporta obblighi dichiarativi, di registrazione e di rendicontazione fiscale significativi, incidendo fortemente sulle attività quotidiane degli enti. Di qui la richiesta delle principali reti associative e delle Commissioni parlamentari di garantire un orizzonte temporale sufficientemente ampio per la transizione, richiesta oggi accolta dal MEF con una proroga stabilita fino al 2036.
Non si tratta di un rinvio tecnico, ma di una scelta che, secondo la gestione ministeriale, offre stabilità e prevedibilità, evitando scadenze annuali incerte e riducendo la pressione organizzativa sugli enti coinvolti. I motivi alla base di questa posizione includono anche la volontà di allineare il calendario della riforma IVA ai tempi di pieno dispiegamento del Codice del Terzo settore (D.lgs. 117/2017) e delle relative disposizioni attuative.
Il percorso che ha portato alla proroga decennale della riforma contiene numerosi passaggi sia legislativi che politici. Inizialmente, il nuovo regime di esenzione IVA doveva entrare in vigore dal 2022, come risposta diretta alla procedura di infrazione europea. Tuttavia, le difficoltà operative denunciata dagli enti coinvolti hanno imposto una serie di rinvii programmati dal legislatore:
L’entrata in vigore del nuovo regime avrebbe imposto agli enti impegnati nel sociale e nello sportivo un rilevante aggiornamento degli schemi amministrativi. La proroga consente ora di differire molte delle seguenti responsabilità:
Alla base delle evoluzioni normative vi è la procedura di infrazione avviata nel 2008 dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia sotto il profilo dell’allineamento della disciplina IVA per gli enti non profit agli standard UE. La normativa nazionale veniva considerata troppo favorevole agli enti associativi in quanto collocava molte prestazioni in area di esclusione totale dall’imposta, creando disallineamenti rispetto al resto d’Europa.
Le principali criticità identificate dall’Unione riguardano:
La risposta istituzionale si è contraddistinta per un dialogo costante fra governo, parlamento e organizzazioni di settore. Diversi sono gli interventi e le dichiarazioni ufficiali che hanno impostato la strategia seguita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dai rappresentanti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dagli attori parlamentari.
Andrea Giannone, dirigente del MEF, ha esplicitato pubblicamente l’impegno rappresentato dalla “necessità di inserire la proroga decennale all’interno dei decreti legislativi attuativi della legge delega 111/2023”. Il viceministro Maurizio Leo ha ribadito che il principale ostacolo riguarda la burocrazia, sottolineando la necessità di “intervenire per snellire lacci e lacciuoli burocratici, senza impatto sulla finanza pubblica”.
Il governo ha adottato una linea coesa anche grazie all’apporto della viceministra del Lavoro, Maria Teresa Bellucci, che ha richiamato la collaborazione interministeriale, il riconoscimento europeo dell’associazionismo italiano e l’importanza di dare risposte concrete agli operatori e volontari impegnati sul territorio.